XVIII

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I cavalieri nominarono compiti a cui Rines avrebbe dovuto sorvegliare: più tardi si sarebbero presentate nuove reclute per la presentazione generale e l'orientamento. Di norma era il primo cavaliere che interveniva sull'evento e rispondeva alle domande, Handir aveva partecipato a centinaia di benvenuti e allenato oltre mille ragazzi. Era un uomo che sapeva come farti sentire a proprio agio e dedicava un'attenzione a tutti, non importava quanto fosse impegnato o nervoso, Handir era educato e sincero. Un vero padre.

Rines era molto diverso da lui. Rude, crudele e un vero bastardo, ma sapevo che avrebbero preferito seguire lui anziché me. Chi mai avrebbe fato fiducia a una mezz'Elfa?

Non mangiai alcun pezzo del coniglio che Rines aveva preso per me, la carne era fresca e non puzzava di erbe avvelenate. La sua presenza mi disturbava, così come lo sguardo degli altri cavalieri, duramente puntati su di me in lance affilate.

Rines strappò un pezzo di carne dalla coscia dell'animaletto e diede le ossa al suo cavallo, il quale avidamente le prese e le masticò. «Le ossa potrebbero bucarti la pancia. Ti ho vista mangiare, dovresti proprio darti un contegno!» mi prese in giro. «Dirò a Satasfel ti prepararti porzioni più abbondanti.»

Avevo le guance rosse di vergogna e Rines mi strizzò l'occhio. Uno dei cavalieri mi guardò la pancia pensoso e tenne i dubbi per sé. Fino a quando non avessi avuto la corona o un figlio di sangue reale la mia presenza sarebbe stata sopportata, nient'altro. Una regina incinta era un presagio pericoloso: la mia generazione era la prima dopo il massacro avvenuto e sarebbe stata la prima nascita a corte. Con una guerra in agguato i cavalieri avrebbero rischiato molto più di un banale tradimento.

Attraversammo la città con le prime ore del pomeriggio, i venditori erano nel pieno delle loro attività e le vie erano piene di donne e uomini con cesti pieni di frutta volti alle campagne. Mi salutarono allegri, facendo gran inchini e i cavalieri che mi scortarono fecero finta di essere felici quanto loro.

«Fa' un bel sorriso, come ti ha insegnato Calanthia» ringhiò a denti stretti Rines, sollevando la mano e scuotendola a dei bambini eccitati. «Lo sai fare almeno questo?»

Lo imitai. «E tu vuoi un'altra lezione? Posso picchiarti più forte» sillabai chinando la testa.

«Fallo» mi pizzicò. «E io ammazzo i tuoi amichetti cavalieri. Guarda, ti adorano, che popolo di stolti! Adorano il loro piccolo ratto.»

Venni scortata fino al castello e rimasi in silenzio in un gesto simbolico. Era impossibile che Rines potesse fare i suoi comodi, i cavalieri avevano il loro codice ed era molto rigido e con punizioni molto severe. C'erano poche vie di scampo alle clausole che, si diceva, furono scritte da dei Demoni.

Mi sporsi dal cavallo di Rines appena vidi i giardini e lui mi afferrò il braccio per trattenermi.

«Dove pensi di andare?» m interrogò furioso.

Pensai di accampare una scusa, dirgli che andavo da Calanthia o a farmi un bagno, ma Rines le riconosceva le bugie. «Devo parlare con Aurelion» la feci facile.

«Magari più tardi.»

«No, ora!» mi impuntai.

Uno degli Elfi dai capelli bruni e gli occhi verdi galoppò vicino. Teneva in mano un coltello dalla lama simile al corpo di un serpente. «Farò io da messaggerò. Ditemi pure il vostro messaggio e lo porterò da lui con la mia lingua» gioì e mi lanciò uno sguardo malizioso.

«Gli parlerò io stessa. Fatti da parte e cuciti la bocca» tuonai furiosa. «Devo solo metterlo al corrente di quello che ho fatto oggi, nulla più! Ci vorranno solo cinque minuti!»

Rines non mi mollava e Cel stava cominciando a perdere la pazienza: sentiva il mio disprezzo verso quell'Elfo e l'ansia che mi provocava standomi vicino. Era una sensazione disgustosa, mi attorcigliava la bocca dello stomaco e mi faceva venire la nausea.

The king's birdDove le storie prendono vita. Scoprilo ora