25. Cerchi spezzati e scudi di carta

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<<Voi siete Marta Bengi madama, non è così?>> fu la domanda che il reverendo Urveda rivolse alla donna non appena ebbe preso posto sulla seduta destinata ai testimoni.

Manuel non poteva credere ai suoi occhi né credere alle sue orecchie, perché la sua testa rifiutava di accettare l'idea che proprio lei fosse tornata indietro a cercarlo dal suo passato, che proprio quella donna Urveda fosse andato a richiamare dalle brume dei suoi ricordi per ottenere il risultato che esigeva ottenere.

Di tutte le donne che aveva incontrato nella sua vita, di tutte le persone che avevano incrociato il suo percorso, quella donna dai riccioli carota e le lentiggini sul volto che avrebbe potuto somigliare fisicamente alla giunonica Cecilia se non fosse stato per i fianchi sottili, era l'ultima che avrebbe voluto rivedere perché sapeva, sapeva che lei era l'unico mattone malfatto nel castello di bugie che fino ad allora lo aveva protetto, lei che aveva tutti i motivi del mondo per odiarlo, lei che aveva usato per i suoi scopi facendo leva sull'amore che nutriva per lui solo per realizzare i suoi scopi e gettarla via come uno straccio logoro il secondo successivo.

Prima acora che l'interrogatorio avesse inizio già sapeva d'essere spacciato e sedette sconsolato a braccia molli mentre ascoltava il suo destino che si compiva inesorabile e la conseguenza delle sue colpe che gli pioveva addosso come l'ascia del boia che lo avrebbe atteso quando fosse finita.

<<Si padre, sono io>> rispose con voce traballante, messa in soggezione dall'arcigno prelato albino.

<<E prima di trovare lavoro a Rovigo eravate la cuoca della Famiglia Avanzago, è corretto?>>.

<<Si, lo è>>.

<<E avete lavorato per loro per quanti anni?>>.

<<24>> rispose <<Ho cominciato a lavorare come domestica nel palazzo quando ne avevo 16 e sono passata poi alle cucine due anni dopo. Da allora ho sempre lavorato come loro cuoca>>.

<<E vi trovate bene?>>.

<<Vostri Onori vi prego di porre fine a questa farsa>> intervenne il suo legale levandosi in piedi per richiamare l'attenzione dei sei giudici <<Ci è stata promessa una dichiarazione fondamentale per importanza e invece l'accusa ci porta di fronte un testimone cui pone domande inutili ai nostri fini>>.

<<Cercavo solo di definire il contesto nel quale ci muoviamo e presentare alla giuria la testimone Vostri Onori. Adesso arriverò a domandare più sul merito>>.

<<Obiezione respinta avogador. La prego di andare avanti reverendo, ma in fretta>>.

<<Madama Bengi, volete chiarire alla corte la ragione per cui ci avete messo tanto a decidervi a testimoniare?>>.

<<Non avevo notizie di questo processo a Rovigo e le mie attuali condizioni non mi consentono di muovermi troppo rapidamente e senza scomodità>> rispose la donna, portandosi ambo le mani sul ventre pingue.

Manuel sbiancò, sentendo le forze abbandonarlo all'improvviso al punto che, se non fosse già stato seduto, si sarebbe afflosciato a terra in quel momento come un albero cui erano state recise le radici.

"Non può essere mio. Non è possibile che lo sia, ci sono stato attento" pensò mentre teneva lo sguardo incollato su quelle mani e sul ventre sotto di loro, notando solo con la coda dell'occhio lo sguardo preoccuparo di Simone su di sé.

Realizzò in quel momento che gli aveva taciuto il come era effettivamente riuscito ad avvelenare Bartolomeo Avanzago, tenendo per sé il particolare che riguardava un tavolino, dei gemiti e fin troppi graffi sulla schiena.

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