XII

33 10 0
                                    

La mattina seguente mi presentai nel giardino esterno di corte, pronta. I cortili a palazzo erano enormi e dopo aver assistito in prima persona alla desolazione del regno delle Ombre, mi sembrò un vero paradiso. Ai sudditi di entrambi i regni non era concesso di attraversare i confini senza una reale motivazione, gran parte della gente del villaggio non aveva mai visto il regno nero e faticava ad immaginare la situazione. L'ansia mi aveva accompagnato tutta la notte.

C'era un bel sole quella mattina e mi invogliava a gettarmi sull'erba e dormire. Al contrario tirai dritto lungo i giardini, attraversai i laghetti e ignorai le ninfe che mi volevano tirare in mezzo ai loro giochi d'acqua. Tenni gli occhi dritti fino a quando scorsi il gazebo azzurro in cui, ogni mattina, il re faceva colazione.

Era una piccola struttura di legno avvolta da edera e fiori variopinti, all'interno c'era un tavolinetto rotondo e alcune sedie. Solo una era occupata dal re, il quale si deliziava con un tè rosso zuccherato con del miele. Al suo fianco c'era un valletto e teneva tra le mani la caraffa.

Gli corsi incontro. «Mio signore!» esclamai d'un fiato e l'Elfo servitore mi lanciò un'occhiata critica. Rallentai. «Mio signore» mi corressi, cercando di seguire al meglio le istruzioni di buona etichetta di Calanthia.

Feci un bell'inchino, almeno secondo me, ma il re non alzò gli occhi dal tavolo. «Lasciaci soli» ordinò all'altro Elfo e lui annuì senza emettere alcun suono.

Aspettai dei secondi, poi il re alzò una mano e mi invitò ad avvicinarmi. Salii i tre scalini che mi dividevano da lui e lo osservai: con la luce del mattino la sua pelle era perfetta, lucida, gli occhi più chiari, quasi di un verde muschio. Aveva i capelli raccolti, alcuni ciuffi aggrovigliati attorno ai rami della corona.

«Temo che le tue gesta saranno narrate anche dopo la fine del mio regno, devo ancora decidere se saranno versi per inneggiare al tuo coraggio o alla tua stupidità» iniziò severo.

Proprio in quel momento, una fatina uscì dai miei capelli e fischiettò per salutarmi.

«Ho avuto paura» gli rivelai piano.

Paura di morire, di sentire dolore, di abbandonare Cel e di non poter vedere più il re. L'unica cosa a cui ero rimasta aggrappata era stato il suo bacio e il desiderio di averne ancora.

Appoggiò la schiena al ferro battuto della sedia e chiuse gli occhi. Tremava leggermente al ricordo della notte passata, al fatto che avesse sfidato la pace dei regni e che Ahdeniel avrebbe fatto di tutto per uccidermi. Fermare un cavaliere nero abile come lui si sarebbe rivelata un'impresa difficile.

«Anche io» si confidò. «Speravo avessi seguito il mio consiglio di andartene, come temevo hai disubbidito agli ordini del tuo re. Quando ti ho detto che il ruolo di cavaliere non era adatto a te non l'ho fatto per ferirti, sapevo fin dalla notte nella brughiera che il tuo spirito era diverso, più potente e ribelle. Tu non segui i miei ordini e questo è un problema.»

«Avevo paura per la vostra incolumità» mi difesi. «E Rines...»

«Ho già parlato con lui. Il suo comportamento è stato disdicevole.»

Disdicevole un corno, pensai, mi aveva lasciato a quegli Elfi per divertimento. Era il primo candidato per essere il sostituto di Handir e dovevo dargli un minimo di fiducia dato che il re avesse bisogno di un soldato forte al suo fianco. Ciò che non sopportavo era proprio Rines.

«Non cambiare discorso, Nico» mi rimproverò. «Hai messo in pericolo molto più di quanto immagini e per cosa? Per me? Per un bacio?»

«Se me lo chiedeste voi lo rifarei senza indugio» dissi.

Le sue guance si tinsero di un rosso leggero e deglutì un groppo in gola. Esprimevo i miei sentimenti con la stessa facilità con cui un bambino correva o giocava. Mio padre aveva represso i suoi per molto tempo, temendo che il suo Demone se ne sarebbe approfittato e si era sempre premunito di dirci di fare l'opposto. Dopotutto, diceva, il più grande errore che si possa fare è non vivere a pieno le proprie emozioni.

The king's birdDove le storie prendono vita. Scoprilo ora