Capitolo 27

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Lilith

Amore torna sempre al cuore nobile come alla sua sede naturale, nello stesso modo che fa l'uccellino nella foresta.
(Guido Guinizzelli)

<<È qui la festa?>> mi ero svegliata esattamente un minuto prima per colpa del campanello e avrei soltanto voluto spararmi nuovamente, questa volta alla tempia.

Odiavo la mattina.
Odiavo le persone.
Odiavo il mondo.

<<Dio, Jace mi sono appena svegliata>> avevo dormito tutto il pomeriggio e avrei sicuramente prolungato anche alla notte se Jace non avesse deciso di svegliarmi.

<<Le persone pagherebbero oro per svegliarsi con la mia faccia davanti>> Lui e l'umiltà erano come due rette parallele che non si sarebbero mai potute incontrare.

<<A me fa solo venire voglia di vomitare>>dissi schifata.

Io e jace ci conoscevamo da tutta la vita. Mia madre e la sua erano molto amiche e passavamo tutte le nostre giornate insieme. Quando mia madre era morta e mi ero trasferita al centro di addestramento, suo padre lo portava ad allenarsi e avevamo il tempo di vederci. Quando è diventato abbastanza grande da liberarsi in parte del controllo di suo padre aveva cominciato a venire da noi per concedersi una pausa da casa sua.

<<Lo so che in realtà la ami, non devi vergognarti ad ammetterlo, naso rotto>> mi sorrise e poi entrò in casa senza chiedere il permesso e senza chiudere la porta.

Non appena si sedette sul divano tirò fuori da un sacchetto che aveva portato con sé una vaschetta di gelato. Corsi in cucina a prendere il necessario per mangiarlo.

Il gelato era il mio cibo preferito, ma nella lista nera della rigorosa dieta che ero costretta a seguire. In realtà potevo mangiare quello alla frutta, ma io preferivo gusti molto più pesanti.

<<Non ti caccio fuori casa solo perché me lo hai portato>> mi sedetti sul divano stendendo la gamba e gli passai un bicchiere per metterci dentro il contenuto della vaschetta.

<<Come va la gamba?>> alzai il pantalone per fargli vedere la ferita che si stava lentamente rimarginando <<la stai sforzando troppo. Dovresti stare a riposo minimo due settimane>> tecnicamente avrei dovuto farlo, ma Houston non mi sembrava molto intenzionato a permettermelo.

<<Il problema non è la gamba>> gli feci vedere la ferita alla spalla, che mi ero procurata durante un'aggressione e che si era rimarginata male formando una brutta cicatrice.

<<Dopo anni non hai ancora imparato a metterti i punti decentemente>> mi prese in giro. Io gli scoccai un'occhiataccia che lo fece scoppiare a ridere.

<<Come stai, naso rotto?>> si fece serio e mi guardò con l'espressione più dolce di cui era dotato.

<<Ci sono giorni in cui credo di essere guarita ed altri in cui tutti i miei problemi pesano molto più del solito>> Jace era uno dei pochi con cui mi aprivo davvero. Da piccoli eravamo stati la spalla dell'altro, ogni volta che qualcosa andava storta sapevo di poter contare su di lui.

<<Ammetto che vederti sfidare il direttore pubblicamente mi ha reso molto fiero, ma sembravi una pazza>>disse mentre mangiava il gelato.

Insieme nell'oscurità Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora