Capitolo 12

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A solo mezz'ora dal loro arrivo ero ancora in bagno a truccarmi, senza trovare l'equilibrio perfetto fra i colori sul mio viso. Dovevo essere perfetta, non capivo perché ci tenessi così tanto, ma sentivo il bisogno di stare bene con me stessa e piacergli.
Indossai un vestito leggerlo e semplice adatto per una serata in casa, con una fascia che copriva meglio il seno.
Sentii il campanello suonare e sobbalzai sulle zeppe finendo di sistemarmi velocemente i capelli lisci.
Sperai solo che non fosse già Arturo, e in qualche modo le mie preghiere furono ascoltare.
Quando scesi le scale che portavano nella zona giorno della casa, trovai quel bel ragazzo che aveva rubato il umore di Roberta.
-Buonasera- salutò lui cordialmente.
Era elegante pur indossando solo un paio di jeans e una camicia bianca a maniche corte.
-Ciao Claudio- sorrisi raggiungendolo. Roberta era già tra le sua braccia con la testa appoggiata sul suo petto.
-Scusate per l'anticipo, ho staccato prima dal lavoro-
-Tranquillo! Sei sempre il benvenuto-
Claudio sorrise al sentire quelle parole, ma sorrise ancora di più quando Roberta gli porse una bottiglia di birra appena aperta.
-Vuoi anche tu?- mi chiese la mia amica, ma negai con il capo.
Aspettammo che arrivasse Arturo per ordinare la pizza, e non tardò a arrivare.
Aprii la porta trovandomi davanti il solito ragazzo che avevo conosciuto in quei giorni: la maglietta aderente gli delineava perfettamente i contorni dei muscoli, e i jeans strappati gli fasciavano le gambe perfettamente.
-Sera, bambina-
-Ciao...-
Lo lasciai passare permettendo anche a Roberta e Claudio di salutarlo, ma proprio quest'ultimo, alla sua vista, strabuzzò gli occhi indietreggiando di poco.
Non sembrava spaventato, ma semplicemente ripugnante dalla sua presenza.
Lo afferrai per il braccio smuovendolo dalla sua posizione.
-Roberta, ti ricordi di Arturo?-
-Quello di cui mi parli sempre? Certo!-
"Cazzo".
Imprecai nella mente fulminandola con lo sguardo, e sentii la risata di Arturo alle mie spalle.
Claudio continuò a restare impassibile, e mi sentii tremendamente in imbarazzo.
-Beh...ordiniamo la pizza?- fui io a sbloccare la situazione e afferrai il telefono di casa digitando il numero della pizzeria più vicina.
-Io würstel e patatine!-esclamò Roberta sbattendo le mani come una bimba felice.
-Per me anche, Nicole- continuò Claudio.
Guardai Arturo in cerca di una risposta, ma non mi disse nient'altro che "scegli tu per me".
Alla fine optai per quattro pizze uguali, è una volta detto l'indirizzo di casa chiusi la chiamata pestando attenzione a quello che facevano gli altri.
Erano seduti sul divano, e Claudio ammirava meravigliato la mia playstation nuova di zecca comprata giusto una settimana fa.
-Cavolo, è il mio sogno!- disse guardandola con occhi sognanti, mentre Roberta se la rideva.
Claudio aveva cambiato atteggiamento da un momento all'altro, o forse faceva solo finta che Arturo non esistesse.
-Dopo cena potremmo giocare, se ti va- optai io, anche se il mio essere figlia unica mi aveva abituato a non condividere sempre le cose.
Guardai attentamente le sue mani che toccavano la console, pronta ad intervenire subito in caso avesse fatto qualcosa che non mi piaceva.
-Certo che si! Grazie Nic-
Raggiunse nuovamente Roberta sul divano abbracciandola, e sospirai di sollievo quando anche Arturo mi fece segno, stranamente con aria serena, di raggiungerlo.
-Stai lontana da lui- mi sussurrò.
Ma quella frase mi suonava come un fastidioso ordine. Avrei dovuto ascoltarlo per non contravvenire alle sue stupide regole, ma preferii sbuffare e far finta di non averlo sentito.
-Intesi?- continuò, ma di tutta risposta mi alzai dal mio posto e feci segno a Roberta di raggiungermi in cucina.
-Tutto bene?- chiese preoccupata.
Mi appoggiai ai fornelli e la guardai intensamente.
-Si.. Volevo solo apparecchiare la tavola-
-Cavolo, è vero- si colpì leggermente la testa, segno che se ne era proprio dimenticata, e mi aiutò a stendere la tovaglia sul tavolo enorme della cucina.
Poggiammo i piatti, tovaglioli, bicchieri e bevande, e subito dopo aver terminato il "lavoro" suonarono al campanello, segno che la pizza era arrivata.
-Vado io, tu avvisa i ragazzi- dissi alla mia amica che si affrettava ad andare in sala da Arturo e Claudio.

arturo vidal || your love is my drugDove le storie prendono vita. Scoprilo ora