18.Roma

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<<Ehwww>> esclamò Simone rientrando in fretta e furia dal finestrino della carrozza da cui si era sporto alla vista del profilo fantasmagorico della loro meta <<Ma che è questo tanfo? Si sentirebbe a 25 leghe di distanza>>.

Manuel lo guardò sorridendo mentre tentava di trovare una posizione comoda all'interno dell'abitacolo nel quale il nobile lo aveva costretto ad entrare quando erano ripartiti da Venezia per svolgere quel ruolo di ambasceria seguendo gli ordini del Doge. La loro era stata una toccata e fuga, letterlamente il tempo di mostrare agli abitanti della casa che Manuel era perfettamente guarito e che Simone stava bene nonostante la prolungata assenza, dopodiché erano ripartiti alla volta della terraferma per unirsi alla comitiva di patrizi diretta alla corte del Papa.

Da allora in poi il viaggio era proseguito liscio e, nonostante lui trovasse quel mezzo estremamente curioso, erano giunti a Roma nei tempi previsti e senza incontrare ostacoli lungo la via.

<<Benvenuto a Roma Simone Agostino Barbarigo-Balestra>> gli disse allargando la curva delle sue labbra alla vista della faccia del nobile al suo secondo nome <<Questa è l'essenza principale. Se gradisci l'abbiamo anche nelle varianti sudore e cloaca>>.

<<E come fate ad essere ancora vivi?>> gli domandò sconvolto mentre si levava per trovare il modo di assicurarsi che neppure una zaffata di quel tanfo riuscisse ad entrare nella carrozza, incurvandosi perché il soffitto risultava troppo alto per uno delle sue dimensioni.

<<Ci abituiamo>> gli rispose, non sapendo bene come fargli capire che quel tanfo, per quanto pestilenziale, per lui era sinonimo di casa, di familiarità, come per lui lo era quello del mare e dei suoi flutti che spirava nel vento che attraversava Venezia all'alba di ogni nuovo giorno <<Come voi vi abituate all'odore del mare. Dopo un po' non ci si pensa più>>.

<<Ma non è sano!>> esclamò orripilato, il brulicante formicaio che Roma era che rappresentava l'antitesi perfetta di tutte le sue idee e le sue fisime ossessive sull'oridine e sulla pulizia.

<<Guarda che devi ringraziare proprio quella sporcizia se io sono cresciuto abbastanza forte da soprivvere alla peste. Se non mi ha ammazzato le condizioni igieniche di Roma dubito possa farlo altro di diverso dalla lama del boia>>.

Simone rimase interdetto, fissandolo senza parole mentre il sorriso sul volto di Manuel diventava talmente ampio da rasentare una smorfia per essere riuscito per la prima volta da quando lo conosceva a lasciarlo senza parole.

Fu solo un attimo però, perché la carrozza dovette incappare in un sasso sul percorso e sobbalzò malamente, facendo battere a Simone la testa sul tettuccio e facendoglielo ricadere seduto fra le gambe, le braccia che si chiusero in fretta per recuperarlo.

<<Fatto male?>> domandò guardandolo negli occhi, finalmente trovandosi ad un'altezza pari fra loro.

<<Un pochino>> rispose il nobile tastandosi la testa <<Però l'atterraggio è stato perfetto>>.

<<Non ti ci abituare Barbarigo>> sogghignò l'attendente <<Non ci sarò sempre io a riprenderti>>.

<<Ah no?>> rimandò al mittente l'altro, usando tutto il suo peso per incastrare il maggiore in un angolo, praticamente sdraiandosi su di lui <<E dove pensi di andare si può sapere?>>.

Manuel rise e poggiò le labbra sulle sue, battendolo sul tempo prima che avesse modo di farlo lui, legandoli di nuovo per qualche secondo l'uno all'altro mediante la danza delle lingue prima di interromperlo e tornare serio.

<<Lo sai vero che questa deve essere l'ultima volta vero?>>.

Simone sbattè gli occhi confuso <<Cosa? Perché?>>.

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