angel

21 1 0
                                    


Domenica 13 febbraio 2022


Se lei, nel corso del tempo, mi ha dato tante molliche, è giusto che io le dia un bel pezzo di pane?


Casa del socio. Ore 23.

L'oggetto della discussione è un pezzo di pane. Un bel pezzo di pane. Pensiero fisso a cui addito tutti i mali e che, ogni notte, non mi fa più riposare.

Esce il caffè. Vibra la lingua. Batte l'antifona.

La mia dialettica – eclettica e frizzantina - soddisfa tutti gli interlocutori di questo circolo – che siano i soci ignoranti e acculturati, che siano le vrenzole, che sia la curiosa compagna dalle sembianze di C18 -. Chiudendo un occhio sulla forma, piuttosto discutibile – ma non inefficiente -, quello che resta è il dubbio amletico di cui ti ho parlato nel capitolo precedente.

Chi ha torto e chi ha ragione?

Tra me, i soci e le compagne c'è un abisso. Che siano culturali, di vita privata o sentimentale, i punti di vista si articolano. In virtù di questa difformità, ho esposto la situazione a tutti. L'ho fatto per ascoltare i loro pareri? Sono davvero interessato a sapere quello che pensano? No. O meglio, non del tutto.

Si impara sempre dagli altri, e i consigli del circolo possono aiutarmi. Questo, però, non è il mio scopo principale. Io voglio solo liberarmi di un peso.

Hai notato che, quando qualcosa ti preoccupa, basta parlarne con qualcuno per sentirti più quieta? La mia umile spiegazione vuole che, quando condivisi, i propri timori perdono di peso. Non è più una questione ancorata all'inconscio, ma si apre a una dimensione più generale. Che diventi un affare di stato o resti in una cerchia di persone, il timore non ha più la stessa gravità.

Trovo buffo come, esponendo questa situazione, abbia fatto nascere un confronto tra le persone che ho attorno. Adesso stanno ragionando, si scambiano delle riflessioni e cercano di trovare una risposta. Proprio come me. Proprio come ho fatto nell'ultimo periodo. Ecco perché la condivisione aiuta. Stiamo combattendo un nemico comune. Mi sento meno solo.

Mando giù il secondo caffè – senza zucchero - con C18.

Vado in standby durante lo scambio di opinioni. Il mio corpo è qui, ma la mente viaggia verso l'altrove. Sarà merito della caffeina, che ha distrutto ogni illusione e mi ha portato a quella che definisco presa di coscienza.

Mi sono macchiato della colpa che additavo poco tempo fa.

Preso dalla disperazione, anche io ho cercato di sostituirti. Non lo nascondo. Volevo sentirmi meno solo. In poco tempo, comunque, ci ho ripensato. Che sia moralmente sbagliata, inconcludente o fasulla, l'iniziativa non è andata in porto. Non voglio coinvolgere altre persone nei casini che ho per la testa.

Fatalismo nei sogni e nelle parole. Mi sono abbandonato all'idea che vivere in un paradiso dei fessi non è quello che voglio adesso. È molto meglio soffrire nella realtà.

Tu mi piaci ancora. E, alla luce di ciò, ho capito di avere due scelte. Restare dove e come sono, o fare qualcosa per cambiare la mia situazione.

Dopo un bel po' di tempo passato nell'autocommiserazione – perdonami -, è arrivata l'ora della svolta. Colgo la palla al balzo, nella speranza che San Valentino mi faccia segnare questo calcio di rigore.

Voglia di cambiare. Kinder cereali, i tuoi preferiti. Domattina.

C'è qualcosa, in questo caffè, che alimenta la mia tetragonia.

Qualunque sia la tua condizione, qualunque sia l'idea che hai di me, qualsiasi sia il ricordo che ti resta di me, io lo farò.

Basse frequenze.

L'inchiostrò sarà consumato nel tuo nome.

AmusiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora