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Louis sapeva benissimo di andare contro ai suoi principi e alle sue necessità di salvaguardia. Davvero, lo sapeva, ci aveva pensato a lungo e se lo stava ripetendo mentre si dirigeva a casa di Harry a testa bassa, un cappellino a coprirgli i capelli e gli occhi stanchi. Sicuramente si stava facendo un torto da solo, perché rivedere il ragazzo di cui era innamorato sarebbe stato devastante, ma come poteva anche semplicemente pensare di lasciarlo solo dopo averlo sentito piangere al telefono e dopo aver sentito il racconto di Oli su quanto il più piccolo gli fosse sembrato disperato e ridotto male?

Era innamorato di lui, in fin dei conti, e non sopportava l'idea di Harry preda di un attacco di ansia o dei suoi incubi e demoni. Voleva il suo bene. E voleva solo assicurarsi che si fosse ripreso almeno un po', voleva vederlo con i suoi occhi. Solo così si sarebbe tranquillizzato.

Così si ritrovo sotto casa del più piccolo, il dito premuto contro il campanello.

«Chi è?», gracchiò la voce di Harry, roca e rauca.

«Louis».

«Louis?», una nota di incredulità.

«Sì. Posso salire?», domandò con un filo di voce.

«Certo. Certo, ovvio», farneticò, «ti aspetto», poi aprì il portone.

Louis salì le scale con calma, un gradino alla volta, deglutendo l'ansia del pensiero di star per rivedere Harry dopo parecchi giorni.
Quando arrivò al pianerottolo il più piccolo era già lì ad aspettarlo. Il cuore di Louis perse un battito. Finalmente. Gli era mancato così, così, tanto. Anche solo vederlo. M quel cipiglio triste, quelle guance infossate, quegli occhi cupi, cos'erano? Lo stomaco di Louis si accartocciò su se stesso. Harry era... deturpato, sfigurato perfino. Sempre bellissimo, niente da dire, ma così... diverso, stremato.

«Ehi», lo salutò timidamente il più piccolo facendolo entrare.

«Ehi», ricambi il maggiore, sorridendogli appena, «scusa se sono piombato qui senza avvisarti. Come stai?», dondolò da un piede all'altro, incerto su cosa fare e su come muoversi tra quelle mura in quella fase del loro rapporto.

Harry si schiarì la voce. «Insomma», ammise, concedendosi di essere debole e sincero, «non molto bene. Te?».

Louis sospirò guardandosi attorno. «Potrei stare meglio» disse, «ma sono stato a Doncaster nei giorni scorsi, ho staccato un po' la spina dai casini di Londra».

«Sono contento per te», concesse il più piccolo, «mi ricordo che mi avevi detto di non vedere la tua famiglia da tanto, una volta».

«Già. Mi ha fatto bene».

«Immagino», sorrise stancamente Harry primo di mordersi il labbro inferiore, pensieroso. «Vuoi, uhm, cenare qui?», provò a dire casualmente buttando un'occhiata all'orologio affisso alla parete.

Louis ci pensò su per qualche istante. Poi annuì lievemente. «Va bene, H. Grazie».

«Non so se ho qualcosa in frigo, a dire il vero», mormorò il più piccolo grattandosi la nuca, dirigendosi in cucina. Il maggiore lo seguì in silenzio osservando Harry aprire il frigorifero effettivamente vuoto. «Non- non ho fatto la spesa di recente», ammise aprendo alcuni scompartimenti della cucina, «ho delle scatolette di tonno qui. E, oh, i tuoi cereali».

«Da quanto non fai la spesa?». Louis iniziò a preoccuparsi. Aveva notato subito le guance più magre del minore e iniziava a sospettare che avesse saltato dei pasti.

Harry continuò ad aprire ante e cassetti in maniera spasmodica. «Non lo so».

«Harry, fermati», lo invitò a interrompere quei gesti agitati, «H», lo richiamò toccandogli la spalla.

Love Who You Are / Larry Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora