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Quando arrivai a casa, esausta mentalmente e fisicamente, mi diressi subito verso la mia camera, pronta a buttarmi sopra il mio caro letto.

Avevo ventidue anni e vivevo ancora con i miei genitori.
Odiavo questa cosa.

Il problema erano sempre stati i soldi. Le case non costavano poco e i soldi che aveva la mia famiglia erano molto pochi.
Mia madre lavorava, mio padre aveva perso il lavoro da poco e stava tutto il giorno a casa, senza trovare nulla di meglio da fare.
Diceva di essere depresso quando, in realtà, non aveva voglia di lavorare.

E come facevo a saperlo io? Ovviamente avevo i miei metodi.

Mi sarei anche buttata sul letto se solo non avessi sentito mio padre gridare dalla sala da pranzo.

«Berenice? Syl? Chi è?»

Mia madre si chiamava Sylvie e lavorava in un supermercato. Tornava sempre più tardi di me, e lui lo sapeva, quindi, perché cavolo lo chiedeva?

«Sono io, papà» chiarii, prima di andare verso la mia stanza.

Mi stesi sul letto, senza pensare al fatto di essere ancora vestita o truccata. Volevo solo dormire.

Ma, purtroppo, aprii gli occhi dal momento che sentì qualcosa di soffice toccarmi il collo, e poi un peso sull'addome.

Sopra il mio stomaco, comodamente disteso, c'era il mio gatto.

Allungai una mano e lo accarezzai.
«Ma ciao.»

Lui si strofinò contro la mia mano, iniziando a fare le fusa.

Si chiamava Dinco, aveva un anno ed era tutto nero.
Una piccola palla di pelo nera.

Mio padre però credeva che portasse sfortuna, quindi non poteva neanche vedere, lo odiava, ma mia madre lo adorava, come la sottoscritta, quindi abbiamo deciso di tenerlo.

Miagolò e si strofinò ancora. Aprì di scatto gli occhi, fissandomi nelle pupille verticali.

Niente. Assolutamente niente.

Più di una volta avevo provato a usare il mio dono sugli animali, ma non funzionava, forse perché loro pensano in un modo diverso.

Non ero mai riuscita a capire perché avessi proprio questo dono, proprio io.
Mia nonna non me l'ha mai spiegato.
In famiglia solo mia nonna aveva un dono simile, me l'ha trasmesso, mi ha aiutato a usarlo nel modo giusto, e non posso che esserle grata per questo.

Ma non mi ha mai spiegato nulla, ed è ovvio che sia terribilmente curiosa di saperne di più.

Mi piacerebbe sapere se, oltre a me e mia nonna, c'era qualcun altro come noi.
Oppure, come mai aveva saltato mamma ed era direttamente arrivato a me.

Forse non l'avrei scoperto mai. Certe volte è meglio non scoprire.
Certe volte è molto meglio celarsi dietro quel velo di bugia.

Spostai Dinco, che mi guardò contrariato, e mi alzai dal letto.

Nonostante stessi morendo dal sonno, avevo anche fame, al bar non avevo avuto il tempo di mangiare.
Troppe persone, decisamente.

Tirai le tende bianche in modo che nessuno potesse vedere.
In realtà, vivevo in un posto quasi abbandonato, poiché le case che avevamo vicino erano vuote, per il momento almeno.
E visto che comunque non era una grande zona di passaggio chi mai avrebbe doveva curiosare dalla mia finestra?
Probabilmente nessuno, probabilmente ero solo paranoica.

Accarezzai le pareti colorate di un azzurro acceso e Dinco tornò a strofinarsi contro la mia gamba.

Voleva le coccole ed era così testardo!

The Flowers of PurityDove le storie prendono vita. Scoprilo ora