il Primo morso

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Joseph era oramai rincasato dopo che scambiò un ultimo saluto con Fiona, la quale lo osservò salire le scale e aprire la propria porta di casa. La fanciulla sospirò sentendosi improvvisamente alleggerita dalla pressione che aveva sulle spalle in quel locale di ristorazione. Le sembrava come se tutti la stessero guardando e, nonostante nessuno tra i presenti la conoscesse o aveva mai avuto l'opportunità di osservarla mentre lavorava per la signora Danaway, si sentiva giudicata. Scosse leggermente il capo cercando di non pensare più a tutto ciò e per aiutarla, la signora Danaway uscì dalla sua abitazione con un'espressione al quanto irritata «Stavo per venirti a cercare signorina. Sapete che ore sono? Ero in pensiero davvero! Voi giovani!» urlò ma Fiona aveva la vaga impressione che si stesse riferendo più a Joseph che a lei.
«Mi perdoni signora Danaway. È stata colpa mia perché ho trattenuto il signor Callaghan con troppe domande temo» fece un leggero inchino tenendo lo sguardo sul pavimento. Sentì sbuffare e sentì la mano della signora sul suo braccio «D'accordo. Entra e riscaldati davanti al camino. Poi subito in camera tua a dormire!» precisò.
La premura della sua voce riscaldò il cuore di Fiona e ben presto avrebbe trovato sollievo con il dolce tepore del fuoco.
La signora fece sedere la fanciulla sulla sua poltrona e le posò una coperta fatta a mano sulle spalle «Vi ringrazio signora Danaway» pronunciò quasi in un sussurro.
«Non vi preoccupate» rispose dopo essersi accomodata su un'altra poltrona accanto. Fiona vide l'espressione dell'anziana signora contorcersi come se si sentisse scomoda «Ad ogni modo, giovane fanciulla...» cominciò con tono piatto e inespressivo segno che stava per discutere di qualcosa di serio «Temo che dovete andar con cautela» concluse intrecciando le dita tra esse e portandosi le mani sul grembo rimanendo sempre molto composta.
«Non comprendo cosa intendete...» affermò Fiona senza cercare di velare la sua confusione.
«Il signor Callaghan temo abbia dei segreti e un uomo così non può che portare sciagure.»
Fiona non protestò anche se avrebbe voluto. Il solo ed unico segreto del signor Callaghan era la sua natura e sapeva che non poteva fare altro che tenerlo nascosto. Doveva certo, ma non era davvero costretta. Lo voleva aiutare, voleva mantenere il segreto, voleva restare al suo fianco perché...
Perché?
Non comprendeva a pieno la motivazione di ciò che la spingeva ad aiutare quell'uomo. Forse per la sua gentilezza, o forse perché provava pietà. Forse ambe le cose o forse nessuna. Era confusa come la prima volta che Joseph le chiese aiuto.
Erano passati anni ma Fiona ancora ricordava quel giorno come se fosse successo il giorno addietro.
Era una mattina come le altre, solare e piena di buoni propositi mentre la giovane fanciulla spolverava con il piumino i mobili nell'atrio dell'edificio. Sapeva quanto la signora Danaway ci teneva all'ordine, dunque ci si impegnava sin dal mattino. Dopo tutto le aveva dato una sua stanza dove dormire in cambio di lavori utili per la casa.
Quella mattina però le pulizie dovettero aspettare. Mentre era concentrata a togliere invisibili granelli di polvere, il signore che abitava al piano sopra a quello della signora Danaway, entrò facendo rumore tanto da spaventarla. Respirava affannosamente mentre con mano tremante si tirava lo stretto colletto della camicia. Solo quando si avvicinò per chiedere se stava bene si accorse delle ustioni su mani e parte del viso. Fiona lasciò cadere il piumino dalle mani e si accinse ad aiutarlo a salire le scale e a farlo sdraiare sul suo letto. «Ditemi, signore, se posso aiutarla in qualche modo» avrebbe voluti chiedere cosa fosse successo ma la sua posizione glielo negava.
«Una cosa... c'è che potete fare» disse a fatica «Miele, zucchero ed una ciotola.» concluse a denti stretti.
«Cosa?» chiese confusa Fiona.
«Portate del miele e dello zucchero in una ciotola.» ripetè.
Nonostante sembrasse una richiesta assurda, la giovane lo assecondò. Scese le scale ed entrando nella casa della signora Danaway, che era uscirà per la sua solita passeggiata e prese gli ingredienti da Callaghan richiesti. «Ho preso tutto» era agitata, si morse persino il labbro inferiore costringendosi a tener per sé la sua opinione ma ben presto se la fece sfuggire «Signore credo che in questo momento del miele e dello zucchero non gliene dovrebbe importare. Ha bisogno di cure per quelle ustioni, s'infetteranno prima di domani se non fa nulla.» indietreggiò portandosi una mano sulla bocca come se si fosse accorta della sfacciataggine della sua affermazione. «Mi... mi scusi signore, non avrei...»
«Avete ragione, signorina Robinson.» disse mettendosi a sedere con un poco di fatica. «Scommetto che ne avete sempre avuta, ma non sono come lei pensa. Ora può andare.» disse mentre miscelava con le mani gli ingredienti. Era esterrefatta, mai gli era capitato di sentirsi dire tali parole e mai aveva visto un signore, o una signora che dir si voglia, maneggiare in quel modo se non un cuoco in cucina. Non aveva mai avuto, in tutta la sua vita, l'occasione di vedere un uomo dell'alta società abbassarsi così umilmente di fronte a lei.
«Cosa intendete dire signore?» chiese con troppa curiosità, troppa sfacciataggine e troppa presunzione per le sue stesse orecchie. L'uomo però alzò lo sguardo su di lei e sorrise gentile ma non proferì parola. Fiona dunque si voltò e dopo aver fatto un minuscolo inchino per congedarsi si diresse alla porta. «Un'ultima cosa, signorina Robinson.» la sua voce gentile e pacata fermò all'istante Fiona pronta ad abbassare la maniglia della porta che la separava dalle scale. Voltò solo il capo e vide come Joseph sembrava agitato e... scomposto forse ma con un sorriso genuino «Chiamatemi solamente Joseph. Non gradisco esser chiamato signore.»
Fiona ancora una volta sorpresa dall'inaspettata richiesta sorrise e annuì, dopodiché uscì dalla sua abitazione.
La giornata non passava mai e più cercava di concentrarsi sul lavoro da fare, più Fiona non faceva altro che ripensare al povero signor Callaghan... a Joseph.
L'addolorava pensare che stesse in quelle condizioni e le bruciava dentro il fatto di non aver chiesto cosa era accaduto. Moriva di curiosità e come se non bastasse, si domandava cosa voleva mai dire con "Non sono come voi pensate". Erano parole forti e non comprendeva cosa volevano celare. Forse un segreto, forse il suo vero carattere? Diavolo se voleva scoprire cosa fosse.
Difatti i misteri erano sempre stati i suoi passatempi migliori e svelarne uno sapendo di aver avuto ragione la rendeva orgogliosa di sé. Ricordava ancora come da giovane, lei e suo fratello maggiore si divertivano a nascondere un tesoro all'insaputa dell'altro e a dargli indizi per andare a cercare altri aiuti nascosti qua e là nel loro giardino. Ma improvvisamente quel felice ricordo tramutò. Il suo amato fratello decise che il suo più grande sogno sarebbe stato arruolarsi nell'esercito inglese. Nonostante Fiona era contraria a quella sua decisione, ci pensarono i loro genitori a supportarlo. Rammentava ancora quel giorno in cui lo vide allontanarsi per la via con uno zaino in spalla e la sua nuova camicia che le aveva regalato qualche settimana prima.
Scosse la testa scacciando con forza i brutti ricordi tornando a pensare a Joseph.
Dio solo sapeva se le avrebbe permesso di aiutarlo il giorno dopo, ma anche se non fosse stato, lo avrebbe fatto di sua volontà.
Quando la signora tornò, trovò i mobili spolverati e la casa riordinata come mai l'aveva vista. Vide anche Fiona assorta nei pensieri mentre lucidata con troppo vigore il suo prezioso carillon «Se strofini con più forza finirai per consumarlo.» disse l'anziana signora mentre rincasava. Fiona si spaventò «Mi scusi signora, con la testa ero altrove.» confessò mordendosi l'interno guancia per esser stata così distratta. «Posso chiederle una cosa, se non oso troppo?» la seguì mentre si sedette sulla sua poltrona. La signora la guardò con occhi chiusi a fessure «Osate troppo. Ma dato che avete svolto un lavoro così ben fatto vi meritate anche di più.» fece segno di accomodarsi sulla poltrona accanto alla sua.
«Vi ringrazio.» si accomodò «Il signor Callaghan...» tentò di formulare ma venne interrotta dalla risata della signora di fronte a sé.
«Chi sa qualcosa su quel giovanotto dovrebbe meritarsi una medaglia dalla famiglia reale in persona.»
«Dunque non sapete nulla sul signore?»
«Fin tanto che paga la sua parte mi sta bene tutto ciò che fa in quell'appartamento. Anche se ogni tanto durante la notte sento rumori bizzarri. Non so cosa trami o cosa nasconda, ma fa attenzione quando siete soli, potrebbe essere un pericolo anche se non lo da a vedere.» il silenzio fece quasi sentire gli ingranaggi scricchiolare nella testa di Fiona e la signora Danaway ne sembrava abbastanza preoccupata ma alla fine disse «È tardi. Conviene andare a dormire. Domani ci sono commissioni importante da fare.» si alzò dalla poltrona, azione che fece di rimando anche la giovane fanciulla. Fece un breve inchino augurando un buon riposo all'anziana signora, infine si diresse nella sua stanza.
Il giorno seguente Fiona spolverava il mobilio come la mattina precedente, quando vide il signor Callaghan scendere le scale «Signore cosa ci fate qui? Dovete riposare...» si interruppe da sola quando vide la pelle perfettamente sana dell'uomo anche se molto pallida. «Ma voi eravate... avevate la...» era confusa e cercava le parole giuste per concludere la frase ma invano. Joseph le posò gentilmente le mani sulle braccia «Vi ringrazio per il provvidenziale aiuto. Senza voi non saprei cosa avrei fatto.» sorrise «Ma vi rammento di chiamarmi Joseph.»
«Avevate la pelle... come è possibile? Che stregoneria avete fatto?»
Ridacchiò «Stregoneria dite.» si allontanò posando una mano sulla fronte tamponando un poco per rimuovere delle perle di sudore. «Voi non sembrate star bene.» affermò la fanciulla.
«Posso fidarmi di voi signora Robinson? Manterrete un segreto come tale?»
Stava per rispondere quando Joseph aggiunse «Non risponda se non ne è pienamente convinta, non potrà ritrattare. Si tratta di una situazione... vitale.»
La giovane era più curiosa e confusa che mai ma questo non la fermò nell'accettare le condizioni, pertanto annuì e solo allora vide Joseph sospirare di sollievo «Venite con me.» disse salendo le scale che aveva appena percorso. Senza obiezione lo seguì e una volta al sicuro nella propria dimora, Callaghan si voltò verso di lei. «Ricordate che potrà spaventarvi ciò che sto per dire.» anticipò, poi prese un respiro profondo e continuò «Per vivere necessito di una sola cosa.» Fiona indietreggiò poggiando la schiena alla porta quando vide i suoi canini allungarsi. Quei denti affilati che potevano ferire anche solo guardandoli. Joseph adagio di mosse verso di lei come se avesse davanti a sé una creatura docile, una animale spaventato. «Ecco signorina, ecco ciò che sono. Un mostro che spaventa la gente.»
Fiona alzò lo sguardo negli occhi di Callaghan e vide il tormento in essi. Vide il solito signor Callaghan dagli occhi gentili e pieno di premura per gli altri ma con qualcosa di mostruoso: quei denti che solo in libri di fantasia aveva avuto l'occasione di conoscere. Allungò la mano tremante, più per l'entusiasmo di avere davanti a sé l'impossibile che per la paura, e senza pensarvi troppo sfiorò le labbra di Joseph.
Avrebbe dovuto avere il terrore di lui, scappare via ed evitare qualsiasi conversazione, eppure si sentiva a suo agio. Probabilmente lo sguardo pieno di risentimento per sé stesso che aveva l'uomo di fronte, l'aiutò a compatirlo anziché temerlo. Ritrasse immediatamente la mano osservando lo stupore degli occhi di Joseph, e stupendosi di se stessa per l'audacia di quell'azione.
«Sangue.» disse allontanandosi il più possibile da Fiona «Ecco di cosa sono costretto a nutrirmi.» indietreggiò ancora «Un destino del tutto immeritato.» disse barcollando e finendo in ginocchio. Fiona si precipitò ad aiutarlo ma l'uomo alzò una mano fermandola «No signorina. Non voglio farvi del male e fintanto che mi starete lontana non accadrà.» ma la fanciulla non volle sentir ragioni e lo aiutò ad alzarsi. Il suo collo così vicino alle labbra dell'uomo, così vicino ai denti aguzzi. Joseph l'allontanò rapidamente ma entrambi finirono per inciampare e cadere l'una sull'altro. «Joseph state bene?» si tirò su con le braccia vedendo come l'uomo si costringeva a tenere la mano su bocca e naso. «Vi siete ferita...» affermò soltanto. La donna si alzò e si osservò, scorgendo solo infine una piccola scheggia nel dito. Togliendola, una goccia di sangue tentava di uscire. «Non è nulla, è solo...» si interruppe rammentandosi ciò che aveva affermato Joseph poco prima. «Voi sentite... se dite il vero, e se ne necessitate così urgentemente, bevete il mio sangue.»
«Non potrei mai farvi questo.»
«Ed io non starei bene con me stessa sapendo che siete morto e che potevo darvi una mano.» disse determinata. «Cosa devo fare?» domandò ostinata a fare di testa sua se non lo avesse fatto lui.

«Fiona ci sei o sei altrove come sempre?» chiese la signora Danaway mentre sventolava una mano per farsi notare.
«Mi scusi signora. Dicevate?» si risvegliò Fiona dal lungo ricordo del primo morso.
«Dicevo che dovete andare a dormire. E ricordate di togliervi quel vestito blu. Trattatelo bene anche solo vedendolo si intuisce che è pregiato.»
Fiona annuì, togliendosi la coperta da sopra le spalle e piegandogliela per bene lasciandogliela sulla sua poltrona. «Vi auguro una buona notte signora Danaway.»
«Anche a te ragazza mia.» affermò congedando la fanciulla che si chiuse la porta alle spalle.

l'Inganno della MegeraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora