Camelia

8 2 0
                                    

«Puoi iniziare subito!» disse Nicolay qualche ora addietro. Nonostante fosse impaziente di scoprire chi fosse il capo del fratello, Joseph doveva attenersi alle regole che gli erano state insegnate rapidamente.
Nessuna relazione intrapresa con i clienti veniva tollerata, in alcun modo si potevano diffamare i clienti ne al di fuori del locale ne al suo interno, mai era concesso di incontrare il capo, ed infine l'ultima regola: se, in qualunque modo, il cliente risultava essere irrispettoso verso il personale e/o alle direttive dell'attività, irrequieto o rude nell'atteggiarsi, il personale era autorizzato a scortarlo nel seminterrato senza potervi entrare per alcuna ragione.
Anche se le regole risultavano semplici, l'ultima per Joseph suscitava un forte senso di ansia. Cosa poteva nascondersi dietro quella porta? Perché nessuno poteva entrarvi? Nicolay sapeva cosa vi si nascondeva?
Cercò di non pensarci, ma più il tempo scorreva, più il suo sguardo finiva inesorabilmente alla porta che conduceva alla cantina. Come un richiamo che non poteva ignorare, ma resisteva. Doveva resistere.
Il locale non aveva insegne, non possedeva molto altro che dei muri, dei letti e la cantina. Era poco lontana dall'abitazione di Nicolay e sorprendentemente vicina a quella di Joseph. Il locale mal messo sembrava abbandonato, ma Callaghan pensava che fosse solo all'inizio, probabilmente Nicolay doveva raccogliere fondi per ammodernare il luogo e chiedere fondi risultava spesso un impegno infinitamente pesante.
«Perdonatemi umile signore.» chiese attenzione un uomo all'entrata del locale «È questo il locale di Callaghelp?» il pover'uomo tremava era lurido e le sue vesti ridotte a lembi trascinanti a terra. Joseph si precipitò ad aiutarlo «Si buon uomo. Venga e fatevi dare una mano.» lo aiutò a sistemarsi in una delle stanze libere al piano terra.
«Siete gentile, vi ringrazio. Qual'è il prezzo di quest'opera generosa?»
Joseph lo guardò esterrefatto «Nulla signore, ora vi invito a riposare. Se avrete bisogno di me, basterà chiamarmi.» in risposta l'uomo borbottò qualcosa che all'orecchio di Joseph sembrò una concordia. Egli si stese sul piccolo letto nell'altrettanto piccola stanza, dunque Callaghan lo lasciò riposare e ritornò all'ingresso.
Nell'attesa di un nuovo cliente o di una richiesta particolare, Joseph si perse tra i mille pensieri che vagavano da un argomento all'altro senza un logico ordine. Pensò al periodo in cui provò a fumare una sigaretta, si portava sempre con sé un portasigarette d'argento con fiori a rilievo che decoravano la facciata. Ricordò tale periodo soprattutto perché fu allora che il fratello commetteva adulterio. Ebbene in un primo periodo i fratelli Callaghan avevano dato parola all'avvocato del padre, precedentemente trapassato, che avrebbero seguito il testamento a poco a poco. Joseph, allora diciottenne, suo malgrado adempì alla volontà del padre di trovare una sposa al fratello, qualunque età avesse. Solo qualche anno più tardi, quando Nicolay divenne oramai pratico, tradì la sua futura moglie con donne poco rispettabili. In ogni modo possibile, il più grande provò a riappacificare la situazione con la famiglia della ragazza, ma non ci fu verso. Da allora Nicolay rimpiazzava una donna con un'altra repentinamente, come se fossero vestiti da cambiare. Una procedura che per anni Nicolay aveva adottato. E se metteva incinta una di loro, Joseph doveva riparare ai danni causati alla famiglia.
Tutti i problemi generati e che continuava a generare il più piccolo dei Callaghan portò Joseph in uno stato di stress tale che solo un vizio quale il fumo poteva alleviare.
Conservava ancora quel portasigarette come monito sia per se stesso che per Nicolay. Joseph non si sarebbe più occupato dei casini del fratello, e Nicolay divenne abbastanza saggio da non chiedere più aiuto.
Sospirò scacciando ogni pensiero e attendendo con pazienza qualunque evento gli riservava il futuro.

Dopo alcune ore senza concludere nulla, nella sala principale Joseph notò una libreria con libri molto impolverati e decise di dare uno sguardo. «Jules Verne, Oscar Wilde...» lesse ad alta voce tra sé e se. «Libri interessanti dai titoli accattivanti. Mi chiedo perchè siano stati posti qui, un luogo desolato. Abbandonati alla polvere e alla solitudine data dagli ignoranti che ignorano la loro esistenza.» una domanda che non necessitava una risposta. Sfiorò le rilegature dei libri coperte da ragnatele mai ripulite.
«Libri dalle storie bizzarre.» disse Nicolay raggiungendo il fratello. «Se mai vorrai, potrai leggerli.»
«Ti ringrazio.» disse Joseph soffermandosi su un titolo in particolare, che gli ricordò un quesito da chiedergli «Il capo ha acconsentito presto alla mia adesione.»
«No in realtà, solo qualche minuto fa ho ricevuto la lettera da lui stesso che acconsentiva.»
«Ho lavorato senza che lo sapesse?»
«Cosa importa? Ti ha assunto.»
«E se non fosse stato così? Inoltre perché non potrei dialogare con egli?» chiese il maggiore confuso e un poco offeso.
«Non comprendo allo stesso modo.» il minore senza accorgersene alzò un sopracciglio e continuò «Comunico poco con lui, e quando accade solo tramite lettere.»
Joseph rise di gusto tanto che fece confondere il fratello «Il motivo di questa risata?»
Il maggiore tornò serio dopo poco «Non sei cambiato affatto Nicolay. Bugiardo lo eri, bugiardo rimani. Come ti fa sentire sperperare menzogne?»
Il più piccolo sempre più confuso non trovava le parole per rispondere «Cosa? Menzogne, bugiardo? Cosa vai dicendo?»
«Dico ciò che vedo. E vedo solo un mucchio di vergognose bugie. Conosci il capo, vero? Viso, statura, conosci tutto. Sei solo vigliacco a dirmi la verità.»
Nicolay non rispose, si ammutolì all'istante per pensare a cosa fare. «Non mento.» disse col pieno controllo di se.
«Ti prego Nicolay, sono anni che conosco il tuo comportamento. Quando menti il tuo corpo, i tuoi occhi, la tua espressione, parlano più di quanto non faccia tu.» espresso il suo disappunto, Joseph se ne andò quando sentì l'uomo accolto poche ore prima che parlava ad alta voce e disperatamente.
«Marianne.» Callaghan appena varcata la soglia sentì un odore nauseante che riconobbe subito «Assenzio?» domandò all'uomo anche se conosceva già la risposta. L'uomo invece, rise come mai in vita sua solo grazie all'assenzio oramai assimilato dall'organismo.
«Oh Marianne! Perché?» prese per il colletto Joseph che suo mal grado sentì l'odore nauseabondo nel suo fiato. «Ti sei divertita vero? Tradirmi così, senza spiegazioni!»
Callaghan cercò di farlo ragionare «Signore non sono Marianne» ma nonostante tutto il vecchio signore era dissociato dalla realtà e non voleva ascoltarlo, gli diede uno schiaffo violento sul volto come avrebbe fatto alla donna che tormentava i pensieri del pover'uomo. «Maledetta! Come hai potuto, dopo tutto quello che ho fatto per te!»
Dopo lo schiaffo Joseph sentì la rabbia crescere in lui a poco a poco, finché non riuscì più a sopportarla, a sopportare le sue lamentele, a sopportare le menzogne del fratello o la povera Helen tra le braccia di un altro uomo al ballo che sarebbe avvenuto tra pochi giorni. I suoi occhi fiammeggianti di rabbia, si accesero di un rosso intenso e innaturale. Comunicavano terrore, ansia, dubbi e preoccupazioni alla propria preda che veniva inondata dalla paura, anche alla preda più ubriaca e dissociata. Il vecchio uomo iniziò a indietreggiare e a balbettare insicuro oramai di tutto, finché non intervenne Nicolay.
«Joseph?» lo chiamò ma egli continuava a fissare il pover'uomo «Joseph!» urlò per farsi guardare e ci riuscì. I suoi occhi rossi fecero tentennare anche il più piccolo ma cercò di tenergli testa. «Joseph rilassati, ricordi? Due respiri profondi e...» gli posò le mani sulle braccia ma Joseph fulmineamente si scostò «Non toccarmi.» il tono suggeriva che in quell'istante provasse risentimento e frustrazione accumulata da giorni che non potevano essere placate con i metodi tradizionali.
Uscì dal locale, fece un respiro profondo e frugò nelle tasche della giuba cercando la fiala con estratto di camelia. Con sé si portava sempre tre fiale di vitale importanza per la sopravvivenza degli altri: estratto di lavanda per sovrastare l'odore pungente del sangue; estratto di camelia per calmare la mostruosità e un miscuglio di erbe e agenti chimici che gli serviva nei momenti in cui la sete risultava insopportabile.
L'odore gli ricordò la madre e come una reazione a catena di eventi e sentimenti portò Callaghan alla tranquillità e alla serenità. Il luccichio nei suoi occhi si affievolì finché non rimase solo il celeste delle sue iridi. Nel frattempo sentì il fratello minore urlare al cliente finché non lo portò dinnanzi alla cantina. «Avete disobedito alle direttive aggredendo un dipendente. La vostra punizione, signore, vi si paleserà al di la di quella porta.» detto ciò, lo condusse alla porta indicata e lo fece entrare. Chiuse immediatamente la porta a chiave una volta che entrò e la lasciò in quello stato nonostante l'uomo bussasse ripetutamente supplicando di farlo uscire.
Infine dopo cinque minuti smise per incamminarsi nel corridoio buio che conduceva alla cantina. La scarsa illuminazione data dalle candele al muro, oramai da sostituire, faceva si che la stanza suscitasse paura. Ma l'uomo continuò guidato dalla speranza che da qualche parte potesse esserci una via di uscita. Ma quel che non sapeva era cosa ci avrebbe trovato.

l'Inganno della MegeraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora