2. «Che cosa vuoi da noi?»

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Forse era davvero morto, forse quell'alpha aveva davvero posto fine alle loro sofferenze, forse sarebbe davvero riuscito a rivedere Wooshik. Voleva dargli una sberla, voleva urlargli in faccia, voleva afferrargli il bavero della maglia, sputargli in un occhio però poi attirarlo a sé e baciarlo perché non era riuscito a smettere di pensarlo neanche per cinque secondi, non poteva smettere di amarlo per quanto il suo cuore stesse ancora sanguinando. L'unico desiderio di Taehyung era poter tornare indietro nel tempo e cambiare il corso degli eventi, salvare il suo alpha, vivere una vita lunga e felice.

Credeva davvero di essere morto però poi percepì un leggero fastidio alla gamba e nella vita dopo la morte non c'è dolore, non ci sono fastidi fisici. Roteò un paio di volte il volto, strofinando la guancia contro quel cuscino delicato che profumava di detersivo, semplice ammorbidente e nient'altro e quando aprì definitivamente gli occhi, pensò che si sarebbe trovato nella sua vecchia casa, quella che aveva condiviso con Wooshik e Misun ma piano piano la sua vista andò a fuoco e non riconobbe nulla di ciò che lo circondava.

Era adagiato sicuramente su un letto matrimoniale, di lato c'era un comodino con due cassetti ed immediatamente allungò un braccio per provare ad aprirli. Trovò un orologio, lesse l'ora e si chiese se fossero realmente le dieci passate del mattino. Poi notò un pacchetto di fazzoletti, una custodia per occhiali, un burro cacao alla vaniglia, un ciondolo, un libro con il segnalibro che superava la metà, una cornice senza fotografia. Sbuffò. Nulla di tutto quello poteva tornargli utile. Alzò lo sguardo e notò un mobile a parete a cinque ante, uno specchio appeso e poi un mobiletto basso sopra al quale erano stati riposti una quantità esagerata di oggettini di piccole o medie dimensioni e nell'angolo opposto della stanza c'era una poltroncina beige ed un minuscolo tavolino sul quale a mala pena si poteva appoggiare un libro ed una tazza di thè. La finestra era chiusa, oscurata per metà, entrava luce quindi sicuramente non poteva essere ancora notte.

Decise che doveva capire dov'era e come ci era arrivato fin lì e così spostò la coperta dal proprio corpo, facendola adagiare dal lato del materasso per poter scendere ma si rese immediatamente conto di avere la caviglia fasciata. La osservò a lungo, si toccò la gamba, provando a muovere le dita del piede e fortunatamente ci riuscì, nulla di rotto anche se provava dolore, sentiva la storta pulsargli e sperava solo di riuscire a stare in piedi.

Fu complicato mettersi a sedere, la testa gli girava, si sentiva debole, affamato, assettato, gli facevano male i muscoli dei polpacci e della schiena, non riusciva a far forza sulle mani per sollevarsi dal materasso. La porta sembrava essere lontana chilometri però per fortuna era socchiusa. Se fosse riuscito a raggiungerla, sarebbe anche uscito da lì. Doveva cominciare ad orientarsi prima di organizzare una fuga.

E proprio mentre chiudeva gli occhi e prendeva un respiro profondo, cercando la forza di alzarsi finalmente in piedi, sentì una voce che risvegliò il suo lupo.

Equilibrium theory | mintaeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora