Chapter 1: Adagio (Parte I)

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Francoforte.

La città era rumorosa come al solito, accompagnata da un cielo cristallino sempre leggermente sporcato da soffici nuvole candide. I ricchi palazzi più alti sembravano riuscire a toccarle, eppure i liberi uccelli che volavano si beffavano, per via di quella mera illusione, gracchiando sonoramente.

Per Katsuki, unico figlio di Masaru e Mitsuki, il cielo era sempre un modo alternativo di scappare dalla sua monotona vita. Aveva appena sette anni, studiava nella sua immensa dimora in una stretta strada del centro di Francoforte, ed era ritenuto un prodigio.

Sapeva suonare egregiamente il piano ma non poteva lasciare i suoi appartamenti.

Era nato con una salute estremamente cagionevole. Quelle pochissime volte in cui poteva uscire con sua nonna dalla Svizzera o suo padre che decideva di passare del tempo con lui, utilizzava la carrozza per non stancarsi.

Katsuki ricordava una buona parte dei 365 giorni in un anno passati a letto piuttosto che a giocare, o farsi un amico, nelle strade con gli altri bambini.

Masaru Bakugo era un importante uomo d'affari, sempre in viaggio. Mitsuki, invece, era una famosa insegnante di danza proprietaria di una piccola scuola non molto lontana dalle strade del centro.

Eppure, il destino aveva per lui altri piani. In un giorno come un altro,  la bolla creata dalla solitudine nella sua breve vita, s'incrinò silenziosamente.

Katsuki era affacciato alla finestra dell'ampia stanza dove passava la maggior parte del tempo, ovvero quella in cui capeggiava l'elegantissimo pianoforte a coda. Era intento ad osservare le nuvole nel cielo e a immaginarle in forme differenti.

In quel momento, capace di catturare la sua attenzione, la finestra gemella proprio di fronte alla sua si aprì e un buffo bambinetto vi si affacciò. Katsuki sbatté curioso le palpebre senza però pronunciarsi.

«Ciao!» esclamò l'altro, con una manina alzata.

«Ciao».

«Mi sono appena trasferito con i miei genitori! Sono Izuku Midoriya e ho sei anni!» riprese, con più voce, l'altro.

Katsuki cercò di scrutare oltre la finestra; la stanza era simile alla sua, con le rifiniture bianche, un rosone di gesso nel soffitto dove pendeva un immenso e pesante lampadario e le pareti avevano una nuance pastello di un color menta.

Guardare quel colore avrebbe fatto immediatamente rilassare.

Non c'era altro in quella stanza grande, con altre quattro finestre. Katsuki spostò gli occhi rossi sull'edificio antico ma perfettamente agibile; erano molto in alto, le persone sembravano spesso formiche sui marciapiedi.

Gli edifici che costeggiavano le strade rivestite di sanpietrini parevano gemelli. Stesso color nerastro, stesso numero di finestre, così vicini da poter allungare una mano e toccare anche solo un mattone.

«Come ti chiami, bambino?» domandò Izuku.

Era incredibile il colore di quei capelli ribelli, morbidi e smeraldini che risaltavano i grandi occhi verdi profondi e le guance rosate cosparse di lentiggini. Katsuki era già stanco, voleva solo andare a letto e dormire.

«Sono Katsuki Bakugo. Ho sette anni» rispose comunque, appena.

«Diventiamo amici?».

Nell'attimo in cui si apprestava a rispondere, una delle porte dietro Izuku si aprì e un'elegante donna con un abito lungo e rosa confetto entrò. Katsuki rimase stupito di vedere una certa somiglianza in fatto di occhi e colore di capelli.

BakuDeku - Arabesque in Fa MaggioreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora