Prologo

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2 anni prima.

Oggi è il mio quattordicesimo compleanno, stranamente io e Jon siamo riusciti a convincere mia madre a festeggiare fuori insieme a quei meravigliosi amici che abbiamo: Soph, Erik e Jack.

Jon è il mio migliore amico da 5 anni, anche se, in realtà, ci conosciamo da molto più tempo. Adesso lui ha 18 anni, quindi mi viene a prendere e a lasciare con la macchina.
Alle 20:30 suona il campanello del citofono al quale risponde mia mamma. "È Jon! Sta salendo" mi urla lei.

"2 minuti e sono pronta" gli dico quando vedo Jon all'uscio della porta della mia stanza, lui mi guarda e sorride, "sei bellissima festeggiata!" dice avvicinandosi per darmi un bacio sulla guancia.

Verso le 21:00 arriviamo in un locale molto carino, ma non so nemmeno il nome in quanto lo ha scelto Jon e non c'è nemmeno una maledetta insegna. Tutta la serata la passiamo a ridere e a scherzare, oltre che a mangiare, ma quello è ovvio, per me. Amo stare insieme a quei quattro, mi sento protetta da loro, sono un pò come una seconda famiglia, tutti, anche se conosco da più tempo Jack e Jon, io Soph ed Erik siamo diventati inseparabili.

Verso l'una di notte arrivano i genitori di Soph, Erik e Jack e dopo averli salutati io e Jon ci incamminiamo verso la macchina.
Passiamo per una strada buia, così tanto da non riuscire a vedere quello che c'è intorno a me, "dove siamo?" Domando con un tono un pò preoccupato "la macchina è laggiù" mi risponde indicandomi con il dito un punto che non riesco a vedere. Non sono mai stata bravissima ad orientarmi ma me lo ricordo perfettamente: tutte le strade erano già illuminate quando siamo arrivati "non siamo passati da qui prima" gli annuncio "può essere" risponde con un tono quasi minaccioso, sa che il buio mi fa paura e mi ha sempre preso in giro per questo "dai Jon smettila! Odio il buio lo..." nemmeno il tempo di finire la frase che mi sento afferrare la mano con violenza, subito
dopo afferra anche l'altra.
In un istante mi ritrovo contro quello che dovrebbe essere un muro "che cazzo fai?" urlo cercando, invano, di liberarmi, non risponde. Inizia ad accarezzarmi il viso e darmi dei baci sul collo "ti voglio mia" mi sussurra "smettila" lo prego, ma le mie suppliche non servono a nulla.
Scivola le mani sul mio corpo, ho paura.

Mi diede un colpo, non riesco a capire con quale parte del corpo mi colpì ma fatto sta che sbattei la testa contro quel muro e da allora solo dei ricordi confusi restano nella mia mente. L'unica cosa limpida sono solo quelle sue maledette mani su di me per quegli interminabili minuti.

Poi, tutto d'un tratto smise di tormentarmi, si staccò e come se nulla fosse accaduto disse "andiamo" in quel momento quei minuti di paura diventarono odio, rabbia e quell'accumulo di tutti quei sentimenti atroci, a me sconosciuti fino ad allora, mi diedero la forza per sferrare un calcio, proprio lì. Dove ero sicura di poter fargli del male.

Si buttò a terra dal dolore, "mi fai schifo" gli dissi, gli sputai addosso come fosse il disgusto in persona, mi allontanai. Lo guardai per un'ultima volta pensando a tutti quegli anni passati insieme a quel mostro, le lacrime cadevano dal mio viso senza sosta.
Scappai.

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