Rabbia

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|Parte 3 ed ultima del racconto "finalmente estate"|

Manuel era disorientato.

Da quando Ariele aveva pronunciato quella frase con tanta semplicità qualcosa si era smosso dentro di lui.

Nella sua mente rimbombavano quelle parole seguite da pensieri che fino a poco fa avrebbe considerato totalmente assurdi.

Ma ora?

"Mi piace stare con voi, siete dei bravi papà"

Non sapeva cosa credere.

Verso pomeriggio inoltrato Alice tornò a villa Balestra più tranquilla.
Abbracciò il suo amato bambino, il quale iniziò a raccontare a manetta per filo e per segno tutte le cose che erano successe in quelle ore inceppandosi più volte con alcune parole e risultando ancora più dolce e buffo.

Lei gli sorrise ascoltando attentamente, poi con una banale scusa gli chiese di andare a giocare ancora un po' con Simone dato che fra poco sarebbe dovuti andare via.

La maschera messa su crollò non appena il bambino si allontanò da lei, Manuel la guardò e silenziosamente la invitò a entrare in casa.

"Dobbiamo parlare" le si rivolse duramente rimanendo in piedi.

"Lo so" si arrese lei prendendo posto a sedere.

"Te la faccio breve" iniziò lui incrociando le braccia al petto "Ariele è mio figlio?" le parole cariche di nervosismo tradirono il suo atteggiamento.

La donna strabuzzò gli occhi fissandolo impaurita "Come scusa?" successivamente abbassò lo sguardo sulle proprie unghie sminuendo la domanda posta "come ti viene in mente di chiedermi una tale assurdità?"

"Quello che hai sentito" una breve pausa per inumidire la bocca divenuta secca all'improvviso "è mio figlio, vero?"

Lei rimase in silenzio non sapendo cosa dire, tuttavia il suo atteggiamento era la più grande conferma per il giovane ragazzo.

"Ma certo che lo è!" esclamò Manuel stringendo le nocche "potrà non somigliarmi troppo fisicamente, ma il suo carattere e le espressioni che fa sono uguali alle mie" la rabbia prese a scorrere nelle vene come un fiume in piena.

Ariele era un vulcano di idee, temerario e testardo più che mai.
Non riusciva a stare fermo per molto senza fare nulla ed aveva un animo buono e coraggioso. Adorava le moto e le macchinine, giocare a calcio e stare a petto nudo come un selvaggio correndo e urlando a perdifiato fino a perdere totalmente le energie.

Si era affezionato in un attimo a Simone e, tra l'altro, si era comportato benissimo, mentre con lui si era scontrato più volte facendogli la linguaccia e attirando in tutti i modi possibili la sua attenzione avendo lo stesso identico carattere.

Non gli somigliava fisicamente, ma era come lui.

Le disse tutte quelle cose incalzandola mentre le lacrime presero a scorrere sul pallido volto della donna.

"Perchè non me lo hai detto?" tuonò guardandola con disprezzo e una mano si scontrò rapidamente contro il legno del tavolo provocando un sonoro tonfo.

"Me lo chiedi anche?" singhiozzò "avrei rovinato la mia famiglia!" poi con più calma asciugandosi una guancia "ho provato a farlo... davvero sono anche venuta da t-te qualche mese dopo..."

"Quando?" la incalzò ancora e si sedette di fronte a lei arrabbiato e confuso.

"Una sera... mi ha aperto Simone" iniziò a raccontare "tu probabilmente eri sotto la doccia ma lui c'era... e gli ho chiesto di vederti"

Fire on fire - Simuel Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora