8, Dammi un'altra possibilità

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Sabato 17 settembre 2022, ore 20:01, casa di Louis e Zayn, Putney Heath, Londra.

Louis era seduto dietro una sponda del tavolino basso in soggiorno, con le gambe incrociate sul tappeto irsuto decorato con disegni di fiori dallo stile antico e sofisticato.

Spostò la pedina di un alfiere sulla tavolozza legnosa della scacchiera, e sospirò, attorcigliando tra le dita un polsino del pigiama.

Eleanor tirò una lunga sorsata di caffè macchiato dalla cannuccia e depose il bicchiere di Starbucks accanto a sé, compattando le mani sotto il mento per meditare attentamente sulla prossima mossa.

Magda, intanto che gli camminava intorno, raccogliendo le cartacce disseminate sul pavimento che proliferavano un'ora dopo l'altra, si chinò a baciargli la fronte e Louis, per facilitarle il compito, issò la testa a occhi semichiusi.

«Sei fresco» valutò la donna, visibilmente contenta di poterlo dire. «La febbre è passata».

Louis le rivolse un'occhiata che gridava amore e allargò un sorriso teso dalla riconoscenza. Era merito suo se ancora serbava un po' di forze e si teneva in piedi. Suo e di Eleanor, naturalmente.

Zayn, durante gli ultimi due giorni, era stato più schivo che mai. Giunto a quel punto, iniziava a nutrire seri dubbi sulla sua esistenza: ricordava di averlo incontrato una sera, prima di cena, accomodato attorno all'isola della cucina. L'uomo lo aveva baciato come se tutto filasse liscio, come se nulla fosse accaduto; gli aveva domandato come si sentisse e se dovesse incaricare un domestico di acquistare un medicinale specifico. Dopo di quello, si era dileguato.

Sapeva stesse dormendo al piano di sotto, in cantina, ma era sospettoso anche su quello. Per quanto ne sapeva, avrebbe potuto trascorrere quelle due nottate in compagnia di Liam. Non che gli importasse, in realtà, ma al rivelarsi delle sue doti di attore si era sentito smarrito, perlopiù ingannato. Chi era l'uomo col quale aveva instaurato una relazione, un anno e mezzo addietro? Era stato convinto di conoscere la risposta, prima del trasferimento a Londra, ma adesso era tutto diverso, astruso, a tratti illogico.

Il vivacizzarsi di Clifford lo destò dalle rogne che affollavano il cranio. L'animale scattò sulle zampe e scodinzolò, arrampicandosi ad aggredirlo di pretese. Louis barcollò sul lato opposto, spinto dal discreto peso del suo corpo, ed esplose in una risata melodiosa. Si stupì lui stesso di quel suono genuino, scricchiolante. Era assente da due giorni e mezzo.

«Buono, Cliffy, che ti prende?» lo stuzzicò, esponendo le guance, che subito furono tampinate di leccate e di sbuffi. Era un cane mansueto, di solito, ma aveva sviluppato un attaccamento morboso a Louis che lo rendeva geloso, più affamato di affetto che di cibo.

Quando qualcuno lo baciava o lo accarezzava, in Clifford si attivava una sorta di allarme che lo induceva a mendicare coccole e attenzioni.

«Lo sai che papino ama solo te» dichiarò con una voce gracidante, da bambino smanceroso. «Solo te, solo te» ripeté, impastando tra due pugni stretti la faccia del cane, che fu tanto beato del gesto da non opporvisi, ma anzi, rilassò i muscoli e si prestò a lui come giocattolo, attendendo fedelmente il bacio sulla nappa grezza del naso nero che Louis non scordava mai di dargli.

Te... ed Harry – rettificò solo nella propria mente. Eleanor lo guardò con un'espressione di ribrezzo e lui per un istante credette di averlo espresso ad alta voce.

«Tocca a te» gli disse, sprofondando con i palmi all'indietro.

Non aveva idea di quale pedina lei avesse spostato, né su di quale a lui stesso convenisse puntare. Stare a far nulla per tutto il giorno lo aveva stancato, percepiva un principio di appetito, e si sentiva colpevole per questo. Sapeva fosse ingiusto, ma era come se, nel tornare ad avvertire le normali pulsioni di essere umano, disonorasse il dolore per la perdita di Harry.

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