Capitolo 3

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"Odio i miei sorrisi astratti, perché vuoi che ricambi?
Non provarci, so già come danneggiarmi, thanks."

Nitro - Sassi e diamanti

Mi giro di scatto, trovandomi davanti un ragazzo che quando mi volto verso di lui incrocia le braccia al petto, facendo sì che la sua maglietta blu con le maniche tagliate si alzi leggermente. Dei capelli marroni scuri gli cadono sulla fronte, bagnandoli con il sudore. Che ci fa un ragazzo solo in uno spogliatoio? Mi si avvicina impercettibilmente e io faccio dei passi indietro. Si ferma.

-Una matricola, eh?- Mi fissa allungando il collo verso di me, mentre io mi aggrappo con le mani al bordo del lavandino.

-È così evidente?- Dico sottovoce, quasi per dare vita ai miei pensieri inespressi e alzando gli occhi al cielo. Si beh, il carattere ce l'ho. Tutti mi vedono come una piccola ragazza indifesa, con le felpe oversize, capelli dritti come spaghetti, con lo sguardo basso e la musica nelle orecchie, ma questo non vuol dire che sono senza carattere. Il cervello ce l'hanno tutti; non vedo perché tutti non possano usarlo.

-Si, piccola.- Si avvicina ancora con fare intimidatorio, come se volesse qualcosa da me.

-Splendido...- Borbotto io addossandomi ancora di più al lavandino.

Lui intanto si avvicina sempre di più, ad ogni suo passo i nostri corpi arrivano ad avvicinarsi l'uno dall'altro.
Spalanco gli occhi quando sento due mani avvolgermi i fianchi, delle lunghe e magre dita affusolate si aggrappano la mia felpa. Scendendo lentamente, mi tira su la felpa, affondando le sue magre dita nella mia pelle. Sono fredde.

-Che vuoi fare?- Sibilo con un ringhio. Ho paura. Cosa vuole da me?

Le sue mani viaggiano lentamente lungo la parte bassa della mia schiena, provocandomi innumerevoli e fastidiosi brividi. Mi spinge contro il lavandino unendo con una spinta i nostri bacini, così che io possa sentire la sua erezione attraverso i pantaloncini di basket. A quell'azione mi ritraggo sul posto sussurrando un gemito subito soffocato da me stessa. Lui se ne accorge comunque e prende a fare dei dolci movimenti con il bacino, sempre più schiacciati in basso.
Le sue mani ora salgono lungo la mia spina dorsale, a volte tirando e a volte attorcigliando un dito sulla fascia del reggiseno. Continua a giocare con il gancetto del mio reggiseno, minacciando di slacciarlo.

Faccio pressione con le mie mani sul suo petto per allontanarlo dato che, se indietreggio io, finisco col culo nel lavandino.

Lui non ci bada, afferra le mie cosce con le sue grandi mani, contro il mio volere, e se le avvolge attorno al bacino mettendomi seduta sul bordo del servizio igienico. Continuo a cercare il modo per liberarmi da lui; le mie mani continuano a spingergli indietro il petto, con tutta la poca forza che ho. Si intrufola dentro le mie gambe facendo si che i movimenti circolari centrino il mio punto più sensibile.

Sono completamente trasportata da quei movimenti, ma non voglio, non lo voglio e basta. Odio la maggior parte dei contatti fisici, non mi piace che le persone mi avvolgono negli abbracci o mi bacino, da una sensazione fastidiosa sulla mia pelle lattea.

Lui inizia a mordicchiarmi il lobo dell'orecchio -Voglio solo divertirmi piccola.- Mi sussurra infine, per poi dare un morsetto al mio collo. Lo detesto, giuro lo detesto.

-Stronzo!- Grido con tutta me stessa e finalmente trovo il metodo per allontanarlo e anche un po' di coraggio che mi mancava, divincolandomi dalla sua stretta e assestandogli un ceffone in pieno viso.

Salto giù dal freddo lavandino e mi avvio verso l'uscita correndo. L'aria fresca mi accoglie congelandomi il viso accaldato, a ogni mio passo il respiro aumenta, così come la voglia di tornare là dentro e di prendere a calci nelle palle quel coglione. Ma non lo farò per pietà delle mie scarpe. Il paesaggio mi pare sempre lo stesso finché non adocchio il mio dormitorio e mi avvio più lentamente verso di esso.

Respiro pesantemente e sbuffo aria condensata dalle narici: questo incontro mi ha rovinato la giornata.

Rimetto dietro l'orecchio una ciocca dei miei lunghi capelli scuri e mi sistemo il colletto del cappotto alzandolo per proteggere il collo. Fa veramente freddo qui fuori.

Finalmente entro nell'istituto e mi ritrovo la mia stanza, estraendo le chiavi ed infilandole nella toppa, aprendo così la porta. Faccio un paio di inutili tentativi prima di riuscire ad aprire la porta. Vedo subito con mia grande gioia che la mia compagna di stanza/troia se ne è andata a scopare da un'altra parte. Forse ha capito che questo non è un posto adatto ai bordelli se vogliono un po' di pace.
Ma fottesega, se vuole farsi sfondare qui non c'è problema, solo che poi divento la responsabile di un omicidio e non va bene.

Mi levo il vecchio cappotto buttandolo per terra e mi buttandomi a peso morto sul letto; abbraccio il cuscino e noto che qualche goccia sta scendendo dal cielo, provocando un ticchettio sul vetro della finestra. Amo la pioggia per la sua fragilità, del fatto che ogni piccola goccia non sarebbe nulla senza le altre, più o meno così funziona tutto. Mi calma e mi rilassa, anche dopo una giornata come questa.

Quell'idillio va aumentando suscitandomi un gran sonno, che non tarda ad arrivare.

ECCOCI.
Direi che quattro giorni d'attesa è sopportabile. Il primo incontro uuuuuhhh. Questo capitolo è un poco più corto degli altri ma beh dai almeno succede something. Oggi ho fatto lo scritto di italiano thanks to god. Lunedì spagnolo y vamos así. Ora sono stanca quindi SURREALPOWER È DI PADOVA E IO SONO DI VENEZIA. FANCULO.

Black Swan || Lorenzo OstuniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora