Nero.
Questo era l'unico colore che vedevo se chiudevo le palpebre.Mi trovavo sul letto con gli occhi chiusi. Vedevo solo nero ma se li avessi aperti non sarebbe cambiato granché.
Era notte, credo. Non potevo esserne sicura. Probabilmente ero svenuta qualche ora prima.
O forse non ero svenuta, forse mi sentivo solo debole e la vista era sfocata.Il letto era spoglio. C'era solo un lenzuolo bianco. Niente cuscino, niente coperte nonostante il freddo. Come avrei potuto dormire?
Quando decisi di aprire gli occhi la stanza era illuminata dal timido sole dell'alba. Sopra di me vedevo bianco. Il soffitto era bianco anche se le mure delle pareti erano grigie.
La porta si aprì, o almeno così mi sembrò, sentì qualcuno imprecare, probabilmente per il vassoio di cibo andato a male davanti alla porta.«Berenice? Ber mi senti?»
Conoscevo quella voce.
Stavo iniziando a fidarmi di quella voce.
Avrei voluto risponderle, ma era troppo difficile, ero così stanca.
Quindi, alla fine mi abbandonai alle tenebre.Quando mi risvegliai ero ancora nel mio letto e accanto a me, seduta su una sedia, c'era Lien.
Stava guardando il telefono quindi non si era accorta di me, ma devo aver fatto qualche rumore perché alzò gli occhi scuri e mi guardò con un tono di disapprovazione.
«Volevi lasciarti morire di fame? Cos'è? Uno sciopero?» Chiese alzando un sopracciglio. «Sappi che non ti porterà da nessuna parte»
Si abbassò per prendere qualcosa e mi posò un vassoio sopra lo stomaco.
«Vedi questo?» Indicò il vassoio con aria di superiorità. «Frutta, verdure, c'è anche un hamburger, magari la prossima volta avrai delle patatine fritte, chi lo sa»
Mi sentivo un po' meglio in confronto a prima quindi riuscì a sedermi senza fare cadere quel vassoio.
«Lien dove mi hai portata?» Chiesi a denti stretti.
Lei sorrise. «Casa» Sussurrò. «Ti ho portata a casa.»
«No, questa non è casa mia. La mia vera casa è a Lewis e tu lo sai, Lien questa situazione non mi piace»
«Oh, neanche a me. Dico davvero, ho odiato questa situazione. Per favore devi mangiare»
«Tu mi devi dire da chi mi hai portata» Ripetei a denti stretti.
Mi sentivo come un animale in trappola.«Ti ho portato da delle persone. Non preoccuparti, non ti faranno male»
«Le persone che hanno preso Amélie? È da queste persone che mi hai portato??»
Lien guardò la parete di fronte evitando i miei occhi, prese un grande respiro e tornò a guardarmi.
«Devi solo fidarti di me»
«Ma come posso fidarmi di te? Come posso farlo? Mi hai rapita»
«Era la cosa giusta da fare Berenice. Ora cerca di calmarti e fare quello che ti diciamo»
«Non fare proprio un bel niente finché non avrò della risposte!»
Lei sbuffò, si pizzicò la base del naso e inspirò.
«Perche» Sussurrò. Abbassò la mano e mi guardò dritta negli occhi e posso giurare che non avevo mai visto un tale odio. «Perche non puoi semplicemente fidarti di me!?»Con un sobbalzo mi tirai indietro all'istante. Aveva quasi urlato a denti stretti quelle parole e non l'avevo mai vista in questo stato. Aveva momentaneamente perso il controllo e mi faceva paura.
Ma forse era stata una cosa buona perché quando inchiodò i suoi occhi nei miei riuscii finalmente a vedere.
Le mani blu ciano di Lien sono strette intorno al pugnale come se fosse la sua ancora. La lama manda una sfavillio rosso sangue illuminandosi momentaneamente come se fosse fatta di rubino.
Le mani si muovono in avanti e il pugnale entra nel petto di qualcuno, ma la lama rimane incastrata.
Delle lieve fiamme scarlatte si accendono intorno a loro, ma spariscono subito, appassite come un fiore morto.Braci violacee cadono dal cielo nero. Le urla spezzano il silenzio come un tuono. Una casa brucia, le fiamme color carminio la stanno divorando. Non rimarrà nulla.
Un forte dolore alla guancia mi fa tornare al presente.
Lien è davanti a me. Infuriata quasi quanto prima anche se cerca di nasconderlo.«O mangi» sussurrò fredda e minacciosa «o l'organizzazione ucciderà la tua famiglia»
Un brivido di terrore mi passò per la schiena.
«E, come forse avrai notato, non sarebbe la prima volta»
Volevo chiederle a cosa si riferisse, perché mi rifiutavo di credere che quel ricordo significasse che aveva perso la sua famiglia, ma Lien si era già voltata e, a passo sostenuto, era già uscita sbattendo dietro la porta.
Spostai lo sguardo sul vassoio di cibo e allungai una mano prendendo un pezzo di pane.
Non avevo molta fame, ma sapevo che quella di Lien non era una minaccia, ma un avvertimento.
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The Flowers of Purity
FantasyLe persone sono come l'universo. Formato da piccole stelle, grandi galassie, lune, pianeti, asteroidi. E ognuno di loro ha le proprie caratteristiche. I pianeti morti, gli asteroidi distrutti, ma alcuni hanno le galassie più luminose. Altri hanno le...