°Capitolo 17: Pain°

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-George's POV-

Come descrivereste quella sensazione di dolore che va e viene?

Recentemente ho provato di tutto e di più. Dolore, tristezza, rabbia, amore...
E sinceramente non so come gestire la mia mente.

Da quando sono scappato di casa non ho fatto altro che pensare ai miei genitori.
A cosa sarebbe successo se non avessero mentito fin dall'inizio.
A dove sarei ora se non avessi scoperto nulla.

E la cosa più importante di tutti.

Dove sarei ora se avessi cercato di essere più comprensivo.

Non dico che non mi piace la mia situazione in questo momento. Ma ogni tanto mi continuò a porre la stessa domanda. Ma... Se.... Cosa....

Micheal sta cercando di farmi sentire meglio facendo sentire come se fossi la persona più amata al mondo. Ma non posso negare il fatto che non mi sento affatto bene.

Amo Mike, e l'unica cosa che voglio e stare con lui.

Ma è più forte di me. Pormi domande in continuazione. Ma se... Ma cosa.... But if...

In fondo in fondo credo mi machino i miei. Non li ho scusati e non so se li scuserò mai. Ci vorrà del tempo, molto tempo.

Ma fino ad allora mi tocca comportarmi come se la mia vita fosse normale. E cosa più importante di tutte, devo comportarmi come se fossi tranquillo e "felice". Perché l'ultima cosa che voglio è che Mike si senta colpevole della mia infelicità.

****

-Micheal's POV-

Mancavano due giorni per consegnare il progetto d'arte che ci è stato affidato, e io non avevo concluso molto. Si può dire che non ho fatto praticamente niente.

Ho cercato più e più volte di fare un aura o qualcosa del genere, ma nulla, i colori non formavano quell'effetto che la signorina Smith mi aveva fatto vedere. Usciva solo una pozzanghera di colori messi, così, tanto per. Non era neanche bello, esteticamente parlando.

Ora mi dirigo nell'aula d'arte, sicuro del fatto che sarò l'unico a prendersi il rimprovero per non avere ancora concluso nulla.

Mi sedei all'ultimo banco, sperando che la prof non venga qui in fondo a chiedermi come sta venendo il mio compito.

Pochi minuti dopo il suono della campanella, entrò la prof, che iniziò subito a ricordarci che la scadenza sarebbe stata domani.

Non feci molto a caso a ciò che ebbe da dire e tirai fuori dallo zaino un libretto e una matita e comincia a scrivere.

Non sarò un grande artista ma sono un buon scrittore. Mi esprimo meglio con le parole anziché con le immagini. E continuai a scrivere.

Cosa scrivevo?

Ciò che mi passava per la testa. Ma non un diario. Mettevo i miei pensieri, i momenti migliori o peggiori della mia vita e altro dentro a un personaggio che ho inventato: Mitchell.

Mitchell è tipo il mio alterego.

Subisce tutto quello che subisco io, ha una vita molto simile alla mia, ragiona esattamente come ragiono io.

In pratica è me, se non fosse per una piccola differenza.

E no, non è il nome.

È il fatto che Mitchell ha sempre la risposta a tutto, a tutto e nell'esatto momento.

Hai un esame domani e non sai nulla di ciò che ci sarà? Boom! Risposta.

Ti hanno incastrato per aver rubato dei dolci in un negozio di caramelle? Boom! Boom! Altra risposta.

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