Capitolo 5: Giorno 3

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Alla fine la pioggia era arrivata. Durò tutta la notte e il mattino seguente si rivelò grigio e lugubre, perfettamente adatto all'umore di Hermione. Erano le dieci passate e lei era ancora a letto. Era sveglia, naturalmente - lo era stata per quasi tutta la notte - ma era comunque una sensazione strana quella di poltrire in un giorno feriale. La spossatezza e il verde lussureggiante fuori dalle finestre davano un'impressione così opprimente dell'estate che Hermione si rese conto di quanto tempo era passato da quando la stagione aveva un significato reale per lei. Quando lavorava a tempo pieno, ogni giorno feriale era come tutti gli altri, e non era dai tempi di Hogwarts che il mese di luglio significava lunghi periodi di tempo senza alcuna responsabilità.

L'obbligo di assentarsi dal lavoro era una delle clausole del decreto sul matrimonio, un periodo di luna di miele per coloro che erano abbastanza fortunati da godersi la compagnia dei loro nuovi coniugi. Per una persona come Hermione, invece, significava solo ore chiuse in casa con un ospite indesiderato e nessun lavoro che la distraesse dalla sua situazione.

Anche se, a dire il vero, il suo lavoro al Ministero non era stato così appagante come aveva sperato. E il pensiero di ritornare quando le due settimane fossero finite non aveva molta attrattiva. Era già abbastanza difficile far sì che la gente si preoccupasse del trattamento deplorevole riservato a molte creature magiche, ma con il Governo che ora calpestava così palesemente anche i diritti dei propri cittadini umani, non credeva che sarebbe stato più facile a breve.

Questo pensiero fu bruscamente interrotto quando Malfoy bussò alla sua porta. Beh, forse bussare non era proprio la parola giusta. Martellò fu più che altro quello che fece. Tre colpi secchi seguiti da una breve dichiarazione nel suo migliore stile.

«Ci è stato concesso il diritto di visita.»

Hermione si alzò a sedere sul letto mentre un foglio di pergamena scivolava sotto la porta. Il pavimento scricchiolante fuori dalla sua stanza rimase in silenzio, quindi pensò che Malfoy stesse aspettando sul pianerottolo che lei lo prendesse. Buttò le gambe giù dal letto e prese la pergamena.

Si trattava di una breve missiva su carta intestata del Ministero che consigliava di ricevere gli amici e i parenti più stretti a casa degli sposi in sostituzione al ricevimento di nozze formale che avevano scelto di non organizzare. Il suggerimento era chiaramente un comando poco velato, e Hermione tirò un sospiro per l'ennesimo aspetto invadente di tutta quella farsa.

A Malfoy sembrò di aver sentito un rumore attraverso la porta. «Il gufo del Ministero sta aspettando, presumo per prendere i nostri inviti. Diciamo per le 13?»

«Sì, va bene», mormorò lei, andando alla scrivania a scrivere una rapida lettera a Harry. Ginny viveva ancora con lui a Grimmauld e potevano inoltrare le notizie a Ron. Hermione la piegò in quattro prima di farla scivolare sotto la porta.

Il pavimento scricchiolò mentre Malfoy la raccoglieva e se ne andava senza dire altro.

Il pavimento scricchiolò mentre Malfoy la raccoglieva e se ne andava senza dire altro

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