3. Il supplizio di Tantalo

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2 mesi e 23 giorni dopo quel loro primo incontro Manuel era al culmine dell'esasperazione, intrappolato in un'ordalia in cui lui stesso si era ficcato, un vicolo cieco pieno di lame arroventate da cui non sapeva più come uscire, il degno castigo che Dio gli aveva inflitto per aver giocato con la vita degli altri e aver sfidato il suo ordine esplorando gli oceani delle conoscenze oscure e i segreti della morte, che solo a lui dovevano essere noti, assieme a Giulia.

In quel momento, in quel palazzo nobiliare, si sentiva metafora della condizione umana sulla terra, di un'umanità intera che era caduta dalle grazie dell'Onnipotente precipitando dall'Eden di pace alla Terra piena di sofferenza.

E tutto questo a causa di un solo uomo.
La sola differenza era che il suo uomo non si chiamava Adamo e non era stato plasmato dalla terra primordiale, ma era nato dal ventre di una donna e si chiamava Simone, un ragazzino aristocratico che aveva scelto obtorto collo di servire

Già sei giorni dopo il suo arrivo a casa Barbarigo Manuel credeva di aver capito per quale ragione nessun servitore fosse rimasto in carica troppo a lungo.

Simone Barbarigo, o Messer Barbarigo-Balestra come pretendeva di essere chiamato per ragioni a lui ignote, era probabilmente l'essere più odioso mai comparso sulla terra a memoria d'uomo e, senza ombra di dubbio, a memoria sua.
Era il classico rampollo viziato dell'aristocrazia, una sorta di perfettone tutto parole ampollose e zero fatti che pretendeva che ogni cosa venisse fatta come la richiedeva esattamente quando la richiedeva. E pretendeva anche che ciò avvenisse in fretta, anche quando era materialmente impossibile che ciò avvenisse.

Come se non bastasse aveva tutta una serie di fisime particolari che, se stato fosse cresciuto dalle stesse religiose che avevano cresciuto lui, gli avrebbero fruttato solo ginocchia spaccate dalle tante lunghe ore di penitenza a contemplare vecchi dipinti di madonne e santi annerirsi per via del fumo delle candele.
Che poi alcune di quelle manie lui le capiva pure: l'ossessione irrazionale che aveva per l'igiene e per l'odore era una cosa anche troppo ovvia per uno a cui la peste aveva sottratto la quasi totalità della famiglia e, anche se Manuel non era cresciuto in quello che poteva definirsi un ambiente pulito, anche lui era disposto a fare un sacrificio se serviva ad evitare che la morte tornasse a mietere anime fra le mura di quel palazzo.

Ma c'erano almeno tre cose su cui Manuel non era disposto a trattare e per cui non poteva fare altro che ingollare rospi ogni volta, come l'insana ossessione per l'ordine che aveva quel ragazzo, roba che risistemare una sedia mezzo piede più a destra lo mandava fuori dalla grazia di Dio, o l'innaturale tendenza a fare domande di ogni sorta e pretendere che gli venisse risposto.
Pure se una risposta non c'era.
Pure se non aveva modo di saperla.
Infine c'era quel suo contorto modo di osservarlo ogni volta che si muoveva per la stanza, un misto fra la superiorità e la fame che Manuel non sapeva spiegarsi ma che lo faceva sentire come avrebbe potuto sentirsi una forma di formaggio in uno scantinato ripieno di topi.
Quella, in definitiva, era la cosa che più odiava del suo padrone, perché lo faceva sentire costantemente sotto un esame che non verteva esattamente sulle sue competenze lavorative ma piuttosto su come sua madre lo aveva fatto, e la odiava semplicemente perché anche lui avrebbe voluto fare lo stesso, anche a lui quel nobile ragazzetto sortiva un certo effetto, ma non poteva darlo a vedere.

Il primo giorno era stato forse il peggiore di tutti, perché quando si era presentato di buon mattino a svegliarlo per portargli la colazione lo aveva trovato già sveglio, a braccia conserte sul letto, con sguardo accusatorio e già pronto a fargli il primo rimprovero.

Inutili erano stati i suoi tentativi di dirgli che aveva inteso svegliarlo con la colazione già pronta così che potesse gustarsela con comodità mentre lui preparava il bacile necessario alle abluzioni mattutine e l'abbigliamento per la giornata. Per il giovane Barbarigo-Balestra le cose non dovevano essere fatte a questa maniera ma seguendo un ordine inverso, uno secondo cui lui avrebbe dovuto svegliarsi all'alba, preparare il necessario alla toletta e alla vestizione mentre ancora lui dormiva e facendo ovviamente attenzione a non disturbarlo, scendere nelle cucine per mangiare lui stesso, risalire per svegliarlo e poi scendere nuovamente a prendere la colazione e solo allora la mattinata avrebbe potuto cominciare.

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