Dolce premura

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La pioggia cadeva lentamente ticchettando con delicatezza sulle tegole del tetto di casa Balestra e nella sua camera un ragazzo ascoltava quella melodia, prodotta dall'insistenza delle gocce contro il vetro della finestra, di lasciare una debole traccia del proprio passaggio.

In quel momento Simone si sentiva scivolare via proprio come quelle goccioline, perché in cuor suo alleggiava una fitta malinconia.

Il giovane era seduto sul proprio letto con la schiena contro la parete e le ginocchia premute forte sul petto. Si arricciava continuamente in se stesso chiudendosi a guscio mentre la sua mente ripercorreva la tristezza che sentiva seppellita addosso come una corazza.

Gli mancava Jacopo,
sebbene avesse conosciuto il fratello solo per tre anni.

Era inspiegabile ma era così.
Il legame dei gemelli è insostituibile e Simone da quando aveva saputo di Jacopino aveva iniziato a dare un nome a quel vuoto che spesso lo corrodeva da dentro senza un apparente motivo.

Una specie di filo invisibile li collegava ed esso non poteva essere spezzato in nessun modo, la Natura aveva voluto così.

Era passato qualche mese dalla sua visita alla tomba del gemello, ma quel dolore non aveva spesso di lacerare come una ferita che blanda continuava a perdere sangue.

Ci vuole tempo per queste cose,
aveva detto la sua psicologa e lui aveva annuito distrattamente.

Ma quando farà meno male?
aveva desiderato tanto chiedere, invece era rimasto in silenzio come sempre.

Probabilmente non sarebbe mai passato,
il suggerimento che provvene dalla propria coscienza gli piombó addosso schiacciandolo fin sottoterra.

Cosa poteva fare?

"Consegna a domicilio" gridò qualcuno che lui conosceva bene e in un attimo quella voce piombó in camera sua con un'energia travolgente.

Dall'altra parte della stanza Simone sussultó e sorpreso si asciugò velocemente il viso cercando di far scomparire i segni della propria tristezza.

Non voleva farsi vedere in quel modo.

"Ma che dici?" rispose con voce incriminata al ragazzo che aveva di fronte e girandosi di spalle raccolse l'ultima goccia che gli solcava il viso.

"Sorpresa per il mio Simo" annunció Manuel contento rimanendo sull'uscio come a lasciargli spazio.

Dal luogo in cui si trovava poteva vedere Simone indossare la sua solita maglia a righe blu e rosse con il colletto bianco, per la quale Manuel aveva un debole, e i pantaloni neri che gli scoprivano i fianchi magri e...

Quelle erano lacrime?
Perché stava piangendo?

A quella vista Manuel deglutì dimenticando per un momento il motivo della sua visita improvvisa.

"Non ci posso credere" esaló Simone con una breve risata girandosi a squadrare l'altro.

"Quindi posso?" chiese con dolcezza piegando in modo buffo la testa di lato.

"Certo, vieni pure "e batté il palmo sul letto smettendo di reprimere altri sorrisi.

Manuel gli faceva dimenticare il proprio dolore.

"Che stavi a fa' Simoncino?"

Simone quasi si strozzò con la sua stessa saliva sentendo quel soprannome tanto dolce. Neanche i suoi genitori lo avevano mai chiamato così e sentirlo per la prima volta gli scaldava il cuore in modo delizioso.

La tristezza era diventata soltanto un lontano ricordo.

"N-nulla" rispose dopo qualche istante sotto lo sguardo incuriosito di Manuel. "Che hai lì?" cambiò discorso riferendosi alla grande busta di carta marroncino che sporgeva un po' nascosta da dietro le sue gambe.

Fire on fire - Simuel Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora