Louis stava seduto sulla prima sedia della sala d'aspetto. Il padre di Harry era passato davanti a lui ed entrato nell'anticamera della sala operatoria appena una decina di minuti prima.
Il vetro opaco lasciava intravedere il signor Styles e il medico intenti a parlare. Louis si era leccato le labbra mentre il viaggio in ambulanza con la mano di Harry stretta nella sua era ancora davanti ai suoi occhi.
Si erano lasciati solo un attimo, un secondo solo, nonostante Louis ci avesse provato a non farlo, aveva detto: "Ma gli ho giurato che non lo lasciavo".
Il tipo in ambulanza gli aveva lasciato un'occhiata carica di comprensione e un briciolo di dispiacere mentre scuotendo la testa lo invitava a lasciare Harry.
"Dobbiamo rianimare" aveva detto.
Così Louis aveva annuito, aveva lasciato la presa mentre i tizi in ambulanza levavano la giacca a Harry, la sciarpa, la felpa e un altro maglioncino. Perché diamine si era vestito così tanto.
E poi eccola. Louis aveva chiuso gli occhi ma l'aveva vista lo stesso. Harry indossava la sua maglietta, quella che gli aveva dato in stazione.
Avevano ascoltato A place in the sun quel giorno, era la loro canzone. Louis aveva cercato di guardare altrove mentre stringeva i vestiti che erano stati tolti a Harry e il tizio in ambulanza iniziava a rianimare.
Louis aveva preso fiato mentre qualcosa di spigoloso gli aveva graffiato il braccio. Cosa c'era nella tasca della giacca di Harry? Un pacchettino minuscolo avvolto in una carta rossa aveva scritto sopra, a penna, in lettere fini e precise, il suo nome: A Louis.
Aveva guardato Harry allora e si era morso un labbro mentre il conteggio del massaggio cardiaco continuava. Lento, troppo lento.
"Per favore" aveva detto Louis cercando di non piangere.
E ancora, mentre si rigirava il pacchettino tra le mani, le pressioni sul torace di Harry erano continuate.
Il conteggio proseguiva, ora alternato dalla respirazione bocca a bocca.
E Louis aveva pregato per la prima volta nella sua vita che chiunque volesse in quel momento la vita di Harry ci ripensasse e, piuttosto, prendesse la sua.
Aveva anche pensato a Gemma, nella sua mente le chiedeva di non prenderselo, di lasciarlo lì, di lasciarlo a lui. Lo aveva detto anche ad alta voce, forse, quando l'ambulanza si era fermata e con le porte spalancate Louis si rendeva conto dell'assordante rumore della sirena.
E il massaggio cardiaco continuava con l'ambulanza aperta e un medico già in piedi di fronte all'ingresso.
"Fate l'ultimo" aveva detto un tizio mentre Louis lo guardava spalancando gli occhi: "NO" aveva detto mentre un altro signore lo invitava a scendere dal mezzo.
"NO... no... non vedete che ancora non è sveglio" aveva detto Louis "Non è sveglio, dovete svegliarlo, non potete fermarvi" diceva mentre qualcuno gli metteva una coperta sulle spalle e gli chiedeva se voleva acqua.
"Voglio Harry, non voglio l'acqua" aveva spiegato anche se a per lui era abbastanza ovvio e poi "No, no, devo tenergli la mano, gliel'ho promesso" aveva urlato perché sembrava nessuno volesse ascoltarlo.
Aveva sentito qualcuno dire: "Non si riprende..." mentre un uomo lo trascinava in pronto soccorso.
"NO, NO" aveva urlato ma le porte dietro di sé si erano già richiuse.
Il rumore metallico della barella poggiata sull'asfalto, le ruote che iniziano a sferragliare e il vociare di medici e infermieri. L'atmosfera era così piena di rumori, di persone, di attesa.