Capitolo 10

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                                       Lilith

"La morte non è la perdita più
grande della vita. La perdita
più grande è quello che muore
dentro di noi mentre viviamo"
Norman Cousins
                                 TW/ SH

Non riuscivo a respirare. Provavo un dolore lancinante al petto, ma nonostante il dolore mi obbligai ad alzarmi da terra e andare in camera mia.

Volevo solo che tutto questo finisse per sempre, volevo essere solo essere felice.

Il pavimento era cosparso di frammenti di vetro e ceramica che mi rendevano difficile camminare scalza. Il tavolo era stato rovesciato per terra insieme alle sedie che si erano rotte nella colluttazione.

Mi dovevo rinchiudere in camera mia il prima possibile. Dovevo muovermi, prima che lei ripartisse all'attacco. 

Sapevo che quel momento di pace non sarebbe durato a lungo e quello che accadeva dopo la pace era peggio di quello che era appena successo.

<<Te lo meriti>> continuava a ripetermi quelle parole mentre se ne stava seduta sul divano con la testa tra le mani, dondolandosi col corpo <<Non sei stata abbastanza brava e io devo educarti, è il mio compito>>.

Mi aveva ripetuto quelle frasi così tante volte che avevo finito per crederci pure io.

Cercai con tutte le mie forze di uscire da quella stanza, ma lei mi afferrò da dietro facendomi sbattere violentemente contro il pavimento.

Quando vidi i suoi occhi pieni di rabbia e disgusto, il mio corpo venne attraversato dal terrore.

Non sapevo ancora che quella volta sarebbe stata diversa dalle altre, quella volta avrei finalmente reagito, rovinandomi la vita per sempre.

Cominciai a pregare che qualcuno entrasse da quella porta e mi salvasse, ma non accadde. Dovetti salvarmi da sola.

Mi svegliai di soprassalto, il mio cuore batteva all'impazzata e il mio corpo era coperto da uno strato di sudore.

Solo quando misi a fuoco la mia stanza riuscii a respirare di nuovo e a tranquillizzarmi.

Lei viveva ancora nei miei incubi, mi tormentava ancora, neanche la morte la fermava.

Era da nove anni che continuavo a rivivere quel maledetto giorno e avevo cominciato a pensare che fosse la mia punizione. La mia vita era il mio inferno personale.

L'unica cosa che riusciva a calmarmi e a farmi spegnere il cervello era il dolore. Era l'unica cosa riusciva a farmi riprendere il controllo di me stessa.

Prima prendevo regolarmente degli antidepressivi, ma appena ho potuto ho smesso di prenderli.

Appena mi specchiai nello specchio nel bagno vidi solo un corpo stremato dalle ore di sonno passate in bianco e con delle scure occhiaie sotto gli occhi, il viso cadaverico e gonfio.

Avevo continui mal di testa che molte volte mi costringevano a stare sdraiata tutto il giorno, non riuscivo più a concentrarmi nemmeno sulle cose cose più importanti e mi arrabbiavo anche per le cose più insignificanti.

Non sapevo per quanto ancora sarei riuscita a sopravvivere in quel modo, stavo morendo lentamente davanti agli occhi di tutti.

Aprii il secondo cassetto del bagno e presi la busta di plastica che custodivo lì da anni. Tirai fuori un pezzo di carta piegato e lo aprii.

Fissai per un paio di secondi la mia condanna, la mia schiavitù.

Fallo
Ti farà stare meglio
Te lo meriti
Solo uno

Quelle voci nella testa urlavano, tutto il tempo, non smettevamo mai. dopo anni non avevo ancora trovato la forza di farle stare in silenzio e di dire basta.

Per quanto ci provassi non riuscivo ad immaginare la mia vita senza il dolore, era l'unica cosa che mi rendesse felice e il motivo per cui ero ancora viva.

Come potevo vivere senza?

Mi abbassai i pantaloni con le mani tremanti e mi sedetti sul pavimento freddo del bagno, tenendo le gambe distese davanti a me.

Presi la lametta e la appoggiai in un punto pulito dalle cicatrici della gamba e poi la feci sprofondare nella carne.

Le mie mani continuavano a tremare mentre incidevo una riga dritta e dai miei occhi uscirono delle lacrime.

Cazzo, faceva più male di quanto ricordassi.

Dopo aver tolto la lametta aspettai l' arrivo del sangue, allargando il taglio per facilitare la fuoriuscita di quel liquido rosso.

Quando vidi quel liquido rosso uscire, la mia testa divenne finalmente silenziosa e il mio corpo si calmò. Per me quella era la pace.

C'era chi trovava la pace nella droga, all'alcol o nello sport. Io invece, la trovavo nel dolore.

All' inizio avevo provato a smettere con tutta me stessa, ma dopo sei anni, ci avevo totalmente rinunciato. Non avevo più le forze di combattere contro me stessa.

Nella mia vita ero andata sul campo di battaglia due volte, avevo combattuto contro i miei nemici e avevo vinto, ma quando il nemico sei te stessa diventa tutto più difficile.

Appena poggiai lo sguardo sulla mia mia coscia la pace finì e fu rimpiazzata dal disgusto.

Guardavo la mia gamba e vedevo solo cicatrici e croste, mi facevano ribrezzo.

Trovavo ironico il fatto che la cosa che mi faceva stare bene fosse la stessa che mi faceva odiare me stessa ogni giorno.

Ero un mostro, dentro e fuori.

Presi del disinfettante e cominciai a pulire la ferita e poi la bendai, sperando che non uscisse più sangue.

Bruciava da morire.

Andai in camera e mi misi i soliti vestiti neri, poi uscii di casa e andai a fare lezione.

Note autrice:

Sono consapevole che questo capitolo sia molto corto, ma ci tenevo a farne uno dedicato solamente a Lilith.

Spero di avervi trasmesso qualcosa e di avervi fatto capire meglio Lilith🖤

Insieme nell'oscurità Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora