uno

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esco dall'università di corsa, piove e non ho l'ombrello.
corro verso la pasticceria nella quale avevo ordinato una torta per il compleanno di mia madre.
<<salve, avevo ordinato una meringata al cioccolato per 30 persone>> parlai al ragazzo alla cassa.
<<certo, ora arriva, sono 45€>> mi sorrise.
porsi una banconota arancione, presi il resto e la torta e mi avviai da mamma.
prima di uscire dal negozio vidi il mio tram sfrecciarmi davanti, cosi mi tirai su il cappuccio, guardai le mie forum bianche con i dettagli neri, che avevo comprato giusto ieri.
<<scusatemi>> strinsi i denti.
alzai lo sguardo verso il cielo vedendo che era nero.
<<che dio me la mandi buona>> aprii la porta e corsi da mamma, la quale si trovava al lavoro.

ero fradicia da capa a piedi, la mia felpa grigia aveva cambiato colore, così come i miei leggins erano diventati nero scuro.
il mio mascara però, era rimasto intatto, quasi del tutto, lui non mi tradisce mai.

suonai.
<<chi è?>> una voce maschile parlò.
<<sono io, eva greco>> mi alzai sulle punte.
<<entra pure>> rispose.
mi aprirono ed entrai, attraverso lo specchio della porta vidi le mie condizioni, pure i miei capelli inzuppati, che odio, li avevo lavati giusto ieri.
aprii la porta d'ingresso, mi porsi sulle labbra la trombetta da compleanno e la suonai.
<<tanti auguri mamma!>> esclamai sorridendo.
<<eva, non dovevi!>> si avvicinò mia mamma.
<<eddai su, non è nulla>> mi guardai intorno,
avevo gli occhi di tutti i ragazzi
<<guarda cos'ho portato>> le porsi lo scatolone con la torta.
<<per tutti, oggi si festeggia>> continuai sorridendo.
tutti i ragazzi e le ragazze si alzarono in piedi a festeggiare tranne un ragazzo con i baffetti, lui era rimasto seduto, affianco a lui c'erano due stampelle.
<<eva sei tutta bagnata, vai a cambiarti>> mi invitò mia madre.
il ragazzo sulla ventina ghignò, dio che comportamento infantile.
<<ue ale, non è che mi presteresti dei pantaloni ed un felpa?>> mi rivolsi al mio migliore amico.
<<ma certo, testa di minchia>> mi cinse il collo con il suo braccio e mi accompagnò nella sua stanza.

<<quanto ti manca?>> domandai.
<<qualche mese e poi sono libero, finalmente>> sorrise porgendomi una tech.
lo guardai storto.
<<la metto solo perché non ho altra scelta>> la afferrai socchiudendo gli occhi.
<<dai su vestiti>> mi spinse.
senza vergogna mi cambiai davanti a lui.
<<per questo tua madre dovrebbe darmi qualche permesso in più oppure togliermi qualche settimana>> mi strizzò l'occhiolino.
<<senti è già tanto che ti dico quando passano i controlli, reputati fortunato>> lo spinsi con il fianco e scendemmo le scale.
<<quando passano?>> domandò sbarrando gli occhi facendo l'ultimo gradino.
<<ale, hai ancora roba? fai sul serio?>> domandai guardandolo dal basso.
annuì e abbassò il capo.
<<io non ti capisco>> scossi la testa e mi allontanai.
<<eddai eva, non fare così>> alzò il tono di voce perché mi allontanai.

alessandro è stato da sempre il mio migliore amico, mio fratello.
siamo cresciuti insieme, non è stato facile, ma alla fine ce l'abbiamo fatta, o quasi.
non mi è mai piaciuto il fatto che vendesse pur di avere qualche spicciolo, spesso finivamo per non parlarci per settimane proprio per questo motivo.
ora è in comunità, da diversi mesi, per fortuna posso vederlo quasi quando voglio perché mia mamma è la direttrice dunque spesso, quando ho tempo faccio un salto da lei e da ale.

entrai nel salottino ed ogni ragazzo si stava gustando la propria fetta.
diedi uno sguardo veloce di tutti i volti, ma il mio occhi ricadde sul ragazzo di prima, era la prima volta che lo vedevo, era seduto su una sedia sta volta, affianco c'era una ragazza che ad essere sincera non mi piace per niente.
lo guardai e mi guardò dritto negli occhi, non so perché ma quell'occhiata mi smosse qualcosa dentro.
<<tieni, questa è per te>> mi porse un piattino mia madre distraendomi.
<<no mami, non ho fame adesso>> le sorrisi senza mostrare i denti.
<<da quanto è che non mangi?>> mi domandò.
<<appena finita l'università, ho mangiato un pacchetto di cracker>> nella stanza calò il silenzio.
<<eva, sai che le bugie hanno le gambe corte, ieri sera che hai mangiato?>> continuò mettendomi in imbarazzo.
<<una pizza, te l'ho detto>> dissi infastidita.
<< non era un kebab?>> inclinò la testa verso destra.
abbassai il capo ed uscii in veranda.
non appena aprii la porta, i miei capelli vennero scompigliati dalla brezza autunnale.
mi sedetti su una sedia portando le ginocchia al petto appoggiandoci la testa.
sentii la porta della veranda aprirsi, sinceramente non avevo nemmeno voglia di girarmi per vedere chi fosse.
<<dai tieni, mangia qui>> sbattè il piatto con la fetta sul tavolo.
<<no, veramente, non ho fame>> risposi.
<<non credo proprio, saranno minimo tre giorni che non mangi>> si accomodò nella sedia affianco alla mia.
<<ma a te che importa?>> domandai scuotendo la testa.
<<perché anche io quando litigavo con la mia tipa, quando mi veniva a trovare in comunità, non mangiavo per giorni e non va assolutamente bene, e poi che concludi? ti fai solamente del male>> spinse con l'indice il piatto verso di me.
<<non è il mio fidanzato, solo un caro amico>> risposi accennando una risata.
<<eddai su, ho rischiato di cadere diverse volte per venire da te ed ora nemmeno la mangi?>> mi sorrise.
cazzo che sorriso, inevitabilmente notai dei denti d'argento.
presi coraggio e mangiai qualche boccone, nel mentre il ragazzo mi guardava con un sorriso dolce.
<<mohamed, la direttrice ti vuole>> parlò una voce da dentro.
<<finiscila tutta, mi raccomando>> mi indicò.
<<certo>> corrugai la fronte.
<<mohamed>> continuai.
<< spero di rivederti presto eva>> fece il saluto del soldato e zoppicando si allontanò.

uno sconosciuto che riesce a farmi mangiare, c'è qualcosa che non va..

🎨rieccomi!
che una nuova storia inizi😵‍💫
a domani!

ti ricordi quando eravamo niente?// simba la rueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora