Chapter 21: Sfaccetture di Ricordi

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«E' un onore averti alla Essence, Shoto. Sono un grande amico di tuo padre e lo rispetto molto come uomo. Sentiti pure libero di chiedere e fai amicizia».

Shoto Todoroki, dodici anni appena compiuti, sentì un gelido brivido di inquietudine salirgli lungo la schiena quando Hisashi gli appoggiò la mano sulla spalla e gli accarezzò il viso prima di lasciare l'enorme sala dove molti ragazzini di tante età diverse si allenavano alla sbarra.

L'ambiente era luminossissimo, pieno di specchi, un'ampia vetrata che affacciava sulla meravigliosa San Pietroburgo. Shoto guardò il suo flebile riflesso sul parquet così pulito da incutere quasi fastidio.

Nessuno gli prestava attenzione. Tutti parlavano tra loro e lui era l'unico ad essere ignorato. Forse perché Omega?

Shoto annusò un po'; l'odore di Alpha era appena percettibile per via dei cerotti che indossavano tutti. Anche lui, per volere di Hisashi, ne era munito. Di riflesso sfiorò il tessuto bianco premuto sulla sua ghiandola odorosa. Nervosamente tirò un po' la sua maglietta bianca infilata nell'aderente pantalone nero.

Non riusciva a eliminare il fastidio che quelle scarpette da danza erano terribilmente strette a tal punto da fargli male. Era abituato ai pattini da ghiaccio ma poi suo padre gli aveva sconvolto tutto il suo mondo, dicendogli che avrebbe dovuto frequentare la Essence per un po' e migliorare il suo corpo.

All'improvviso una sensazione di venir fissato lo sconvolse non poco. Shoto deglutì, le mani premute sul petto: lentamente si voltò in direzione della porta dove un ragazzo più alto di lui stava eseguendo degli esercizi alla sbarra e lo osservava dallo specchio.

Era un Alpha. Lo sentiva nel cuore che pulsava insistentemente a tal punto da far vibrare ritmicamente le sue mani. Shoto corrugò le sopracciglia. Sperava solo di non avere nulla a che fare con quel tipo.



Erano passate diverse settimane.

Hisashi era molto entusiasta del corpo di Shoto; era diventato molto flessibile e aveva immancabilmente sviluppato una certa grazia. Era il fiore all'occhiello della Essence.

«Se mio figlio fosse qui sareste degli ottimi amici, piccolo Shoto» disse l'uomo.

Il ragazzo sobbalzò un po'; si era perso nei pensieri mentre fletteva perfettamente una gamba esternamente, le braccia alzate e restava in perfetto equilibrio sulla punta della scarpetta da danza.

Hisashi gli corresse il bacino e nel farlo gli sfiorò volutamente la parte intima e il sedere. Il ragazzo arrossì un po' e i suoi occhi divennero lucidi per un senso di frustrazione. L'Omega in lui guaì di paura.

«Non inarcare troppo la schiena e mantieni dritto il bacino» spiegò mellifluo Hisashi. «Ecco. Ora sei perfetto».

Shoto guardò gli occhi di Hisashi attraverso lo specchio e di nuovo la paura gli attanagliò lo stomaco. Scorse quelli rossi di Tenko che lo guardava in fondo alla sala, mentre sorseggiava dell'acqua.

«Che ne dici di provare alcuni passi con il mio diamante?» propose Hisashi.

Senza attendere alcuna risposta lo spinse delicatamente con una mano sul sedere verso l'Alpha che, con un ghigno, posò la bottiglia sul parquet e si avvicinò appena.

«Sii gentile, Tenko, mi raccomando» gli disse l'uomo.

L'altro annuì e li lasciò soli. Shoto abbassò gli occhi, improvvisamente spaventato dalla forza del ragazzo che, interessato, iniziò a girargli lentamente intorno.

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