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Gli inizi, come è naturale, non furono privi di inconvenienti. Nulla che persone di buonsenso non potessero risolvere, ma che crearono comunque abbastanza trambusto nelle tranquille abitudini della fattoria.

- Ecco, tu potrai dormire qui - aveva detto zia Fiona mostrando a Shamira l'ampia soffitta, con un giaciglio pronto e alcuni giocattoli infantili ancora al loro posto, come se il loro proprietario se ne fosse appena uscito per fare una corsa all'aperto.

- E Tavish? -

- Per stanotte gli prepareremo dove dormire di sotto. Nei prossimi giorni troveremo una soluzione migliore. -

- Ma... non è giusto! Questa è la sua stanza, dopotutto. E poi è grande abbastanza per tutti e due. -

- Benedetta ragazza, non siete più dei bambini! Due giovani della vostra età, dormire insieme... No, non è proprio il caso. Lo dico soprattutto per te, cara. -

Shamira evitò di raccontarle che, da quando si conoscevano, avevano condiviso ogni genere di rifugio. La tana dell'uliveto, il fienile di Gola Secca, la soffitta di Triana, persino la minuscola cabina del capitano Kevin a bordo della Leah.

Tavish non provò neanche a protestare, ma lo vedeva bene che la novità lo metteva in ansia.

Quella prima notte Shamira continuò a rivoltarsi insonne tra le coperte. Forse per il giaciglio troppo comodo, forse per il silenzio di quella soffitta sconosciuta o per le emozioni di quella lunga giornata che ancora non abbandonavano la presa sul suo animo. Il sonno, di venire a inghiottirsi tutto quanto, proprio non ne voleva sapere.

Le urla di Tavish la raggiunsero sin lassù.

La fanciulla non perse neppure il tempo di avvolgersi intorno alle spalle lo scialle piegato ai piedi del letto e se ne volò giù per le scale così com'era, con la leggera vesticciola da notte che le copriva a stento le ginocchia, per accorrere al capezzale dell'amico e strapparlo alle grinfie dei suoi spettri notturni.

Zia Fiona e zio Declan, spaventati a morte da quelle grida strazianti, giunsero qualche momento più tardi. Zio Declan impugnava un tozzo coltello da formaggio, ma la luce tremolante della candela gli restituì solo l'immagine dei due ragazzi stretti uno nelle braccia dell'altra tra le coltri scomposte.

- Non è come sembra! - si affrettò a spiegare Tavish con accenti angosciati, interponendosi tra la fanciulla e i loro sguardi sconcertati, come per proteggerla da giudizi avventati. - Abbandonare questa casa è stato un errore che ho pagato duramente - confessò amaro. - Gli incubi che mi perseguitano sono forse la parte minore di quel prezzo, ma di certo la più tenace... e lei è stata l'unica in grado di concedermi un po' di sollievo - aggiunse stringendo nella propria la sua piccola mano. - Ovunque ci trovassimo, sentirla riposare a un passo da me, bastava a rassicurarmi. -

- Per me è lo stesso! - intervenne la fanciulla con voce velata di pianto, accentuando la presa sulle forti dita che avvolgevano le sue. - Prima di incontrarlo, era la notte il momento peggiore. Non ero in grado di difendermi, se non standomene sempre all'erta per essere abbastanza veloce da trovare un posto dove nascondermi. Quella volta non sarebbe bastato nemmeno quello, se non avessi incontrato Tavish. È da allora che ho smesso di aver paura. Sentivo il suo respiro e sapevo di essere al sicuro. -

Difficile dire cosa fece più impressione nell'animo dei non più giovani coniugi. La vista dei due ragazzi inginocchiati nel buio, che si tenevano per mano vergognosi e contriti, quanto gli accenni pur vaghi alle traversie che avevano dovuto affrontare, probabilmente avrebbero intenerito cuori ben più duri dei loro, che non lo erano affatto.

- Tra poco sarà l'alba. Mi aiuti a preparare la colazione, cara? - disse zia Fiona con istintivo senso pratico.

- Tu, invece, vieni con me. Abbiamo del lavoro da fare - disse zio Declan con quieta autorità.

Mentre nella rimessa si udiva un gran lavorio di sega e di pialla, zia Fiona, e Shamira con lei, ebbero agio di preparare i pasti, governare gli animali, rivoltare un baule traendone grandi pezze di lino e cucirle insieme, cosa ben facile per la ragazza, dopo tutta la pratica acquisita confezionando vele.

Nel tardo pomeriggio i rumori di carpenteria si trasferirono dalla rimessa alla soffitta, scanditi dal ritmico suono del martello. Per l'ora del riposo notturno, i lini erano diventati una gran tenda, appesa con una funicella tesa tra due pilastri a dividere in due ambienti la soffitta. In ognuno di essi era collocato un giaciglio: uno inscurito dagli anni trascorsi, l'altro ancora profumato di resina.

In questo modo, semplice e ingegnoso insieme, le convenzioni del decoro furono in qualche modo preservate, senza nulla togliere alla serenità degli animi, che da quella notte non ci fu luogo in tutto il contado dove si riposò più tranquillamente.

La Ragazza che veniva dal Mare #wattys2023Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora