12.

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Alice aveva bussato allo porta nello stesso momento in cui, mettendo il piede male, caddi all'indietro.
Non mi feci particolarmente male, ma Alice si preoccupo.

«Va tutto bene? Ber?»

«Si va tutto alla grande» Aprì la porta, evitai di guardare negli occhi, ma sorrisi.

«Scusa se ci ho messo tanto»

Tornai velocemente dietro il bancone, bevvi un altro bicchiere d'acqua e provai ad ignorare i battiti accelerati del cuore.

Cosa era successo?
Ero sicura di quello che avevo visto e di quello che avevo sentito, o per meglio dire, di quello che non avevo sentito.

Era la stessa sensazione di cadere. La paura e la pelle d'oca c'erano ancora, e mi ero vista dal suo punto di vista, avevo visto me stessa, la mia testa che sbucava da quella finestrella.

Com'era stato possibile?

Io vedo i ricordi, non quello che le persone guardano in quel preciso momento.

«Berenice va tutto bene?»

Lien mi si era avvicinata.

Rimasi a fissarla per qualche secondo indecisa se chiederle chi era quella persona, ma poi decisi che non era il momento giusto. Non lo era. Mi avrebbe chiesto perché la stava spiando e molto probabilmente mi avrebbe mentito. Avrei dovuto scoprirlo da sola appena sarei riuscita a entrare nella sua mente.

Sorrisi e feci un cenno di negazione. Lei sembrò soddisfatta e andò a chiedere le ordinazioni ad un cliente appena entrato.

Presi un profondo respiro. Dovevo far finta di niente.

Le ore passarono e tutto stava andando nel solito modo: Ariane flirtava con i cliente senza rendersene conto, Alice portava via la carta dai tavoli continuando a lamentandosi perché non voleva farlo lei ogni volta, Lien mi stava quasi sempre accanto e trovava un modo per parlare. Era strano quanto si fosse attaccata a me in così poco tempo considerando che prima probabilmente non si ricordava della mia esistenza.

I clienti andavano e venivano, l'aria si faceva più fredda e iniziò a scendere una lieve pioggerellina. Il vento si alzò quindi per sicurezza entrammo i tavolini. Erano ormai le otto di sera e c'erano piu clienti del solito. Molti di questi in realtà erano entrati solo per ripararsi.

E io iniziai a sentirmi debole. Era già successo qualche ora prima. Tenevo un oggetto in mano e poi questo cadeva a terra perché le mie mani erano troppe stanche per evitare la sua caduta.
All'inizio pensai fosse un caso, ma stava succedendo troppo spesso e iniziavo a sentirmi stanca in una maniera diversa della solita stanchezza da lavoro.

Mi sentivo stanca, usurata, c'era una stanchezza interiore che era arrivata in maniera troppo improvvisa per essere normale.

Stavo guardando Lien che mi aveva chiesto per la milionesima volta se stavo bene. Io avevo cercato di annuire mentre fissavo i suoi occhi scuri alla ricerca di qualche ricordo.

Quando la porta si aprì. C'erano molte persone quindi non guardai chi fosse, probabilmente era solo l'ennesimo passante in cerca di un riparo, ma quando mi girai quasi mi mancò il fiato.
E non solo a me.

Avevo visto un chiaro segno di paura nel viso di Lien. Paura che fu subito nascosta.

L'uomo con cui aveva parlato poco prima si sedette nel tavolino più lontano dal bancone. Lien fece per avvicinarsi, ma la fermai.

«Ci penso io» Dissi.

Lei mi guardò contrariata.
«Ma potrei-»

Non la ascoltai e mi diressi a passi sicuro verso quell'uomo.
Sorrisi.

The Flowers of PurityDove le storie prendono vita. Scoprilo ora