24. I piombi

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Per tutto il tempo che seguì quella scoperta inattesa Manuel si scervellò per tentare di capire che cosa fosse accaduto e perché si trovasse in quella situazione.
Aveva provato a pensarci, si era scervellato per tentare di capire per quale ragione Adelaide fosse arrivata a tanto ma non lo riusciva a comprendere né, d'altro canto, riusciva a liberarsi dalla sensazione che ci fosse dell'altro, che con la sua azione la ragazza non intendesse metterlo nei guai ma raggiungere un obiettivo diverso che, come l'eco di un suono lontano, continuava a sfuggirgli non appena si era convinto di essere risucito ad afferrarlo.

Era certo solo di una cosa: Adelaide non aveva alcunché di reale da guadagnare da una sua eliminazione dalla scena a quelle condizioni, perché Simone ci avrebbe impiegato grossomodo tre secondi per riavvolgere il filo e risalire alla mano che aveva spedito Marianna Alteverri a confidare il suo segreto alla Santa Inquisizione e, in conseguenza di ciò, la sua condizione sarebbe stata irrimediabilmente compromessa agli occhi del corvino. E lui sapeva che Adelaide non poteva essere stata così stupida, soprattutto perché aveva dimostrato di non farsi troppo scrupoli nel far ammazzare qualcuno per cui non aveva senso esporsi a quella maniera.

Rimaneva tuttavia un mistero il perché avesse deciso proprio in quel momento di fare quella mossa e in lui aveva iniziato a farsi strada la brutta sensazione di essere finito nel bel mezzo di un gioco a tre nel quale lui stava nel mezzo e ai due contendenti iniziali, il reverendo Urveda per l'Inquisizione e Alessandro Dolfin per Simone, si fosse aggiunta all'ultimo anche Adelaide, inondando la scacchiera di altri 16 nuovi pezzi e scatenando un pandemonio fra le cui opposte forze lui si sarebbe trovato tosto stritolato.

L'aspetto peggiore era che, di fronte a quel gioco, lui era pressoché impotente e non poteva agire di propria iniziativa, lui che per 18 lunghissimi anni aveva sempre contato solo su sé stesso, perché la partita si giocava a piani troppo alti per la sua comprensione e lui si trovava nella spiacevole condizione di un pedone di fronte alla regina avversaria.

L'aspetto positivo, invece, era che da quando padre Urveda aveva ricevuto l'informazione circa l'Acqua Tofana aveva cessato di torturarlo fisicamente e si era limitato a lasciarlo languire in quella cella ribollente, venendo di tanto in tanto a rammentargli di confessare per poter uscire, cosa che lui sistematicamente si rifiutava di fare. Del resto i Piombi, nonostante la loro nomea non propriamente positiva, non erano neppure il peggiore dei posti dove poteva essere rinchiuso, non dopo aver visto la cella affacciata sul pozzo delle torture: erano ampi, spaziosi e, soprattutto, silenziosi, così che i prigionieri non venivano privati del sonno a mezzo delle urla dei propri compagni che venivano seviziati in attesa di cedere il turno a coloro che sarebbero venuti dopo a sedersi sul cavalletto delle torture. Se non fosse stato per il calore asfissiante avrebbe anche potuto stringere i denti e farsela andare bene nell'attesa che qualcuno lo liberasse, sebbene padre Urveda controllasse scrupolosamente ogni suo contatto con l'esterno e gli impedisse di ricevere quelle visite che invece gli altri pochi detenuti detenevano, un modo come un altro che il gesuita impiegava per rammentargli che quello era il mondo privilegiato dei nobili e lui ne faceva parte solo per sua gentile concessione.

Era forse questa la cosa che soffriva di più di tutta quella situazione, il vedere che tutti gli altri potevano rivedere i loro cari mentre lui era confinato nella sua cella con la sola compagnia di Urveda e dei suoi carcerieri che non si mostravano mai in volto. Quando il prete gli aveva detto che in quelle prigioni c'era quella possibilità il suo cuore aveva fatto la capriola e aveva preso a battere più forte al pensiero che avrebbe potuto rivedere Simone, stringere di nuovo la sua mano per sentirsi dire che sarebbe andato tutto bene e che lo avrebbe tirato fuori di lì, che se anche comprendeva che sarebbe stato indicibilmente pericoloso Manuel era certo che il suo Simone quel rischio lo avrebbe corso per lui. Per loro.

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