Capitolo 2: il Matrimonio

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Hermione trascorse la sua ultima notte di libertà con una parodia di addio al nubilato. Nonostante divertirsi fosse l'ultima cosa che voleva fare, si rifiutò di uscire di casa e Harry, Ron e Ginny si rifiutarono di lasciarla ad affogare i suoi dispiaceri da sola. Arrivarono attraverso il camino, muniti di una bottiglia di firewhiskey ciascuno, che, aggiunta a quella che Hermione aveva già iniziato, fece sì che la serata procedesse con il doppio dell'alcol e senza la baldoria che normalmente ci si aspetterebbe da un evento del genere.

Era incastrata tra Harry e Ron sul divano, Ginny in una poltrona vicina, e tutto ciò che Hermione riusciva a pensare era quanto fossero insoliti nel suo salotto. Viveva da sola in casa ormai da tre anni e non ricordava che fossero stati lì nemmeno una singola volta. I capelli rossi dei Weasley stonavano terribilmente con la pelle color kaki dei mobili, ed era sicura che se ne sarebbe accorta prima. Non si trattava di una scena inconsueta in generale - né a Grimmauld Place né alla Tana mancavano i divani - ma rispetto a quei luoghi intrinsecamente magici, la casa d'infanzia di Hermione le sembrò Babbana in un modo che non le era mai sembrato prima. Non biasimava Harry per come aveva rinunciato a tutti i ricordi della sua infanzia, ma con i suoi amici maghi fuori dal loro elemento per stare nel suo spazio, tutto sembrava enfatizzare piuttosto duramente quanto lei fosse ancora un'estranea.

I suoi occhi vagarono per la stanza mentre ne esaminava il contenuto e si soffermarono sulla serie di cubi con lettere appollaiati sulla mensola del camino. Tre rettangoli di legno impilati l'uno sull'altro, che proclamavano audacemente la chiave della vita in una varietà di caratteri bizzarri.

Vivi

Ridi

Ama

Lo stomaco le si contorse mentre quelle parole la prendevano in giro. Era sopravvissuta a una guerra scatenata appositamente per sterminare la sua specie. Non rideva più molto - nessuno di loro lo faceva veramente - ma era guarita abbastanza da far sì che, di tanto in tanto, lo spettro di tutto ciò che aveva perso si affievolisse al punto da permetterle di sentire di nuovo la spensieratezza. Sicuramente prima o poi sarebbe ricomparsa. O meglio, sarebbe tornata. I suoi occhi bruciavano con il rischio di lacrime mentre si lamentava della perdita di un amore che non aveva nemmeno desiderato finché non le era stata tolta la possibilità di provarlo. Sarebbe stato bello un giorno, pensava, innamorarsi. Avere per sé un pezzetto di ciò che li aveva salvati.

Invece, avrebbe avuto un costante ricordo del passato e di tutti i modi in cui il suo mondo adottivo la considerava inferiore. Non riusciva a pensare a cosa avesse fatto per meritarselo.

L'orologio a pendolo nell'angolo batté le tre, e le lacrime le si riversarono sulle guance al suono. «Dio», mormorò. «Non ho più tempo.»

«Resteremo con te», le propose Ron, girandosi sul divano e prendendole la mano. «Per tutta la notte.»

Hermione scosse la testa, sentendosi come se il cervello le si fosse spappolato dentro. Ognuno di loro aveva fatto le condoglianze a modo suo; niente di veramente confortante, ma comunque apprezzato. Supponeva che un giorno avrebbe fatto lo stesso per loro, anche se era difficile immaginare che chiunque altro se la sarebbe passata male come lei. Pensò che uno dei ragazzi avrebbe potuto prendere Pansy. Sarebbe stato brutto. Non brutto come con Malfoy, ma quasi.

Non potendo controllare più di qualche decina di matrimoni combinati alla volta, il Ministero avrebbe comunicato gli abbinamenti a ondate. Hermione apparteneva al primo turno. Ron sarebbe stato al terzo, Ginny al quinto e Harry al decimo. Tutti cercarono di non fare congetture sul fatto che questo significasse che Harry e Ginny erano già stati considerati un'accoppiata non ideale.

Lei strinse gli occhi, non avendo l'energia per piangere sulle disgrazie degli altri in quel momento. «No», mormorò a bassa voce. «Dovrei... cercare di dormire.»

Ten out of Ten | TRADUZIONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora