* Rose* Capitolo 8

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Il cielo inizia a schiarirsi, il sole sta per sorgere, sta nascendo un nuovo giorno.

Siamo finalmente risaliti in macchina, io e Joseph, lui fa un lungo sospiro, incrocia poi le braccia poggiandole sul volante e la testa su di esse, si abbandona ad un altro lungo sospiro. Ed anch'io poggiando la testa sullo schienale mi lascio andare scivolando leggermente e poggiando le mani intrecciate sullo stomaco.
Mi guarda con la coda dell'occhio alzando appena appena la testa, lo guardo nella sua camicia bianca con le ampie maniche, poi drizza la schiena stendendola e accompagnando il gesto con un grugnito, arriccia il naso, si volta mi osserva un istante e mi fa l'occhiolino, "stai bene?" chiede dolcemente dopo un po', faccio spallucce sorridendogli appena. Mi tende le braccia mentre si volta verso di me "vieni qui", e non c'è nulla che desideri di più in questo momento che un suo abbraccio, che essere avvolta nel suo calore, quindi non faccio altro che abbandonarmi ad esso. Poggio la guancia sulla sua spalla e la fronte sul suo collo. Il profumo della sua pelle, il leggero odore di sudore con una scossa mi ricorda il sesso insieme nelle notti estive, sembrano così lontane.
"Ti va di mangiare qualcosa o vuoi che ti riporti a casa?" Chiede lui, ed io faccio solo 'si' con la testa, "what do you want?" Dice con tono acuto, ridiamo di me, "food" rispondo. Lui mi bacia tra i capelli "voglio portarti in un posto" e allenta un po' la presa, io non sono pronta, ho bisogno di stare qui altri due secondi, stringo appena le dita sulla sua camicia, lui capisce e mi stringe forte a se, non trattengo un lungo liberatorio sospiro.

Mi porta al Regency Cafè, uno splendido locale che riporta indietro nel tempo, appena entriamo Joseph saluta con un ampio gesto della mano un signore alto e magro sulla sessantina che dietro al banco ricambia appena, "È troppo presto?" chiede Joseph a gran voce, ma il modo risulta dolce e premuroso nonostante il tono sia alto.
Il signore fa un sorriso che in parte è nascosto da grossi baffi brizzolati, ci invita ad entrare.
"Vieni" mi sussurra Joseph prendendomi la mano e scoprendomi dal nascondiglio che mi sono creata dietro la sua spalla. Sento che mi sta mostrando parte della sua vita, e voglio entrarci con garbo, chiedendo permesso.
Il signore ci indica, sempre senza dire nulla un tavolo accanto alla finestra, che ci nasconde dalla strada con piccole tende a quadri bianchi e rossi. Joseph ordina un abbondante colazione, appena ci portano i piatti lo guardo sistemarsi il tovagliolo sulle gambe e scoppio a ridere, ho appena considerato che siamo strani vestiti così, a cosa pensano le persone che ci vedono fare colazione, sembriamo una di quelle coppie in copertina dei libri Harmony anni '80. Appena riesco a mettere in fila due parole tra le lacrime e le risate descrivo la cosa a Joseph che per poco non mi sputa addosso una forchettata di fagioli.
E in questo preciso istante siamo tornati ad essere solo Joseph e Rose, solo noi, senza ruoli da interpretare per necessità, senza scelte da prendere, nient'altro all'infuori di noi.
Ho parecchia fame e mangio di gusto, quando alzo gli occhi per guardarlo ho ancora  in mano un pezzo di pane appena inzuppato del rosso d'uovo, lui si morde il labbro, ed io mi imbarazzo ed arrossisco, cavolo se arrossisco lo sento perché è scattata immediata la consapevolezza di non avere neanche un filo di trucco addosso a proteggermi dal mondo esterno e mi sento avvampare, "mi sei mancata" mi dice lui dolcemente, e arrossisce un po' anche lui. Sembriamo due ragazzini, ed è proprio così che mi sento in questo istante, come una ragazzina alle prime uscite, in cui si mangiava un gelato insieme per rimanere da soli, e c'era sempre così tanto imbarazzo.
Spostiamo l'attenzione sul cibo, per  lasciare poi i piatti puliti, e con le pance piene ci alziamo dal tavolo.

Fuori piove, il suo mantello è ora il nostro ombrello, corriamo stretti l'uno contro l'altra per non bagnarci, attorno a noi la città si sveglia, arriviamo all'auto e ci lanciamo dentro, leggere risate e respiri appena accelerati, si avvicina e mi sposta una ciocca di capelli bagnati che mi gocciola sulla guancia, i suoi occhi nocciola mi scrutano il viso mentre si muove piano, conosco quello sguardo, mi mordo un labbro, questo mio gesto lo accende e un istante dopo un bacio mi toglie il fiato per poi donarmene di nuovo.

"Ora ti porto a casa ma più tardi ci vediamo" non è una domanda ma aspetta che dica qualcosa come se lo fosse. Gli faccio 'si' con la testa, mi bacia ancora "ti voglio tanto" mi parla tra le labbra, le sue, carnose, che sfiorano le mie ad ogni parola, "ma se assecondassi ora i miei desideri non avrei l'energia per appagarli" socchiudo gli occhi perdendomi nel connubio tra la sua voce calda e le sue labbra morbide, ed iniziò ad adorare questo suo particolare modo di eccitarmi.

Quando arriviamo davanti casa scende dall'auto per aprirmi lo sportello, gira dal lato posteriore per prendere un ombrello vero nel portabagagli. Quando arriva da me e mi apre lo sportello è zuppo d'acqua, " ma ti avevo detto che non serviva! ...Grazie" Lo ammonisco, e lui fa un leggero inchino sorridendomi.
Mi scorta lungo il vialetto e ci fermiamo davanti alla porta, uno di fronte all'altra protetti da un rumoroso ombrello trasparente, la pioggia picchia su di esso ritmicamente, con la mano libera cerca qualcosa in tasca, non ha mai tolto quello splendido sorriso dal viso dal momento che siamo scesi dalla macchina, mi porge il telefono, quando lo afferrò picchietta sullo schermo con l'indice "mi lasci il tuo numero?", Accendo il display e lui poggia subito la testa contro la mia per vedere, ",ti chiamo dopo" dice piano, e prima che possa ridargli il telefono mi bacia, "quanto mi è mancato il suo sapore" penso. Riprende il telefono e ci baciamo ancora, "entra ti prego" mi dice staccandosi da me, quando mi volto mi dà uno schiaffo sul culo e quando mi giro mi lancia un altro piccolo bacio.

Chiudo la porta sono avvolta dal silenzio, rimango ad ascoltarlo. Piano piccoli rumori si svelano, il ronzio del frigorifero, poi la macchina di Joseph che parte, il ticchettio dell'orologio, la pioggia che batte sulle finestre. Metto le spalle alla porta e mi lascio scivolare sul pavimento di moquette. Faccio un lungo respiro, poi un altro ancora, "la notte di Halloween più folle della mia vita" penso, e d'improvviso mi sento sopraffatta, inizia ad insinuarsi lentamente in me la paura del cambiamento, mi sento messa alla prova dal Destino, sento di nuovo, sulle spalle, la responsabilità delle mie future scelte.
Trasferirmi a New York vorrebbe dire dire addio in ambito lavorativo alla mia spalla, alla mia compagna di viaggio, e lei è anche la mia famiglia, non ricordo di averne avute altre.
I cambiamenti mi destabilizzano, ho mille incertezze.
Un lavoro nuovo, colleghi nuovi, una casa nuova.
Voglio davvero farlo?
E se non lo faccio?
E ora con Joseph?
Cosa sono per lui?
E cosa è lui per me?
Cosa sono disposta a cambiare?

Sento che sto per esplodere, inizio a sentire il battito del mio cuore nelle orecchie, le mani mi tremano, il respiro si fa corto e un singhiozzo apre la strada ad un pianto incontrollato, mi tappo la bocca cercando di trattenermi, porto le ginocchia al petto e mi chiudo in me stessa, mi abbraccio, come facevo da piccola, quando mi prendevano in giro o mi trattavano male, quando mi veniva da piangere, quando mi sentivo sola. La notte mi chiudevo nell'armadio della mia stanza e mi abbracciavo, perché ero l'unica a poterlo e a volerlo fare.
È il mio conforto.

Dondolo stringendo più forte le braccia attorno alle gambe, lascio uscire le lacrime mentre cerco di fare respiri profondi, ho freddo, provo a rilassare i muscoli tremanti e tesi e il mio pianto a singhiozzi piano piano si calma. Abbandono le gambe sul pavimento e sbatto contro un vaso vicino alla parete, mi asciugo le lacrime con le maniche del vestito, che non ha affatto un bell'aspetto e la cosa mi fa ridere, ma un po' mi dispiace, ci ho messo tanta cura a farlo. E non so se ridere o piangere.
"Tesoroooo" mi viene in contro Lara svegliata dal frastuono, è pronta ad abbracciarmi vedendomi così, in lacrime. E appena mi stringe a se ricomincio a piangere, ma senza paure però, e senza fiato corto, senza tremori.

⚠️In Revisione⚠️ UN PIOVOSO AUTUNNO [Joseph Quinn *Parte 2*]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora