Capitolo 6

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La porta finestra era chiusa accuratamente, ma le tende erano tirate, e lasciavano intravedere cosa stava accadeva all'interno dell'abitazione.
Con voce autoritaria mi ordinò di chinarmi, e quasi come fossi la sua schiavi ubbidii.
Mi accarezzò i capelli ramati e spinse il mio capo sul cavallo dei suoi jeans.
-Vediamo come te la cavi con i preliminari, bimba-
Il tessuto del pantalone era fresco sulla mia pelle e non esitai a tirargli giù la zip.
Potevo già intravedere un accenno della sua grande erezione sotto i suoi boxer, che abbassai subito dopo aver fatto cadere i jeans alle sue caviglie.
-L'hai già fatto prima?- chiese con una voce più sciolta.
-N..no- balbettai arrossendo.
Subito venni colpita in viso dalla sua mano forte.
-Non mentirmi, bimba-
-Ok, si..- risposi imbarazzata sfiorando con le dita il suo membro.
Lui gemette e lasciò perdere la piccola trasgressione alla regola.
Con movimenti decisi battevo la mia lingua sulla sua punta, prima di accoglierlo completamente in bocca.
Gemette più volte il mio nome, mentre io continuavo col mio "lavoro".
Mi sentivo umiliata, ma uno strano senso di eccitazione si faceva largo nel mio basso ventre.
-Spostati, sto venendo- mi prese per i capelli e mi scacciò via, mentre lui raggiunse il massimo del suo piacere.
Respirai rumorosamente e Arturo mi guardò negli occhi, ansimando ancora.
-Ottimo lavoro, piccola- accarezzò il mio volto -vado a pulirmi-
Uscì dalla camera e mi sentii stranamente vuota.
Mi sedetti sul letto aspettando il suo ritorno, che non tardò ad arrivare.
-Ti..ti è piaciuto?- balbettai cercando di sostenere il suo sguardo.
-Scherzi? Sei bravissima- mi fece stendere sul suo letto -potrei ricambiare-
Negai con la testa e poggiai le mie mani sul petto di Arturo, che si mise a cavalcioni su di me.
-No.. Oggi no- lo pregai.
Sbruffò ma annuì col capo.
-D'accordo, ma non sarò così tollerante la prossima volta, sappilo-
Rimasi in silenzio avendo paura delle conseguenze che una mia possibile risposta mi avrebbe causato.
-Allora cosa vuoi fare?- chiese lui.
-Oh beh..-
-Avanti, bimba, dobbiamo trovare qualcosa da fare se non vuoi scopare-
Non ero abituata a sentire tante parole di quel genere in un solo giorno, ma cercai di non farci caso. Mi guardai in torno e puntai ai palloni.
-Insegnami a giocare a calcio- risposi indicandoli.
-Vuoi davvero giocare a calcio?- chiese incredulo recuperando un pallone rovinato nell'angolo della stanza.
Annuii sorridendo e tolsi le scarpe scomode che avevo preso senza guardare prima di uscire con Arturo.
-Vieni sul retro del giardino, abbiamo più spazio- mi guidò fino all'uscita sul retro di quella villetta, e mi ritrovai circondata solo dal verde del suo giardino.
-Vivi con qualcuno?- chiesi curiosa mentre mi sistemavo su un lato del cortile col pallone sotto le gambe.
-No, perchè?-
-È una casa così grande...- osservai e calciai la palla verso di lui, che la fermò senza troppi problemi.
-Vieni a vivere da me allora se ti preoccupa il fatto che sia solo- mi ripassò la palla e quasi caddi per recuperarla.
-Cosa?! No, non posso lasciare Roberta da sola-
-Stavo solo dicendo- si giustificò, e si fece passare nuovamente la palla -vieni qui, ti insegno a palleggiare- mi avvicinai a lui.
-Guarda- mi spiegò lanciando la palla in aria -devi prenderla di collo-
Cominciò a palleggiare per due, tre, quattro volte, senza perdere il controllo della palla, fino a quando non la bloccò con le mani.
-Non penso di riuscirci- dissi io ridendo. Presi la palla che mi stava porgendo con le mani e seguii i suoi movimenti, ma non appena la palla arrivò sui miei piedi la colpii male facendola cadere dall'altra parte del giardino.
Rise, ma cercò di contenersi.
-Dovresti provarci e riprovarci- riprese a palleggiare mentre lo guardavo affascinata.
-Hai detto che in passato hai giocato a calcio- osservai sedendomi sull'erbetta curata.
Annuì cupo e bloccò la palla sotto i piedi.
-E... perché non giochi più?-
-Non sono affari tuoi, Nicole. Andiamo in casa, ho fame-

arturo vidal || your love is my drugDove le storie prendono vita. Scoprilo ora