Sono solo. Solo e discretamente incazzato.
L'ho razionalizzato adesso, vedendo il mio smoking di Armani e la mia camicia Ralph Lauren tristemente appese sull'anta dell'armadio: se Sakura fosse stata qui avrebbe tolto gli abiti dal cellophane della lavanderia e li avrebbe sistemati sul letto.
Saranno le piccole cose a mancarmi di più ed è meglio che ci faccia subito l'abitudine perché ormai è abbastanza chiaro che la situazione sia irrecuperabile.
L'ho persa. L'ho persa per sempre.
Quando questa mattina, dalla cima del Monte Kumo, ho visto l'elicottero sorvolare la valle ho percepito una sensazione di vuoto, che gradualmente si è trasformata in dolore e infine in rabbia.
' Proprio un bel cazzo di lavoro Sasuke, complimenti! ' Mi dico, stringendo i pugni, ma non posso mollare adesso e anche se non ho la ben che minima voglia di partecipare a quel galà, mi accingo a scartare – da solo – gli abiti.
Il fallimento non è contemplato.
A parlare sono i miei occhi alla figura riflessa allo specchio. Sono sempre stato bravo ad auto-motivarmi. In questo caso devo essere bravissimo, superare me stesso, perché guardandomi allo specchio tutto ciò che riesco a vedere è un coglione in mutande con una costosissima camicia aperta sul davanti.
Deprimente.
Sono sempre stato consapevole del fatto di non essere una persona, per così dire, normale: ho un pessimo carattere, un centinaio di fisime e uno spiccato istinto di autoconservazione che si traduce in un inequivocabile egoismo, ma scoprire di essere anche una ciclopica testa di minchia... beh, questo me l'avevano detto in tanti, ma non avrei mai potuto immaginare che fosse vero.
Con estenuante lentezza abbottono la camicia e indosso i pantaloni, sperando che da vestito la musica cambi, ma non è così: ora sembro un coglione travestito da pinguino... e non ho ancora indossato la giacca.
Decisamente contrariato da quell'improvviso e insolito calo di autostima decido che sia meglio che io finisca di vestirmi in salotto, lontano dallo specchio e più vicino al carrello dei superalcolici.
Ripenso a Itachi e Kasumi: quando gli ho comunicato che Sakura non sarebbe stata presente al galà non hanno mostrato il minimo stupore, come se la decisione di mia moglie fosse stata più che lecita se non addirittura prevedibile e mi sono sentito uno stupido perché no, maledizione, io non l'avevo previsto! Contavo su di lei, volevo averla al mio fianco e invece lei ha scelto il suo dannatissimo ristorante!
E la rabbia che parla, non io, perché a conti fatti non sono nella posizione di poterla giudicare. Non ho fatto lo stesso anche io? Non ho messo il mio lavoro prima della mia famiglia?
La sera che Karin si è presentata a casa mia dopo il lavoro non ho avuto molto tempo per valutare quali sarebbero state le conseguenze della mia scelta.
Mi aveva ricattato, la stronza. Era stata subdola, calcolatrice: sapeva che a quell'ora mia moglie non sarebbe stata in casa e che le informazioni in suo possesso fossero di vitale importanza per me.
Per quale altro motivo sarei potuto andare a letto con lei?
Nonostante la mia vita matrimoniale non fosse il massimo in quel periodo, i miei sentimenti nei confronti di mia moglie non erano affatto mutati, pertanto quando Karin – superando l'evidente imbarazzo – mi aveva comunicato la sua richiesta, istintivamente le ero scoppiato a ridere in faccia, convinto che stesse scherzando.
Lei, a quel punto, mi aveva gentilmente chiarito che se non avessi accettato non solo Orochimaru avrebbe mandato sul lastrico me e mio fratello, ma avrei rischiato anche di passare parecchi anni in un'umida cella.
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KItchen (Sasusaku)
RomansaSakura è la titolare di un famoso ristorante di Konoha. Tra cipolle, barattoli di fagioli e sedani assassini, si alterneranno momenti di ironia ad altri di drammaticità. Tanti colpi di scena a suon di mestolo. - Perdonatemi, le introduzioni non sono...