2 - Telesio

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*Holaaa, teoricamente il capitolo l'avevo messo il 17 settembre però, chissà per mezzo di quale forza misteriosa, mi è riapparso nelle bozze bho, adesso lo rimetto :)*

«No, professo' mica vorrà fare lezione nell'ora de supplenza?» Luca, un ragazzetto dai capelli color pece che si riunivano in un codino, al veder apparire dalla porta la figura del professor Ferro, in quella che sarebbe dovuta essere l'ora di scienze della terra, si sente quasi male.

Al che il giovane uomo, rivedendo molto sé stesso in quel modo di fare, scuote la testa e si lascia andare ad una mezza risata. «Buongiorno! Niente lezione durante la supplenza, no, però non me chiedete de sta qua dentro a marcire perché ve dico de no.» picchietta poi la mano alla finestra indicando il sole alto nel cielo.

«Prendete i giubbotti che andiamo a fa du' passi fuori.» incita tutti che, insoliti ad una proposta del genere, non si fanno ripetere due volte quel che gli è stato detto.

Manuel, come apri fila, esce dalla classe e, per primo, varca l'ingresso della scuola, non riuscendo così a vedere il novellino professore di algebra e geometrica che, invece, incrocia ben bene lo sguardo di Leonardo.

Stessi occhi che, fugaci, evitano quelli del padre, con cui non parla da quasi ventiquattrore giacché l'orologio a parete segna le undici del mattino.

Si ricorda di quando quelle uscite avvenivano con il suo professore, Dante, attuale o ex compagno della madre -nemmeno lui riusciva a stare dietro a quelle intricate dinamiche.-, che aveva simboleggiato un altro pilastro importante per la sua vita – fino a quel momento almeno.

Giungono così dietro il liceo, in quel piccolo pratino, dove, a tempo debito, svettava un piccolo mandarino che, ora che ci rifletteva, avrebbe proprio voluto sapere chi l'avesse preso dal conchino marrone che, vuoto, ancora giaceva in classe.

«Io c'ho da sistemare due cose al computer per una quinta, tempo dieci minuti e ci sono.» si siede a terra e gli alunni lo imitano. «Fate una scorpacciata di chiacchiere ora così, dopo, nell'ora di latino fate silenzio che si sono già lamentati, -non ha un tono con cui suole rimproverare, piuttosto gli piacerebbe farli ragionare.- io ho sempre fatto de testa mia, andando contro quasi tutti i professori e, pe' esperienza, ve dico che non ve conviene -anche perché, 'l coordinatore de classe vostra sono io e, sinceramente, non vorrei trovarmi già domani sera a fare un consiglio straordinario perché Ferrari e Niccoli non ascoltano la declinazione di rosa, rosae.» quasi ride perché, solo adesso, prendeva coscienza di quanto potessero essere stati noiosi i suoi comportamenti nei confronti degli insegnanti.

«Noi?» chiede uno degli imputati. «Mica parliamo noi, se 'nventa 'e bugie quello de latino.» l'altro gli da manforte e, il tutto, scaturisce una risata all'interno degli alunni che, giulivi per l'ora di pausa, prendono a conversare dei loro hobbies e quant'altro.

Tutti meno uno, lo stesso che, da quando Manuel era entrato in classe quella mattina, non smetteva di osservare, per via delle grandi occhiaie che scavavano il suo volto.

«Balestra!» lo chiama invano quindi «Leonardo?» ritenta, riuscendo ad acchiappare la sua attenzione.

«Io?» si indica il petto con la mano.

«Si, -chiude lo schermo del PC, lasciando il lavoro incompleto.- è tutto ok? Hai la faccia ancora più stanca di quella de Russo.» segnala l'evidenza fiacchezza anche sul volto di Caterina. «Qualcosa t'ha privato della giuste dose di sonno?» s'interessa di cuore e non perché, quasi al mille per cento, è il figlio di Simone piuttosto così ha visto fare al presunto nonno del ragazzo ed è un atteggiamento che gli è rimasto nel cuore.

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