un Biglietto Anonimo

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Joseph Callaghan camminava come suo solito nel viale alberato che portava a una graziosa piazza, ove gradiva leggere i libri della sua piccola collezione. Con la pace che galleggiava nell'aria si faceva trasportare dalla fantasia dello scrittore. Restava molto tempo a leggere anche se ogni qual volta sentiva una voce familiare alzava lo sguardo.
Non a caso vide il suo più fidato amico nonché suo avvocato, Friedrich Krofford. L'avvocato per eccellenza dell'intera città ed ottimo cuoco. Egli aveva esiti gentili ma con fare arrogante e donnaiolo. Vantandosi del suo celebre lavoro, difatti, riusciva a circondarsi di donne e dei "giochi proibiti", scommetteva soldi per qualche carta e di rado vinceva. Nonostante i diversi alterchi, però, sia Joseph che Friedrich, non si allontanarono mai l'uno dall'altro per il forte rispetto che nutrivano a vicenda.
Con gran stupore vide anche Monna Helen, figlia del più celebre Aiden Cripk, Joseph si rammentò quando era poco più di un fanciullo. Monna Helen e Joseph si ritrovarono spesso a cene commemorative tra famiglie, difatti il padre di Helen e il padre di Joseph erano ottimi amici e per codesto motivo desideravano passare molte ore e consumare altrettanti pasti insieme.
Il tempo la rese ancora più bella. Fu la prima frase che pensò Joseph un istante dopo aver posato i suoi occhi blu sulla figura di Monna Helen. La signorina, intenta a passeggiare ed ammirare la bellezza dei fiori ben curati della piazzola, venne interrotta da una frase «Salve Helen. Che piacevole sorpresa vedervi qui.» Monna Helen si voltò imprigionando gli zaffiri di Callaghan con i suoi meravigliosi smeraldi «Joseph!» disse sorridendo come solo quella donna poteva fare agli occhi del gentiluomo «Cosa ci fate qui?» chiese l'uomo.
«Oh adoro questo posto di tardo pomeriggio. L'incantevole luce del tramonto e il dolce profumo dei fiori mi ricordano mia madre, Lord Callaghan.» disse gioiosamente facendo un inchino scherzoso.
«Basta con queste formalità, non ci donano. Devo ammettere Helen, che sei diventata un fiore» sorrise prendendo la mano della ragazza per baciarle il dorso ma lei lo fermò. «E tu non cambi mai Joseph» rise.
«Concedimi di accompagnarti al ballo che si terrà, tra una mezza dozzina di giorni, a casa di tuo padre.» a tal punto Helen tornò seria riflettendo su cosa rispondere. «So che sei impaziente di poter danzare con me, ma temo di aver accettato un invito da parte di un uomo a cui mio padre sembra piacere.»
«E non si può disdire?»
Helen scosse la testa abbassando il capo «Oh Joseph, ti prego di comprendere. Mio padre e quest'uomo sono in affari, e sono abbastanza sveglia da capire come andrà a concludersi.» Non finì di spiegare ma il gentiluomo capì dove voleva arrivare. «Se gli affari si tramutassero in interessi personali sarebbe costretta a sposarlo per avvalorare il legame che unisce le due famiglie» pensò Joseph.
Era indignato dal comportamento del signor Cripk ma di certo non poteva che accettare la situazione. Baciò la mano di Helen e infine le sorrise «Milady» Fece un mezzo inchino per congedarsi e la lasciò osservare i meravigliosi fiori che avevano già catturato i suoi occhi. Non poteva negare il suo cuore spezzato per la decisione del padre ma era un uomo semplice e gentile, anche volendo non avrebbe potuto fare nulla. Joseph ritornò a casa, lasciandosi guidare dai molti pensieri riguardo lady Helen. Non comprendeva come lei potesse accettare un'ingiustizia tale, proprio lei che lottava per la sua indipendenza. Oltraggiato si sedette sulla sua poltrona accanto al camino e si lasciò tranquillizzare da un drink che aveva lasciato sul tavolino da tè li vicino.
Un sorso e sentì immediatamente la collera placarsi, era grato al sé passato che aveva avuto la premura di prepararlo.

Le ore diurne per Joseph non passavano mai, mentre quelle notturne volavano come un pipistrello nell'oscurità. Adorava passeggiare per le strade di notte soprattutto perché, con l'industrializzazione di qualche anno prima, le giornate potevano continuare anche di notte grazie all'energia elettrica, i lampioni per le strade, i locali aperti fin oltre il levar della luna. Ma quella sera per Joseph non risultava spensierata come al solito. Aveva ricevuto un biglietto, recapitatogli per posta, con indicazioni precise per incontrare una persona. Joseph era restio a dar fiducia a un biglietto che risultava essere anonimo, ma il contenuto lo scosse a tal punto da seguirne le regole. Le strade imperversavano di uomini ubriachi e donne danzatrici, le luci dei lampioni lungo tutta la via sembravano essere le uniche a rendere l'ambiente un posto accogliente e familiare.
Il biglietto ordinava a Joseph di inoltrarsi in una via stretta e fangosa, talmente buia da non riuscire a vederne la fine.
Secondo quanto scritto, doveva avviarsi fino alla fine di quella putrida via per poi bussare alla porta di legno ferro che avrebbe trovato alla sua sinistra. Obbedì a tali condizioni e una volta picchiettato alla massiccia porta, questa gli venne aperta. Esternamente il locale risultò essere vecchio, abbandonato e decadente ma internamente l'edificio dimostrava che ogni pregiudizio andava sprecato se si andava oltre a ciò che appariva. Come dicevano in molti "mai giudicare un libro dalla copertina", un detto che Joseph imparò presto. La sala d'ingresso era adornata da carte da parati di colore rosso scuro che dava all'ambiente un tocco di eleganza ma anche inquietudine. Callaghan si stupì quando vide una cosa tanto nuova quanto costosa, significava che il proprietario era benestante.
Fece un respiro profondo e vi si avviò, l'uomo che
aprì la porta lo intimò a seguirlo una volta chiusa la pesante porta. Fece strada tra le varie stanze che comprendeva l'edificio fino a raggiungere una stanza completamente vuota se non per alcuni divani dove potervi riposare.
«Vi prego di attendere qui. Andrò a chiamare il padrone.» si inchinò e si congedò. Nell'attesa Joseph ammirò gli arredi sfarzosi e orientali.
Nel mentre, il maggiordomo salì le numerose scale dell'ingresso per avvertire della presenza dell'ospite tanto atteso. «Signore, è giunto in casa vostra l'uomo che attendeva.» sì inchinò attendendo ordini che non tardarono ad arrivare.
«Perfetto, grazie Lance.» si alzò e, guidato dal maggiordomo, entrò nella sala da ballo del suo complesso. «Bello vero? Quello è un vaso donatomi dell'imperatore giapponese stesso.» disse vedendo Joseph tanto curioso per quel souvenir.
«Una vera opera d'arte...» rispose Callaghan assorto dalla bellezza del vaso, senza mai staccarvi gli occhi.
«Sei sempre stato quello acculturato» si fece sfuggire il padrone di casa. Joseph si girò immediatamente sperando che il suo interlocutore non fosse in realtà qualcuno che conosceva già. Ma le sue speranze andarono in fumo quando vide il suo volto. Un volto che avrebbe sempre ricordato, di certo non poteva dimenticare chi gli aveva rovinato la vita per l'eternità.
«Cosa vuoi da me, Nicolay?» Joseph era furibondo nel vederlo. Era la persona con tutti i difetti che non riusciva a sopportare: sempre sciatto, ogni qual volta che lo chiamava, egli combinata casini e Joseph era obbligato a riparare ai danni.
«Dove avete messo la gentilezza e il rispetto Joseph. Ora non mi chiamate neanche più fratello?» sorrise Nicolay, un sorriso che Joseph detestava più della sua stessa natura.
«Come potrei chiamare fratello colui che mi ha tradito. Come potrei darti il privilegio di ricordare che c'era fratellanza tra noi, dopo ciò che hai fatto?»
Nicolay alzò la mano guardando Lance, il maggiordomo, e gli intimò di lasciarli soli. Sarebbe stata una discussione movimentata e stancante, ma soprattutto, privata.

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