Capitolo 19 "La prova"

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KATHERINE'S POV

Lj ed io uscimmo dal bosco e, tenendoci sull'ombra del confine, lo portai ad una casa su due piani.

«Vai e divertiti» disse il clown, appoggiandosi con la schiena ad uno dei tronchi, con le braccia incrociate sul petto. Essendo ormai il crepuscolo, le sue parti nere sembravano scomparire nell'ombra del boschetto.

«Non me lo faccio ripetere due volte» ammisi, mettendomi le armi nei passanti della cintura dei pantaloni.

Mi avvicinai ad una finestra aperta e saltai dentro, facendo attenzione a non fare alcun tipo di rumore. Scoprii che la stanza in cui ero, era un salotto che dava sulle scale per il piano superiore. Salii e cercai le camere da letto, avanzando nel buio. Aprii piano la prima porta e trovai la stanza di una bambina. Mi avvicinai, sentendo qualche rumore. A pochi passi dal letto la sentii singhiozzare sommessamente. Poi un odore familiare mi fece scattare qualcosa: sangue. Guardai ai miei piedi e vidi qualche goccia partire da un passo da me, fino al letto. Mi sporsi di poco e vidi che sulla sua guancia c'era un grande livido e un paio di graffi troppo distinti per essere dovuti alla caduta. Sapevo di essere nella casa giusta. Uscii dalla stanza e mi fermai in corridoio sentendo delle voci. Un uomo e una donna stavano parlando del colpo che avevano dato a loro figlia, complimentandosi tra di loro e ridendo. Entrambi erano colpevoli e quella rivelazione mi fece davvero incazzare.

Aspettai che si addormentassero. Un leggero russare mi fece capire che erano caduti in un sonno profondo. Entrai in camera e li vidi. Erano due ragazzi. Avranno avuto sì e no una ventina d'anni. Dormivano entrambi abbracciati: il ragazzo aveva la testa appoggiata sul petto della ragazza, mentre lei lo circondava con il braccio. Sembravano davvero molto innamorati, se non fossero due fottuti bastardi. Mi salì una forte rabbia e un grande senso di vendetta. Libero un Sai per usarlo sul ragazzo, dato che era il più vicino. Appena appoggiai il ginocchio sul letto, lui si girò, mettendosi supino e allontanandosi un po' dalla ragazza. Mi misi a cavalcioni su di lui. Lo sentii gemere, segno che si stava svegliando. Senza dargli la possibilità di aprire gli occhi, lo baciai.

«Addio, tesoro. Sogni d'oro» sussurrai al suo orecchio, per poi pugnalarlo dritto al cuore.

Lo sentii gorgogliare sommessamente, quindi tolsi la lama. Vidi il sangue sgocciolare dalla lama e solo allora capii cosa intendeva Jeff. Mi misi sulla ragazza, che mormorò qualcosa, senza svegliarsi. La accarezzai per farle aprire gli occhi, senza nessun risultato. Le avvicinai la lama alla bocca, facendo scendere qualche goccia sulle sue labbra. Si svegliò e, una volta avermi visto, decisi di pugnalarla. Andai in cucina e presi due dei coltelli più lunghi che possedevano. Tornai in camera e, uno ad uno, impalai i due al muro, con una forza che non credevo di possedere. Conficcai i coltelli nelle loro gole, oltrepassando anche un pezzo di muro, e con il sangue che ne fuoriusciva, scrissi alcune parole sul muro al loro fianco.

"Nella notte succede sempre il peggio. Segreti che nessuno ha il diritto di svelare. Per paura, vergogna o orgoglio. Ma la notte è anche il momento in cui si aggira l'ombra più oscura. Vi ucciderò. Un nuovo killer è in città. Sogni d'oro.

-the Shadow".

Dopo aver ripulito le armi, chiuso la porta a chiave per non farlo vedere alla bambina e messo un grande foglio con un disegno di un telefono e il numero 911 sulla porta, uscii, chiusi la finestra e raggiunsi Laughing Jack.

«Bel massacro. Complimenti» esultò, facendomi poi segno che era ora di metterci a camminare per tornare a casa.

«Grazie» risposi, mentre l'adrenalina stava scendendo.

Raggiungemmo la CreepyHouse parlando. O meglio, Lj parlò ed io risposi solo a monosillabi e flebili risate. Una volta arrivati, entrammo e la prima figura che trovammo fu Jeff. Si girò verso di me di scatto e mi guardò con occhi sbarrati. Solo allora mi accorsi che avevo la maglia sporca di sangue. Maledizione.

«Brava, piccola» si complimentò, avvicinandosi sorridendo.

«Grazie... ma la prossima volta andiamo insieme» risposi, ricambiando il suo sorriso e lo baciai.

«Assolutamente sì» promise.

«Sei tornata. Molto bene. Non volevo che una buona risorsa come te andasse sprecata. Ti ho osservata e sei stata brava. Una vera killer. Una di noi» disse Slender, apparendo di fianco a Jeff.

«Perfetto» accettai, poi mi rivolsi a Jeff. «Ti amo»

«Anch'io ti amo»

JEFF'S POV

Erano passati circa venti minuti da quando Katherine era uscita da quella porta ed io cominciavo a preoccuparmi. Ero seduto sul divano, in attesa del suo ritorno dalla prova, e l'unica cosa che potevo fare, era girarmi i pollici. Non volevo che diventasse come me. Aspettai e aspettai finché non sentii Slender rientrare in casa, segno che la mia ragazza aveva finito la sua prova. Dopo qualche minuto, sentii la sua risata fuori dalla porta e mi alzai. Entrò e la prima cosa che vidi era la sua maglia sporca e macchiata di sangue.

«Brava, piccola» dissi, stando al piano prestabilito.

Quando Slender le parlò, non lo ascoltai perché ero perso a guardare Katherine in tutta la sua perfezione, nonostante fosse piena di sangue.

«Ora potete andare. Devo parlare con Lj. Soli» Presi Katherine per mano e la portai al piano superiore, dove c'erano alcune delle camere dei killer. La portai fino alla mia camera da letto. Slender, avendo capito che stavamo insieme, ci faceva condividere la stanza. Non che mi abbia dato fastidio, sia chiaro.

«Questa è, e sarà, la nostra camera» dissi, fermandomi davanti alla porta, senza aprirla.

«E cosa aspetti a farmi entrare, allora?» chiese, sorridendo.

Aprii la porta, facendo vedere l'interno e, facendo il gesto con la mano, la invitai ad entrare. «Prego, mademoiselle»

Lei entrò e, dopo pochi passi, si fermò. Come camera non era piccola. Avevo: un letto a tre piazze (mi piaceva stare comodo), un armadio con sei ante e due cabine-armadio ad angolo, una scrivania spaziosa, un pouf enorme, due librerie riempite di ogni genere di libro, due finestre che davano su due lati esterni diversi della casa e un divano letto. Sopra la scrivania c'erano: un computer portatile, un televisore da 70 pollici con lettore DVD e USB incorporato e uno stereo bluetooth collegato a quattro casse agli angoli della stanza. Vicino al letto, c'era la porta per il bagno privato, condiviso con Lj. I muri erano bianchi, con i mobili color mogano.

«Ti piace?» domandai, mordendomi l'interno guancia per l'ansia.

«Piacermi? La adoro! È bellissima. Davvero» affermò, per poi baciarmi.

Ricambiai il bacio e sentii la sua mano tra i miei capelli. Le nostre bocche che si cercavano, le nostre lingue che si intrecciavano. Posai le mie mani sulle sue guance, mentre mi tirava leggermente i capelli.

«Ora devi tener fede alla promessa di prima» mormorò, sulle mie labbra.

«Certo, piccola» risposi, chiudendo la porta con un piede.

Appoggiai la sua schiena contro la porta e cominciai a baciarla sul collo, facendole uscire leggeri gemiti dalle sue labbra, mentre lei spingeva il suo corpo contro il mio.


Jeff the Killer: il killer dannato e sexyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora