Capitolo 14

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Capitolo 14



Ho passato tutta la notte a girarmi e rigirarmi nel letto alla ricerca di una soluzione possibilmente indolore.

Non c'è.

Se tornassi a Konoha, Sasuke mi odierebbe per tutta la vita. 

Poco male, io già lo odio. Almeno il sentimento sarebbe reciproco.  

Se restassi la mia stella Michelin andrebbe a farsi benedire, perderei la mia migliore amica e il prestigio, sudato, del mio ristorante. 

Scelta ardua, considerando il fatto che ho Sasuke sdraiato al mio fianco che dorme con una mano poggiata sulla mia pancia.  

Kami, quant'è bello! 

Un ciuffo ribelle gli percorre la fronte fino al naso, le labbra sono appena socchiuse e ha un'espressione da bambino indifeso che... oh Kami... così non va, non va per niente. Mi inebetisce, no... rincitrullisce. Non è certamente in questa posizione che riuscirò a prendere una decisione sensata e ponderata.  

Mi muovo quel tanto che basta per sgusciare fuori dal letto. 

Ma quando è venuto a dormire? 

Non mi sembrava di averlo sentito questa notte anche se dopo la noiosissima giornata con i suoi consiglieri e la porno, ehm, l'esuberante ricercatrice che non ha fatto altro che farmi saltare i nervi, quando sono salita in camera sono crollata come una pera cotta.  

Ho quasi un piede fuori dal letto quando la sua mano si muove sulla mia pancia fino ad afferrarmi il fianco. Mi volto verso di lui con la morte negli occhi: non ho ancora deciso e incontrare adesso i suoi, di occhi, darebbe il via a una paturnia apocalittica che neanche quel liquore alle erbe riuscirebbe a placare.  

Per una volta la fortuna è dalla mia parte: sta ancora dormendo; forse è stato solo un riflesso incondizionato. 

Con la delicatezza di un soffiatore di vetri di Murano, sollevo ad una ad una le dita che arpionano il mio fianco e nel contempo poggio un piede per terra, trattenendo il respiro. 

Meglio uno scatto veloce o una fuga lenta e silenziosa? 

Sicuramente meglio la seconda. Conoscendolo se mi muovessi troppo velocemente, salterebbe in piedi sul letto come un grillo. 

Sto sudando. 

Faccio scivolare la sua mano lungo la mia pancia, facendole fare in pratica il tragitto al contrario: se non interrompo il contatto, potrebbe anche non accorgersene. 

Intanto il mio sedere si fa strada tra lenzuola e piumone d'oca, facendo leva sul piede che è artigliato alla moquette come la zampa di un gatto.  

Oh mamma, che sudata! 

Il piano sembra aver funzionato alla perfezione: la sua mano poggia sul cuscino che man mano ho sostituito al mio corpo e sembra che stia ancora dormendo. 

Sospiro di sollievo e in punta di piedi mi dirigo verso il bagno, realizzando che da quando siamo arrivati è la stanza della camera che preferisco in assoluto, nonché il luogo in cui ho passato più tempo. É  rassicurante.  

Impugno la maniglia, trionfante; la abbasso e il cardine emette un debole suono, un cigolio, non molto acuto - almeno per un udito normale. 

"Dove vai?"  

Agghiacciante. 

Stringo gli occhi fino a sentire le tempie battere al ritmo del mio cuore galoppante con la speranza che una volta riaperti sia in un altro posto.  

KItchen (Sasusaku)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora