XVII

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Un tempo quell'offesa mi avrebbe ferita, eppure non mi fece l'effetto che pensai. Avevo accettato di essere diversa da quando lo aveva fatto il re prima di me. Potevo finalmente dire ad alta voce di non essere un'Elfa.

Inclinai la testa e le feci un sorriso calmo. Mio padre era stato un soldato bravissimo, aveva allevato due Ibride nel cuore del regno degli Elfi, riuscendo a darla a bere all'organizzazione militare più famosa al mondo per quasi sette anni. Ci aveva difese. Amate. Ero contenta di essere una parte di lui se amare significava essere umana.

«A proposito, ci sono dei cavalieri in giardino. Penso ti stiano cercando» scimmiottò Isidora e immediatamente Calex si gettò sulla finestra della cucina per esaminare la situazione.

Corsi all'entrata e aprii la porta, vedendo con sconcerto che davvero ci fosse una truppa di sei cavalieri nel giardinetto di casa. Alcuni di loro li conoscevo, c'era persino Yorifel, il quale mi lanciò un'occhiataccia da sotto l'elmo e due trattennero le risate. I cavalli avevano fatto spaventare le galline e le fatine erano su di giri, volando ovunque.

«Che volete?» domandò mio zio, apparendo oltre le mie spalle. Il portavoce aprì la bocca per spiegare e io gli chiusi la porta in faccia. «Vuoi scappare dal retro? Mossa azzardata, ti prenderebbero.»

«Nah» divagai. Sentii Calex fischiare eccitato. «Vogliono portarmi al castello e basta. C'è una cosa che dovrei dirti, però voglio che sia un segreto. Prima devi giurare.» Negò e si arrabbiò, dopo un paio di minuti me lo promise. «Non ho detto tutta la verità prima. Quella notte, quando sono scomparsa da casa ed ero a corte, la verità è che Celestia si è fatta vedere davanti ai cavalieri dell'esercito e anche gli umani l'hanno vista.»

La faccia di mio zio si tirò nella più paurosa delle espressioni, quasi avesse ingoiato un limone intero. Mi distanziò dalla cucina, portandomi in un angolo silenzioso del corridoio per parlare.

«Sanno che c'è una maledizione qui» dissi. «C'è stata un'assemblea e il re Aurelion mi ha concesso di vivere, ha avuto diritto di parola perché ero nel regno della Luce. Il re Nergal ha cominciato a dissentire sulla decisione, mi ha proposto varie volte di passare sotto la sua tutela.»

Annaspò. «Dimmi che sei stata abbastanza furba da non accettare» mi pregò.

«Ovvio» esclamai offesa. «Gli interessa Cel. Credo possa pensare che Aurelion ci abbia tenute come arma segreta o qualcosa di simile e sia sul piede di guerra. Ho fatto un errore a prendere il posto di primo cavaliere della Luce, l'ha presa come una dichiarazione di guerra...»

«Il matrimonio ti ha salvato la vita, i membri reali non possono attaccarsi a vicenda senza una guerra. Il re nero dovrà decidere di fare una mossa se ti vorrà morta, dichiarare guerra o deporre la spada» rimuginò mesto. «Ma se scendesse in guerra...»

«Sarei obbligata a combattere e Cel con me.»

«È ciò che vuole» rispose. «Se è vero che è disposto a sfidare un Demone come Celestia vuol dire che ha un'arma in grado di sconfiggerla.» Aprii le mani e gli mostrai il piccolo mostriciattolo che stringevo tra le mani, poco più grande di una pesca. «È diventata più fragile.»

Cel ululò piano e alzò le dita affusolate verso il viso di mio zio, cercando di acchiappargli il naso adunco. Era sempre lei, contenta di vivere nel suo mondo di fantasie.

«Hai trovato un modo per aiutarla?» mi domandò ed evitò di guardarla. «Anzi, c'è un modo? Io ho chiesto a chiunque, gli unici che sanno come affrontare un simile problema sono gli umani dell'Esercito. Dubito che vorranno aiutarti e se lo faranno la useranno.»

Scossi il capo e la schiacciai, facendola scomparire. «Abbiamo litigato ieri. Ultimamente abbiamo discusso spesso. Pensavo di averlo notato solo io... Sta succedendo qualcosa.»

The king's birdDove le storie prendono vita. Scoprilo ora