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La porta si aprì lentamente, come a rallentare, e con un cigolio fastidioso. Da dietro il legno, stanco e provato, fece capolino il volto di sua madre. Aveva gli occhi sgranati, la bocca aperta e un cipiglio incredulo a deformarle il viso decisamente più trasandato di come Harry se lo ricordava.

Boccheggiò per qualche istante, poi finalmente riuscì a parlare con voce rotta: «H- Harry», sussurrò, «sei davvero tu», poi scoppiò a piangere spingendosi verso il suo corpo, abbracciandolo forte.

Harry si pietrificò. Louis gli poggiò una mano alla base della schiena, di nuovo, per fargli sentire la sua presenza rassicurante, per mantenerlo ancorato alla realtà. Deglutì cercando gli occhi del maggiore, trovandoli subito, poi semplicemente mormorò «mamma».

La donna si rese probabilmente conto della rigidità del corpo tra le sue braccia e di come non stesse ricambiando la stretta, e velocemente si staccò, facendo qualche passo indietro. «Scusami», provò a dire tra le lacrime, «non ci posso credere che- che sei qui. Sei- così grande», singhiozzò portandosi le mani alla bocca mentre lo osservava, «così bello».

Harry si mosse da un piede all'altro a disagio, cercando con la mano il corpo di Louis. Trovatolo esattamente al suo fianco, strinse il materiale del suo giubbotto tra le dita. Il maggiore se ne accorso e portò le sue ad intrecciarsi al posto della giacca.
Harry strinse forte la presa e Louis ricambiò, infondendogli coraggio.

Abby si accorse dei movimenti delicati tra i due e puntò lo sguardo dapprima alle loro mani, poi al viso del più grande. Gli sorrise alla bell'e meglio, tra le lacrime, e poi si presentò. Louis ricambiò la stretta di mano. Dopodiché riportò i suoi occhi su Harry, scrutandolo a lungo, rivolgendo ogni tanto qualche occhiata al maggiore, come se stesse cercando di ricostruire la vita degli ultimi otto anni di suo figlio.

Solo qualche minuto più tardi si ridestò e spalancò la porta, facendo cenno ad entrambi di entrare. Louis declinò l'invito, dicendole che era una cosa che doveva fare Harry, e la donna annuì pensieroso mentre aspettava che il bambino ormai giovane adulto che aveva messo al mondo la seguisse dentro casa.

Harry si fece coraggio e dopo aver osservato ancora una volta l'azzurro limpido delle iridi del maggiore, prendendo un grande respiro, lasciò andare la sua mano e seguì sua madre all'interno dell'abitazione.

Dentro, proprio come fuori, sembrava essere rimasto tutto uguale ad otto anni prima. I mobili erano gli stessi, l'odore era lo stesso, il clima era lo stesso. Harry dovette fare ricorso a tutta la sua forza per non cadere in un baratro di cose e ricordi spiacevoli e alcuni dimenticati. Chiuse le mani a pugno, conficcandosi le unghie nei palmi, per ricordarsi chi fosse ora e cosa ci facesse lì.

Sua mamma lo accompagnò in cucina, dove con mani tremanti mise su l'acqua per il tea.

«Quindi», disse poi girandosi verso di lui che intanto si era tolto il giubbotto e accomodato sotto sua indicazione, «cosa- cosa ti porta qui? Ora che ho realizzato- sì, insomma- deve esserci qualcosa, no? Altrimenti non saresti venuto».

Harry osservò le sue labbra tremare e per la prima volta da quando l'aveva vista si concesse di guardarla davvero e di ascoltarsi.

Quella davanti a lui era sua madre. In carne ed ossa. Dopo tutto quel tempo. Più vecchia, più sfibrata, troppo magra. Ma era pur sempre lei. Harry sentì il petto stringersi e le gambe formicolare. Era così strano, vederla. La sua voce non l'aveva mai abbandonato e le sensazioni che stava provando nello stomaco erano sempre le stesse di quando lo chiamava - astio, dispiacere, rabbia, malinconia, rancore, delusione - ma a quelle ora si aggiungeva una pesantezza ingombrante, una disperazione di sottofondo, un calore in espansione e un senso di affetto silente. Dopotutto, quella era la sua mamma.

Love Who You Are / Larry Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora