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Se in un primo momento vedendo l'ufficio aveva pensato a uno scherzo quando scesero nel deposito garage del palazzo Mya credette che seriamente Cameron aveva organizzato tutto per prenderla in giro.
Un tizio seduto in un gabbiotto aveva salutato Cameron calorosamente e quando aveva saputo che lei era lì per occuparsi dell'archivio l'aveva guardata quasi con compassione.

"Che gli hai fatto di così brutto da meritarti una pena simile?"
In un primo momento aveva trovato strana la domanda, poi quando Cameron era dovuto uscire fuori di lì per risponde al telefono e il tizio l'aveva accompagnata al fatidico archivio a Mya erano venuti prima i brividi, poi i sudori freddi, la tachicardia e infine era montata la rabbia.
"Questo è l'archivio di Cameron? Questo non è un archivio! Questo è un disastro! Una catastrofe! "

Guardava allibita e inorridita le scaffalature che facevano bella mostra addossate alle pareti dove giacevano fogli sparsi, scatole vuote e altro materiale di dubbia utilità.
"Non è possibile. Non è reale. Sarà una specie di gioco sadico e perverso di quelli a livelli? Non mi spiego altrimenti."
Guardò sconsolata le scatole a terra, alcune aperte, altre vuote, fogli sparsi ovunque.

"Bhe dolcezza buona fortuna. La cara Mildred non mi sembra tanto affidabile come segretaria."
L'uomo pareva realmente dispiaciuto per la sua posizione.
"La ringrazio, signor?"
L'uomo si toccò il berretto con visiera.
"Vincenzo Baglivo signorina, al suo servizio."
"Ohh è italiano?"
"Bhe ho origini italiane ma ormai sono più di cinquant'anni che sono qui."
Mya abbozzò un sorriso benevolo e poi tornò sconsolata a guardare quello che Cameron definiva un archivio.
C'era molto lavoro da fare.
Tanto.
Tantissimo.

"Ok Bamby che te ne pare?"
Cameron fece ritorno poco dopo e il signor Baglivo salutò e andò via.
Mya lo trucidò con lo sguardo.
"Mi prendi in giro? Questo non è un archivio! Questo è un disastro. Tutto dovrebbe essere catalogato, bolle, ricevute, contratti. Tutto in un computer. Questo è.... è......l'apocalisse santo cielo!"
Cameron si rabbuiò.
"Hai accettato a farmi da segretaria. Non è che non sei capace?"

Mai dire a Mya Clark non sei capace.
Quelle tre parole scatenavano in lei uno tsunami e questo significava solo due cose.
Uno avrebbe sistemato quel disastro che lui chiamava archivio.
Due gli avrebbe fatto pagare quel 'non sei capace'.
Sbatté la borsa su un ripiano e tolse la giacca.
Prese una delle scatole e iniziò a scartabellare tutti i documenti al suo interno.

Cameron ghignò soddisfatto e andò via lasciandola sola in quel marasma di documenti da sistemare.
All'ora di pranzo le mandò un tramezzino e un caffè sperando di essere un capo efficiente.
Poi iniziò con il suo giro di appuntamenti e si dimenticò totalmente di Mya.

Alle ventuno Mya aveva scalciato via i tacchi da parecchio, alzato le morbide onde con una matita e sistemato i primi due anni a decorrere dall'apertura dell'azienda.
Si spaventò quando il custode arrivò con la luce tascabile e gliela puntò in viso.
"Chi è lei e cosa sta facendo? Chiamo la polizia non si muova!"
Mya si alzò dal pavimento e spazzò della polvere dal pantalone.

"Mi chiamo Mya Clark e lavoro per Cameron Price e per l'amor di Dio spenga questa luce!"
L'uomo la guardò con sospetto e poi guardò alle sue spalle.
"È sicura che il signor Price sappia che lei sta mettendo mani qui dentro? Io non sono stato avvertito. Chiamo la polizia!"
Mya alzò gli occhi al cielo, doveva capitarle anche il custode fissato con la polizia.
Si avvicinò alla borsa e prese il cellulare, lo sbloccò e lo porse all'uomo.
"Tenga vada alle chiamate, l'ultima è proprio a Price, lo chiami e chieda lei stesso."

L'uomo la guardò titubante e le puntò nuovamente la luce in faccia neanche avesse una pistola.
"Stia nel raggio della luce dove posso vederla. Se il signor Price non risponde chiamo la polizia."
Mya alzò le braccia in aria e poi le sbatté distrutta sui fianchi.
"Senta sono stanca, piena di polvere, ho fame e voglio andare a casa. Cosa crede che possa rubare a Cameron in un...un... chiamiamolo deposito che definirlo archivio ha dell'incredibile!"
Come per una prova evidente che il destino gioca brutti scherzi Cameron non rispose.

Dopo un ora era alla centrale di polizia a spiegare all'ennesimo agente che lei stava lavorando quando il custode aveva chiamato la polizia scambiandola per una eventuale ladra.
"Senta chiami Cameron Price, lui le spiegherà tutto. Io non parlerò più se non in presenza del mio avvocato!"

Quando Cameron arrivò alla centrale aveva l'aria divertita, la cravatta allentata e la camicia impolverata.
"Clark è appena il primo giorno, sei arrivata in ritardo, hai litigato con Mildred, non hai finito di sistemare l'archivio e ti sei per giunta fatta arrestare. Hai qualcosa da dire?"
Mya lo fissò allibita, poi si rivolse all'agente.
"Quanti anni mi danno per un omicidio?"
L'agente le rivolse uno sguardo divertito.
"Bhe dipende signorina, lei era incensurata fino a un ora fa. Ora la sua fedina penale menziona un intrusione in proprietà privata. Se il signor Price non emette denuncia la sua fedina penale torna pulita, in caso contrario studiando tutte le attenuanti del caso..."

Una mano alzata di Mya lo interruppe dal continuare.
"Se mi chiama un taxi io andrei volentieri a casa. Sono stanca e sporca. Non ho fatto niente di cui questo elemento al mio fianco non fosse informato quindi non sono imputabile. Anche io ho studiato qualche cosa riguardo ai diritti."
"Lasci stare agente, la porto io a casa, sa abitiamo insieme."
Lo disse con aria angelica e sottile ironia.
"Fottiti Price, io mi licenzio! Addio!"
Marciò fuori dalla stazione di polizia furiosa senza sentire l'agente che consigliò Cameron di non farsela scappare.

"E dai Bamby aspetta."
Mya era alle prese con il cellulare quasi scarico, decine di messaggi di Luke che voleva sapere che fine avesse fatto e un taxi da chiamare.
"Lasciami in pace Price o giuro su Dio che quello là dentro lo chiamo prima di picchiarti!"
"Ma che ti ho fatto ora? Perché ce l'hai sempre con me?"
La sua faccia angelica fece davvero venire a Mya l'istinto di picchiarlo.
"Togliti dai piedi!"
Gli voltò le spalle e marciò da qualche parte nella notte in cerca di un dannato taxi che la portasse a casa.

Cameron la raggiunse e la fermò per un braccio.
"E dai Bamby andiamo allo stesso indirizzo perché chiamare un taxi. Ti ci porto io a casa."
Mya si trattenne dal colpirlo con la borsa solo perché era davanti alla centrale della polizia.
"Anche stamattina partivamo dal medesimo indirizzo per arrivare nello stesso posto eppure non mi hai aspettato! Ti rendi conto che a volte sei proprio deficiente?"
Se ne stava di fronte a Cameron con le mani alla vita il cipiglio arrabbiato e non si rendeva conto di come Cameron la stesse guardando.

"Tu invece sei sempre bellissima nonostante la polvere."
Lo disse in tono dolce e con l'espressione tranquilla di chi si sentiva calmo e senza colpe.
Mya si passò impacciata una mano sui pantaloni impolverati, era bastato un semplice 'sei bellissima' perché il suo cuore iniziasse a fare evoluzioni nel suo petto.
"Oltre che deficiente sei anche un dannato ruffiano! Ho fame, quel tramezzino era stopposo e il caffè freddo, temo che se vuoi che io non mi licenzi dopo tutto quello che ho passato dovrai come minimo offrirmi la cena."
A Cameron brillarono gli occhi.
"MacDrive?"
Le porse una mano che Mya strinse senza remore.

Anche se si facevano la guerra e i dispetti come due bambini erano legati da un filo indissolubile che gli permetteva di passare su tutto.

Due cuori un martini e una vendettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora