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Era a casa da una settimana e nonostante  fosse in vacanza aveva deciso di  rinfrescare la sua camera.
Quindi aveva chiesto a Jason di smontare tutto e di portare tutte le sue cose sul retro in giardino.
Lì avrebbe deciso cosa tenere e cosa buttare, era cresciuta e quella stanza da adolescente non le si addiceva.
Diede una mano di bianco e poi dipinse la parete dove avrebbe messo il letto di grigio argento.
In attesa che asciugasse la parete uscì in giardino a rovistare tra tutte le cose che Jason aveva portato giù.
"Tieni ti ho portato una limonata fresca. In frigo c'è del pollo se ti viene fame, io tra poco vado."
Jason era diventato infermiere e quel giorno aveva il turno pomeridiano.
Ma come sempre si preoccupava che lei mangiasse a dovere.
"Tranquillo Jas, quando mi verrà fame preparerò qualcosa. A che ora smonti?"
Jason finì di bere la sua limonata e poi guardò gli scatoloni pieni ammassati in giardino.
"Non prima delle dieci e mezza, forse anche dopo. Se hai bisogno di aiuto chiama Cam, tra poco dovrebbe essere di ritorno."
Mya prese entrambi i bicchieri e entrò in casa.
"Non serve disturbare Cameron. Avrà da fare a casa sua. Me la sbrigo da sola."
Jason scoppiò a ridere e le scompigliò i capelli come quando era più piccola.
"Cameron non ha più una casa sciocchina. Non hai capito che ormai abita qui in pianta stabile?"
Mya lo fissò a bocca aperta tirando fuori alcune sillabe sconnesse.
"Co...che ...ma...c..che diamine vuol dire che abita qui in pianta stabile? E i signori Price?"
Jason strinse le spalle e prese lo zaino che portava a lavoro.
"Non esistono più i signori Price. Margareth è in Colombia con il suo nuovo compagno, mentre Carlton è in Italia. Pare che con la vendita della casa, tolta la parte di Cameron e diviso il resto equamente tra i due coniugi, Carlton abbia comprato un appezzamento sulle colline toscane e coltiva Chianti e Montepulciano. Ora però devo scappare che è davvero tardi. Ciao sister ci vediamo stasera."
Le diede un bacio sulla tempia prese una mela al volo dal portafrutta e corse via lasciando Mya con un sacco di domande che le frullavano in testa.
"Chianti? E... Montepulciano? Si sono separati? Ma che.... non è possibile! Cameron non può abitare qui!"
Si lasciò cadere su uno sgabello e prese a sbattere la testa sul ripiano della penisola.
"No, no, no!!! Ma perché questo flagello proprio a me? Ma che avrò mai fatto di male? Non è possibile!"
Entrando in cucina fu così che la trovò Cameron.
"Che ti prende Bamby? Hai deciso di rinnovare anche la cucina a tua madre oltre la tua camera?"
Mya alzò la testa dal bancone e rimase a guardarlo affascinata.
Non aveva mai visto Cameron in giacca e cravatta e dovette ammettere che era davvero, davvero sexy.
"Che c'è hai perso la lingua?"
"Chiamami ancora Bamby e te la strappo la lingua!"
Cameron sogghignò e si avvicinò piano.
"E dimmi come me la strappi a morsi?"
Averlo a pochi centimetri dal viso non era salutare, Mya cercò di allontanarsi ma non aveva calcolato di essere seduta sullo sgabello quindi se non fosse stato per Cameron che la prese al volo sarebbe caduta sbattendo la schiena.
Stare però a stretto contatto con i muscoli delle braccia, i pettorali, e il suo dopobarba era addirittura letale.
"Attenta Bamby non vorrei mai che tu ti faccia male."
E lo disse mentre strofinava il naso sul collo di Mya che deglutì a fatica pregando Dio che non smettesse.
"Credo che tu ora possa lasciarmi, non corro alcun pericolo. Inoltre devo finire di sistemare la mia camera."
Cameron la guardò a lungo negli occhi prima di lasciarla andare a malincuore.
Era sempre stata lì a un passo da lui, cercando di mostrarsi il più invisibile che potesse.
Ma gli era andata sempre male.
Aveva cercato in tutti i modi di togliersela dalla testa, non voleva che tanto i Clark quanto Jason lo reputassero un bastardo.
Ma era stato impossibile.
Inizialmente l'aveva vista come una scocciatura, non era viziata anzi, ma nessuno in casa sua riusciva a non fare di tutto per coccolarla, forse perché sembrava volesse perennemente restare in un angolo dove nessuno l'avrebbe notata.
Era caduto lui stesso nella rete dei suoi occhi ambrati, si ricordava bene quando era successo.
Quella sera c'era la finale del campionato dell'NBA, i Warriors contro i detentori della classifica, i Celtics, e lui come per ogni partita era lì a casa loro.
Ma quella sera davano anche un film che Mya avrebbe tanto voluto vedere, dopo anni che frequentava quella casa, anni passati a ignorarsi a vicenda lei gli rivolse una domanda.
"Cam non potresti portarti mio fratello a casa tua solo per questa sera?"
Glielo aveva chiesto guardandolo dritto negli occhi e usando quel diminuitivo che nessuno aveva mai usato.
"Io bhe ecco...noi...si voglio dire..."
Mya aveva alzato gli occhi al cielo e sbuffando se ne era uscita in giardino.
Cameron l'aveva raggiunta e le si era seduto accanto non capendo neanche lui il perché.
"Non ti piacciono le partite?"
"Le trovo alquanto noiose in realtà. Però le guardo. Solo..."
"Solo?"
E nuovamente puntò quei pozzi d'Ambra nei suoi facendolo sentire un coglione.
"Stasera danno La La Land con Emma Stone e Ryan Gosling e volevo vederlo. Ma non importa."
Detto questo si alzò e entrò in casa prendendo un pacco di biscotti dalla dispensa.
Cameron non la vide più per tutta la sera.
Inutile dire che passò i due giorni successivi su internet a cercare la pellicola del film per potergliela regalare.
Sempre senza riuscire a spiegarsi il motivo di tale azione.
Ma quando si presentò alla porta della cameretta di Mya con la pellicola in mano tutto divenne più chiaro.
Divenne più chiaro nel momento in cui Mya vide la copertina della pellicola e gli saltò al collo stringendolo forte a se per ringraziarlo.
Da quel momento anche lui era diventato un soggiogato da Mya.
Però nel corso degli anni era sempre stato attento a non mostrare niente, anzi faceva di tutto per farla innervosire e farsi odiare.
Sarebbe stato più facile.
I problemi seri in realtà erano iniziati quando lei aveva preso ad andare alle feste con quella specie di amica, amica  che solo dopo avevano capito perché le ronzasse intorno.
In casa e a scuola era sempre anonima, tute enormi, jeans larghi, felpe ingombranti, ma quando doveva andare a una festa sembrava si trasformasse per il solo gusto di farlo arrabbiare.
Top succinti e gonne corte, labbra rosse e quei dannati occhi che rifilava con il nero che lo facevano impazzire mostrandogli qualcosa che lui non avrebbe mai potuto avere.
Ne aveva tallonati di personaggi nel corso degli anni, era stato abbastanza facile in realtà, perché lo vedevano alto, grande, sempre con Jason e subito desistevano dal fare qualsiasi tipo di mossa che prevedesse persino invitarla a bere qualcosa.
Finché qualcosa era cambiato.
In principio erano stati indifferenti, poi lui aveva iniziato a provare qualcosa di più dell'indifferenza e aveva trovato il modo di farsi odiare.
In realtà non è che ci fosse riuscito poi tanto, perché Mya aveva preso ad un certo punto a fissarlo ogni volta che le capitava per poi distogliere lo sguardo appena i loro occhi si incrociavano.
Cercava di mostrarsi ostile ma falliva miseramente quando lo vedeva in compagnia di qualche ragazza.
Poi c'era stata quella maledetta festa.
Quella sera avrebbero festeggiato la fine del college e i loro passi nel mondo dei grandi.
Mya non era stata d'accordo con l'idea di Jason di farla a casa, perché poi toccava sempre a lei pulire.
Sua madre aveva lasciato libertà di scelta a Jason a patto che casa non le venisse distrutta e che Mya non dovesse pulire da sola.
Alla fine i Clark erano andati a un meeting e la casa era rimasta libera per fare festa.
Era stato allora che tutto era cambiato, tutta la situazione si era stravolta.
"Mi stai ascoltando o no? Hai una faccia da ebete!"
Cameron si ridestò dai suoi pensieri e guardò Mya che mangiava dei crakers.
"Scusa ero sovrappensiero, dicevi?"
"Ti ho chiesto come va la tua azienda?"
Effettivamente aveva creato dal nulla un azienda che si occupava di import-export.
Aveva all'attivo circa una ventina di persone e necessitava di un commercialista.
"Va al gonfie vele. Senti un po', non è che ti andrebbe di lavorare per me?"
Mya lo guardò sbigottita.
"Scordatelo!"
Cameron allargò le mani per protestare.
"Andiamo Bamby che ti costa? Tu devi cercare un lavoro, io te lo sto offrendo."
Mya scosse la testa.
Sarebbe stato impossibile lavorare a stretto contatto con lui.
"Perché no? Cristo donna sei impossibile. Dov'è finita la ragazzina dolce e gentile di qualche anno fa? Che ti ha fatto New York?"
Mya lo guardò con odio.
"La ragazzina di qualche anno fa non esiste. Vuoi assumermi? Bene, il mio contratto sarà a tempo indeterminato, voglio le ferie estive e quelle invernali remunerate, l'assicurazione medica e sulla vita, lavoro dal lunedì al venerdì pomeriggio e il mio stipendio sarà non meno di mille e ottocento dollari al mese. Voglio un fondo pensionistico e la libertà di movimento sul mio lavoro. Prendere o lasciare. Il mio curriculum te lo invierò tra quindici giorni perché per adesso sono ancora in ferie!"
Cameron scoppiò a ridere e le porse una mano.
"Affare fatto Bamby. Tra tre settimane ti aspetto nel mio ufficio alle otto e mezza in punto!"
Mya annuì.
Che diavolo aveva fatto?
Doveva stargli lontano il più possibile e invece era andata a stringere un patto con il diavolo in persona.
"Ora già che sei qui e mi stai letteralmente tra i piedi renditi utile. Fuori in giardino ho fatto una cernita di quello da tenere e quello da buttare. Sulla sinistra da tenere, a destra da buttare. Io vado in camera, tu porta su che man mano io sistemo."
Cameron ammiccò mentre si toglieva la cravatta e sbottonava i polsini della camicia per piegarla sulle braccia.
"E io cosa ci guadagno?"
Mya deglutì a vuoto mentre lo guardava fare un gesto così semplice ma sporcamente sexy.
"Che ci gua..guadagni? Ci hai guadagnato una commercialista! Muoviti prima che io ritratti!"
Lo lasciò lì a ridere mentre lei si malediceva per il poco sangue freddo.

Due cuori un martini e una vendettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora