-Ti va bene un panino? Non ho niente al momento in casa-
Annuii ancora un po' in soggezione per come mi aveva risposto in giardino, ma stavo iniziando a capire un po il suo carattere.
-Ti aiuto a prepararli?- mi offrii, ma lui con un cenno di mano mi disse di aspettarlo in sala.
Ubbidii non volendo farlo innervosire già il primo giorno del nostro accordo.
Smanettai un po' col telefono fin quando Arturo non tornò da me con due panini in mano.
Ringraziai, e iniziammo a mangiare in silenzio, davanti alla TV spenta.
-Arturo?-
-Mhm?- disse lui masticando.
-Ma se io... Dovessi notare qualcosa di sbagliato nel contratto, posso decidere di non rispettarlo più?-
Restò qualche secondo in silenzio, forse per cercare qualcosa da dire.
-No, non puoi. Anche perché, ripeto, non ho intenzione di farti male. In caso contrario puoi decidere di non ubbidire a quell'ordine che ti ho dato, ma il contratto rimane così fino a quando decido io-
Da una parte le sue parole mi impaurirono, forse per il tono duro che aveva usato, ma dall'altra mi fecero sentire al sicuro.
Sussurrai un "ok" e continuai a mangiare il mio panino, mentre lui aveva già finito il suo.
-Non ho portato il pigiama per stanotte..-
-Indosserai i miei vestiti, non c'è problema. A proposito, non mi aspettare sveglia-
-Cosa? Non starai con me stanotte?-
Lo guardai confusa e finii finalmente il mio panino.
-Devo lavorare, dolcezza-
-Ah... Devi...devi vendere la roba-
Rise guardandomi divertito.
-Avanti! Sembra che sto per andare in guerra! Non finirò dietro le sbarre per un po' di droga-
-Lo spero...-
Sbuffò notando il mio tono triste e sconfortato, ma respirò a fondo per mantenere la calma.
-Stammi a sentire, non sono quel tipo di ragazzo che cambia per la propria fidanzata. Anzi! Noi non siamo fidanzati. Levati dalla testa di cambiarmi, io sono così e lo sarò per sempre, è già tanto che smetterò di fumare per quello stupido accordo!-
-Quello stupido accordo l'hai inventato tu!- gli urlai alzandomi dal divano, e notai che stringeva i pugni dalla rabbia.
-Fanculo- ringhiò tra i denti e uscì di casa sbattendo la porta.
Sbuffai rumorosamente. Non poteva comportarsi così, era un perfetto bipolare: un momento mi insegnava a giocare a calcio, subito dopo mi lasciava sola a casa sua.
Decisi di non dipendere dai suoi sbalzi d'umore, potevo considerarlo ancora come un perfetto sconosciuto, nonostante quel fottuto patto del sesso.
Presi la mia roba e uscii velocemente da quella maledetta casa, sperando di non ritrovarmi Arturo seduto sugli scalini del cortile.
Per fortuna non fu così, e mi allontanai con velocità da quel quartiere che non conoscevo ancora bene.
Non mi importava di sbagliare strada, prima o poi avrei trovato un taxi. L'unica cosa che volevo fare era stare il più lontana possibile da lui: prima di conoscerlo andava tutto bene, ora invece sembrava andare tutto a rotoli.
Dovevo sfogarmi con qualcuno, ma quel qualcuno non poteva essere assolutamente Roberta: lo avrebbe ammazzato, di questo ne ero certa, ma un morto nella mia vita non era necessario, quindi non doveva assolutamente venirne a conoscenza.
Corsi per un buon quarto d'ora per le strade poco trafficate di Torino, e col passare del tempo riuscii a riconoscere alcuni negozi e ristoranti della città. Ero arrivata al centro, e fortunatamente riuscii a trovare un taxi libero proprio accanto al marciapiede dove stavo correndo.
Diedi l'indirizzo alla donna al volante e appoggiai il mio capo sul sedile morbido. Cercai di riprendere fiato dalla corsa pazza che avevo appena fatto, e chiusi li occhi per tranquillizzarmi.
Casa mia era a dieci minuti d'auto dal centro, quindi avrei potuto rilassarmi per un po'.
-Tutto bene signorina?- chiese la donna guardandomi preoccupata dallo specchietto retrovisore.
Ecco, non ci voleva una persona che si impicciasse dei miei fatti.
-Si.. Sono solo in ritardo per un'appuntamento- inventai sul momento.
Lei annuì più tranquilla e continuò a guidare in silenzio: forse avrà pensato che qualche maniaco volesse stuprarmi, e diciamo che la realtà poteva essere considerata simile.
Arrivai a casa e pagai la tassista. La macchina di Roberta non era parcheggiata in cortile, e questo significava una sola cosa: sarei rimasta da sola in casa.
L'idea non mi dispiaceva, amavo la tranquillità.
Aprii la porta di ingresso e mi precipitai in cucina per bere un bicchiere d'acqua, ma venni distratta da un bigliettino sul tavolo.
"So che sei da Arturo, ma se sei ritornata e non mi trovi è perchè sono da Claudio, ci vediamo domani mattina".
Perfetto. Casa libera per tutta la notte allora. Fossi stata un'adolescente ribelle avrei subito chiamato i miei amici organizzando una festa in casa, ma preferii di gran lunga prepararmi uno spuntino e leggere un libro sul divano.
Era passata circa un'ora da quando avevo lasciato casa di Arturo, e il pensiero di scoprire più cose su di lui si faceva sempre più spazio nella mia testa.