Like Romeo+Juliet [Larry Stylinson]

11, Capo

Venerdì 14 ottobre 2022, ore 15:45, Londra, University of Roehampton, biblioteca.

Louis sedeva dietro alla grande scrivania di noce resinata, circondato da libri di testo, evidenziatori e da quaderni affollati di appunti, riassunti e scarabocchi. Da quando aveva ottenuto la mansione di bibliotecario alla Roehampton era diventata una delle sue nuove abitudini: studiare nel silenzio distensivo di quelle mura che lo avvolgeva e lo stimolava a non distrarsi troppo spesso.

Le luci erano soffuse, gli studenti accomodatisi ai banchi lavoravano scrivendo sui tablet e ai portatili, si sgranchivano il collo e sbadigliavano. Di tanto in tanto, qualcuno di loro si allontanava a prendere un caffè e a inviare un paio di messaggi. I più gentili proponevano di pagargli un tè o una merendina, gesto che Louis rifiutava, ma che apprezzava moltissimo.

Era Harry, di solito, a fargli visita sciorinando un sacchetto di carta unto, appesantito da qualcosa di gustoso. Un pomeriggio si era presentato da lui con due fette di pizza al pomodoro, un'altra volta aveva portato delle ciambelle fritte e impolverate di zucchero triturato in finissimi granelli scintillanti, ma era più comune che acquistasse i croissant farciti con la confettura all'albicocca, i preferiti di Louis.

I croissant all'albicocca incarnavano un'allegoria, l'offerta di pace grazie alla quale Niall e Teddy avevano acconsentito ad accoglierlo nell'appartamento, e per questo vi si erano ormai affezionati.

Quel giovedì mattina di due settimane addietro, in seguito alla rottura definitiva con Zayn, Louis si era precipitato al bar più facilmente raggiungibile per procurarsi la colazione, mentre Harry e i due inquilini dormivano beati.

Teddy e Niall avevano addentato la sfoglia croccante dei croissant, leccato la marmellata appiccicosa dalle labbra, sorseggiato il cappuccino, ponendo come unica condizione che Louis contribuisse al saldo dell'affitto e delle bollette.

Stipulato l'accordo ufficioso, Louis era diventato uno di loro con effetto immediato.

L'unica pecca di quella situazione ideale era stata il dover rinunciare a Clifford, perlomeno in via temporanea. Lui ed Harry si recavano a trovarlo ogni giorno, quando Zayn non era in casa. Trepidava per quei momenti, per lo scodinzolare del cane, per il suo entusiasmo e le sue religiose leccate, e si commuoveva ogni volta in cui doveva lasciare l'abitazione. Harry allora lo abbracciava e lo consolava rammentandogli: «Domani. Torneremo anche domani».

Non poteva attribuire colpe a nessuno. Assumersi responsabilità per un cane di quella taglia non era un affare adatto a chiunque e, malgrado l'amarezza, lo comprendeva perfettamente. Forse Clifford era più felice in un ambiente spazioso quanto lo era la casa delle streghe. O forse no.

Prima o poi, comunque, sarebbero tornati a essere la famiglia che erano stati, e questo gli infondeva speranza.

Harry, intanto, stava mantenendo le sue promesse: lo aveva istruito sul funzionamento della lavatrice, sul cuocere in padella i bastoncini di pesce senza carbonizzarne la panatura e, al contempo, preservare il surgelamento del merluzzo tranciato; gli aveva insegnato a scandagliare i supermercati più convenienti, a stendere il bucato, a lavare le stoviglie a mano, a sistemare il letto ogni mattino, e molte altre cose preziose.

Louis si approcciava a ogni lezione esibendo una incrollabile esaltazione; tuttavia, stava riscontrando diverse difficoltà nell'apprenderne la dottrina. Per esempio, faceva fatica a immedesimarsi con i propositi di chi avesse arredato l'appartamento senza considerare di installarvi una lavastoviglie. «Sarebbe così semplice» si lamentava mentre strofinava la spugna abrasiva contro i piatti e i bicchieri di vetro. Ed Harry lo stuzzicava chiedendogli: «Quindi sapresti accendere una lavastoviglie? Stai dicendo questo?». A quel punto, com'era di consuetudine, Niall e Teddy scoppiavano a ridere e Louis si azzittiva, prendendo a raschiare la porcellana dei piatti come se volesse vederla disintegrarsi tra le proprie mani.