5 - Feuerbach

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Quella mattina il liceo Da Vinci è piacevolmente illuminato dalla luce del Sole che, tiepida, riscalda un mercoledì di metà ottobre. Le lezioni trascorrono tranquille in tutte le aule - più o meno. - poiché dall'attuale classe del professor Ferro, esce un brusio non indifferente.

«Piano, non ve scannate —Luca non urlare, avete ragione, lo so.» queste ultime parole, cadute come una sentenza decisiva, portano gli animi a calmarsi e, finalmente, il silenzio suona sovrano.

Che pace.

«Scegliete uno di voi che parli a nome di tutta la classe, altrimenti riprendete ad alzare la voce e non si capisce niente.» chiede Manuel frattanto prende posto su una sedia che, precedentemente, aveva posto accanto ai banchi della prima fila - non amava per niente stare dietro alla cattedra.

«Leonardo.» consiglia qualcuno e «, Balè parla te.» riceva manforte da un secondo compagno, al che il ragazzo tirato in causa, sconsolato, fa spallucce e «va bene, parlo io professò.» si fa portavoce degli altri studenti della classe che, come lui, stavano riscontrando non pochi problemi con la professoressa di matematica e geometria.

«Qual è il problema? Ho sentito la versione della Bellucci, mi serve anche la vostra.» si fa imparziale e, in quanto coordinatore, stende le orecchie per sentire. «Mi ha detto che si è trovata obbligata a fare interrogazioni sommarie, ogni volta che ha lezione, perché all'ultimo compito, tranne quattro persone, il resto della classe ha preso un'insufficienza grave.» e vorrebbe dire che quella cosa dei voti è un'idiozia, che serve solo a far sentire gli studenti degli emeriti idioti perché equiparati ad una piccola cifra, eppure, nelle vesti che ha adesso, deve quantomeno far capire loro l'errore che, come conseguenza diretta, ha portato un sfilza di voti rossi sul registro di quasi tutti.

«Professò io al compito ho preso quattro meno - si espone senza problemi. - eppure so' stato una settimana intera a fare esercizi, se non ce crede glielo può chiede a quel perfettone di mio papà che sta due aule sotto a questa.» lo sanno tutti che è il figlio del professor Balestra quindi, tanto vale, cantarle fino in fondo per uscire, quantomeno, a mani pulite. «Eppure nel compito ho fatto meno della metà dei punti. Non lascia nemmeno il tempo di parlare o di arrivare ad un accordo, - espone ancora - questi sono i voti e c'è da recuperare, ha detto così a tutti.»

«Ma se in una classe di venti persone, in sedici ci siamo trovate con un voto .. come dire, un voto troppo basso –po esse' solo colpa nostra?» Francesco interviene perché sa che, nonostante la spigliatezza, Leonardo preferisce non esporsi mai troppo, in parole e gesti, data la figura ricoperta dal papà. «So' 'l primo che ammette de ave' studiato, si e no, tre giorni quindi il mio tre lo posso pure capì, però ce sta la metà de loro che sono andati a ripetizioni o sono stati attenti in classe –ma niente, sembra de parlà co' un muro, con tutti il rispetto.» il problema di comunicazione folgora Manuel e, riflettendoci su, capisce di avere ottime basi per strutturare una lezione su un grande uomo filosofico.

Prende un gessetto e, avvicinatosi alla lavagna, prende a scrivere a lettere cubitali, un nome assai difficile da pronunciare: Feuerbach. «Ottimizziamo il tempo stamattina: lezione di filosofia e problem solving delle vostre insufficienze –il tuttofare, ecco cosa so' diventato in questa scuola.» fa ridere la classe, come suo solito e, tutta la rabbia accumulata verso la professoressa tirata in causa prima, sembra scemare.

«Il frutto migliore della posizione di Feuerbach è il suo umanesimo e il suo filantropismo, ossia Feuerbach ritiene che al centro della speculazione filosofica debba essere riportato l'uomo, ma non l'uomo inteso come proiezione di un qualcosa, ma l'uomo inteso nella sua materialità, quindi l'uomo come carne e sangue.» inizia a girare tra i banchi, come suo solito, tutti gli occhi degli alunni lo seguono minuziosamente, quasi avessero timore che il professore potesse fuggire da un momento all'altro.

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