7.

12 0 0
                                    

Eleganti linee nere erano le uniche tracce lasciate da una piuma d'oca su un vecchio foglio ingiallito. Una ragazza dalle mani curate e le unghie colorate di grigio perlato si chiudevano troppo forte intorno a quella misera penna, fino a spezzarla.
La ragazza sospirò. Un sospiro di frustrazione.

Posò la penna rotta. Si alzò. La scena si allontanò mostrando una piccola stanza in penombra e una figura che si muoveva nell'ombra. Apriva un cassetto, prendeva un'altra penna, tornava al posto di prima.
Il foglio era diventato di un bluastro ambiguo. Ma la penna continuava a muoversi a velocemente.

Il naso mi dava fastidio. C'era qualcosa che mi faceva venire voglia di starnutire, ma poi passò. Presi un respiro profondo e cercai di addormentarmi di nuovo, ma ecco di nuovo la voglia di starnutire, qualcosa che mi toccava il naso seguito da un miagolio.

Aprì lentamente gli occhi e mi ritrovai gli occhi di Dinco davanti alla mia faccia.

«Dinco?» Mormorai assonnata.

Lui in risposta miagolò.
Iniziò a muovere le zampe e fare la pasta, allungai una mano e lo accarezzai, lui spinse la testa contro la mia mano e sorrisi. Questo si che era un risveglio.

Mi alzai e allungai le braccia per stiracchiarmi quando la penna d'oca e il foglio giallo mi tornarono in mente.
Le unghia grigie le avevo già viste, ma non ricordavo dove.

Era un sogno? O un ricordo? A volte erano entrambi.

Mi feci una coda, i capelli stavano diventando decisamente troppo lunghi per i miei gusti.

Scesi giù e trovai mio padre davanti alla TV, come al solito.

«Buongiorno» Dissi, ma non diede segno di sentirmi, così mi avvicinai.

Dormiva con la bocca aperta sprofondato nel divano.
Alzai gli occhi al cielo. Chissà quanto tempo è stato davanti alla TV! Ormai non fa altro che stare lì.

Entrai in cucina e finalmente feci la mia semplice colazione: una tazza di latte e biscotti al cioccolato.
Non ero solita fare la colazione, di solito mangiavo qualcosa fuori. Ricordo quando ero molto più piccola e la mamma mi preparava il latte e me lo portava a letto quando stavo male.
Erano bei ricordi quelli.

Mangiai i biscotti mentre Dinco mi saliva in braccio, sempre con le fusa. Gli accarezzai il manto nero. Era così morbido!

Per tutto il resto del giorno non feci altro che pensare a quel sogno, a quelle unghia e a quelle parole. Le ricordavo abbastanza bene.

Poco dopo le due di pomeriggio il mio telefono squillò: era Lein, mi chiedeva di incontrarci.

Mi misi i primi vestiti che trovai e uscì. Lien mi aspettava poco lontano dal bar.

Era appoggiata al muro, braccia conserte e lo sguardo lontano. Guardava di fronte a sé, ma sembrava immersa nei suoi pensieri.

Mi avvicinai e poco dopo lei si voltò verso di me. La sua espressione seria si sciolse in un grande sorriso.

«Berenice ciao! Sono davvero felice di rivederti»

Mi abbracciò di scatto e mi lasciò un bacio sulla guancia.

«Mi sei mancata» confessò quando si allontanò.

La guardai confusa. «Ma ci siamo viste poco tempo fa»

«Lo so, mi sei mancata lo stesso»

Annuì leggermente e lei continuò a sorridere, poi si voltò verso sinistra e prese un sacchetto che era per terra. Non l'avevo notato prima.
Dal sacchetto nocciola uscì un Milkshake.

«Tieni. Questo l'ho fatto io. Dimmi com'è»

Io lo presi osservandolo e lo bevvi. Aveva il solito sapore. Sorrisi leggermente e annuì. «È davvero buono»

«Sono felice di questo. Ero davvero in ansia quando ho iniziato, ma mi sto abituando, è davvero bello lavorare qui, non vedo l'ora che torni!»

«Non vedo l'ora anch'io»

Il mio sguardo cadde sulle sue mani, sulle unghia e mi irrigidì.
Ecco dove le avevo già viste.
Le sue unghia erano di un brillante grigio perlato.

Lien, notando la mia improvvisa irrigidita aggrottò le sopracciglia e mi chiese: «Va tutti bene? Effetti collaterali del milkshake?»

Ridacchiai cercando di apparire naturale.
«No, va tutto bene, ho solo... Fatto un brutto sogno»

Mi guardò incuriosita.
«Davvero? Di che tipo?»

«C'eri tu e... Non so, stavi scrivendo una lettera in una stanza»

«Una lettera?» Aveva ancora il sorriso sulle labbra, ma il tono era più serio.
Io annuì.

Lei rise. Ma sembrava una risata parecchio finta. «Non ho mai scritto una lettera, però che bello che mi hai sognata. E comunque perché era un brutto sogno? Stavo solo scrivendo una lettera»

«Era una lettera di addio, volevi ucciderti»

Lien spostò lo sguardo dal mio, guardò di nuovo di fronte a sé. Il sorriso ancora sulle labbra rosse.

«Una lettera d'addio» tornò a guardarmi «Io non scriverei mai una lettera d'addio»

«Spero che non cercherai mai neanche di ucciderti»

«Certo che no» Si toccò i capelli raggruppandoli come se dovesse fare una coda per poi lasciarli stare.

«Devo tornare ora. Cerca di non fare più incubi su di me per favore»

Aveva ancora il sorriso in faccia, mi lasciò un altro bacio sulla guancia e poi si alzò per andarsene.

Rimasi su quella panchina con ancora il milkshake di Lein in una mano, ne bevvi ancora un sorso.
Aveva un retrogusto amaro, un po' strano, ma non era male. Lo finì tutto poi mi incamminai per tornare a casa.

Alzai gli occhi e vidi delle nuvole nere nel cielo, iniziò a piovere. Ben presto mi ritrovai completamente bagnata.

Cercai di camminare sotto i balconi, ma non ce n'erano abbastanza.
Feci un respiro profondo e corsi sotto l'acqua, ero arrivata quasi a casa quando vidi una figura lontana da me, sotto la pioggia. Mi avvicinai e capi che le figure erano due, una alta e l'altra più piccola.

Solo quando mi avvicinai ancora capii che quella era Amélie e l'altra ragazza Lien.

The Flowers of PurityDove le storie prendono vita. Scoprilo ora