Capitolo 8

726 29 0
                                    

Capitolo 8






"Stai bene?"

"Sì. Il posto non è molto accogliente, ma sai che mi adeguo con facilità"

"L'importante è che tu sia al sicuro"











Con uno scatto felino, afferra la mia mano facendomi perdere l'equilibrio. Gli cado rovinosamente addosso e lui mi intrappola subito con le sue braccia.

"Lasciami" gli ordino, divincolandomi come un capitone impazzito.

Attende che io mi stanchi di scalciare, ma non ho alcuna intenzione di smettere. Punto il mio ginocchio proprio lì e lui ringhia sommessamente.

Ti castro stavolta!

Avendo messo a repentaglio l'unica cosa a cui tiene dopo la sua azienda, decide di lasciarmi e io riesco a mettermi seduta sopra di lui e riprendere un po' di fiato, quando un altro scatto da pantera nera della savana, mi fa ritrovare incredibilmente sotto di lui con i polsi fermamente bloccati sul materasso e le gambe divaricate, tante volte mi venisse in mente di attentare di nuovo ai suoi gioielli di famiglia.

I suoi occhi luccicano prevalentemente di rabbia, anche se quella specie di lotta greco-romana l'ha sicuramente divertito.

Siamo sempre stati molto materiali durante i litigi. La manesca dei due sono sempre stata io e spesso ho approfittato del suo onore per prendermi qualche rivincita.. Lui non ha mai alzato un dito su di me, preferiva sfogarsi sui muri o su qualche mobile. Fatto sta che dopo i nostri rari, ma intensi litigi, era d'obbligo una visita in qualche negozio di mobili o articoli per la casa. Il servizio di piatti che ci regalarono al matrimonio fu il primo a essere decimato durante una delle prime sfuriate post-fatidico sì. Al momento le nostre stoviglie constano di due piatti e due bicchieri che badiamo bene di non rompere, dato che sono necessari alla sopravvivenza. Nell'ultimo anno non abbiamo avuto neanche il tempo per litigare . Quelle poche volte che è accaduto, abbiamo dovuto risolvere il diverbio telefonicamente. La causa principale dei nostri litigi è sempre stata la sua gelosia. I primi tempi che avevo aperto il ristorante, tornavo a casa con il magone. Probabilmente non aveva messo in conto che la gestione di un locale prevedesse orari impossibili e annichilimento della vita sociale. Di certo il suo lavoro non era migliore, spesso lo costringeva a stare lontano da casa per giorni, ma ha sempre giudicato le due cose in maniera differente, come se il mio fosse un gioco. Non salvavo vite come i suoi farmaci, ma di sicuro gli procuravo parecchi clienti...che ne so...affetti dal colesterolo ad esempio.

"Se la smetti di fare la ragazzina ti lascio"

Io? Ragazzina? Smetterla? Ma non se ne parla proprio!

"Sei rivoltante" e credo di avere una faccia davvero schifata mentre glielo dico perché lui inarca un sopracciglio e stringe i miei polsi con più forza, quasi a farmi male.

"Allora siamo pari" ringhia, portando il viso il più vicino possibile al mio, come per essere sicuro che il messaggio arrivi a destinazione.

Che fissazione! Siamo pari... siamo pari... non ambisce ad altro. Ma non siamo pari per niente!

KItchen (Sasusaku)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora