XXIII

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*Grace*

Mia madre mi dava sempre un bacio sulla fronte ed uno sul naso prima di andare a dormire la notte. Ero legata a quei ricordi come all'ossigeno sott'acqua.
La mia mente mi riportò a quel pensiero, quando Noah, imponente davanti a me lasciava sul mio naso un piccolo bacio.
Non riuscivo a capire più nulla. Non capivo in primis me, bloccata, col cuore che pompava a mille e l'imbarazzo ancora di più. Non capivo questa nuova sensazione di paura, il suo contatto mi scottava come il fuoco, ma era un piacevole sul mio corpo freddo come la neve. Non capivo lui. Dapprima insolente ed odioso nei miei confronti, ora docile e...dolce. Che fosse tutto un gioco di manipolazione?
Il diavolo ha innumerevoli maschere, lo avevo provato sul mio corpo molte volte.
La mia testa era una macchinetta che non staccava un attimo di pensare, ragionare, ma in quel momento tutto si fermò.
Ascoltavo spesso i racconti delle mie compagne sul primo bacio, il primo amore, la sensazione delle farfalle nello stomaco. Il mio stomaco si stava contorcendo e a tratti faceva quasi male.
Lui non era un bravo ragazzo, non era nemmeno da avvicinare per chiedergli un fazzoletto.
Eppure gli permisi di sfiorarmi, di avvicinarsi a me più di quanto avrei concesso a chiunque altro.
"Stef prendiamo il cart." Disse catapultandomi d'improvviso nel mondo reale, fuori dalle mie mille domande.
Si staccò leggermente solo per caricarmi in braccio a lui e portarmi verso il trabiccolo a quattro ruote. Ero totalmente spaesata, tanto che gli permisi di sistemarmi nel piccolo abitacolo senza protestare ne cercare di respingerlo.
Salì anche lui ed iniziò a guidare verso la villa.
Fu un viaggio estremamente imbarazzante e gelido. Ero fradicia e anche se quel cart non era velocissimo, l'aria mi tagliava in volto come lame affilate.
"Ti ha mangiato la lingua il gatto?" Noah ricominciò a punzecchiarmi.
Mi voltai verso di lui con un enorme punto di domanda dipinto in volto.
"Stai bene Grace?" Mi disse non distogliendo lo sguardo da dinnanzi a lui, sorridendo leggermente.
"Si, sto bene grazie." Dissi velocemente distogliendo lo sguardo da lui.
In tutta risposta avvicinò una mano a me, ma la ritrasse quasi come fosse lui ad essersi scottato stavolta.
"Hai freddo?" Disse dopo qualche secondo.
"Un pochino, sono zuppa." E strizzai leggermente la sua giacca che indossavo.
"Oh si, mi andrebbe proprio una bella zuppa adesso..." iniziò lui leccandosi leggermente le labbra.
"...soffice, vellutata...calda." Stava elencando le caratteristiche di una banalissima zuppa ed io stavo letteralmente prendendo fuoco. Lo sentivo divampare dal basso ventre fino alla punta del naso. Non so se era la voce profonda, o il momento in cui ci eravamo trovati un attimo prima, ma era terribilmente imbarazzante.
"Ma tranquilla, non mangerò te...non ancora almeno." E si voltò a guardarmi dritta negli occhi. D'impulso girai velocemente il viso verso la strada, scoprendo di essere arrivati a destinazione.
Sorridendo beffardo scese velocemente dal cart e si catapultò dalla mia parte, aiutandomi con la gamba.
"Penso di farcela." Cercai di dirgli nel tentativo di non essere ripresa tra le sue braccia, ma fu vano.
In men che non si dica ero già sollevata da terra, con una sua mano sotto le mie ginocchia penzolanti e l'altra a sostenermi la schiena.
"Oh tu guarda, i pomodori per la mia zuppa li abbiamo già trovati." Dovevo essere diventata rossa paonazza visto che Noah se ne uscì con questa affermazione, continuando a ridere.
Volevo sprofondare.
Cercai comunque di mantenere un certo decoro, non volevo l'avesse vinta, anche se la mia faccia mi aveva tradita in partenza.
"È per il freddo." Dissi incrociando le braccia al petto.
"Il freddo sarei io?" Era diventato simpatico tutto d'un tratto. Che soffrisse di disturbo della doppia personalità? Ci mancava solo questa: un mafioso, schizofrenico e violento. Non potevo farcela.
Nonostante i miei tentativi di resistergli, iniziai a ridere non appena lui sollevò gli angoli della bocca. E continuai fin quando non fummo all'interno della villa Silva.
"Mi piace la tua risata." Mi disse improvvisamente, facendomi bloccare.
"Soprattutto mi piace essere io il suo artefice." Gli piaceva farmi ridere.
Notai che il suo volto si stava avvicinando di nuovo al mio. I suoi occhi fissavano le mie labbra, mentre le mie mani avevano arpionato il colletto della sua felpa.
C'era qualcosa che mi spingeva a far questo, qualcosa di più forte della mia paura delle persone. Ma perché proprio con Noah, forse la persona meno affidabile sulla faccia della terra?
"MA DOVE DIAVOLO ERI FINITA?" Jace fermò quel qualsiasi cosa stesse accadendo, costringendoci a ricomporci, anche se Noah non era per niente deciso a lasciarmi scendere dalle sue braccia.
"Cos'è successo? Cosa le hai fatto?" Eccolo arrivare velocemente verso di noi, non appena i suoi occhi si spostarono sulla mia ferita.
"Aah, non è niente, sono caduta." Dissi cercando di divincolarmi dalla presa possente del moro.
"È caduta da cavallo." Aggiunse lui, trattenendomi.
"Cosa? L'hai fatta salire?" Jace ci stava rimproverando come un genitore preoccupato. Lo capivo e non, ero scomparsa per tutto il giorno, ma ero comunque una...ero loro prigioniera, sia per lui, sia per Noah, sia per gli altri. Ritornai alla realtà.
"Non è niente davvero." E stavolta scesi dalle braccia di Noah, il quale continuò a sorreggermi dai fianchi.
Nel mente Jace si era abbassato a vedere la ferita e, dalla sua faccia, non doveva essere nulla di buono, ma questo già l'avevo capito.
"Grace qua servono dei punti." Disse rialzandosi.
"Non...non è necessario davvero." Dissi impaurita girandomi verso Noah, chiedendo scusa con gli occhi.
La nonna si arrabbiava tremendamente quando le ferite erano gravi, così tanto da chiedermi al buio per giorni, in compagnia del silenzio e dell'oscurità, mia acerrima nemica.
"Chiamiamo Marc, subito." Disse lui rabbuiato in viso. Ecco, ora era arrabbiato.
"Jace abbiamo guardato ovunque, Grace non..."
"Oh ciao Grace!" Ecco i due AA, salutandomi con la manina ed un sorriso sgargiante, che durò poco dopo che si accorsero del contesto.
"Cosa ti sei fatta? Dobbiamo portarla in ospedale!" Mi si pararono addosso, sovrastandomi.
Mi faceva piacere la loro preoccupazione, mi facevano sentire ben voluta, sapevo che in qualche modo strano tenevano a me.
"Non è così grave Ares, non farla agitate." Gli intimò Jace.
"Chiama Marc, Aron." Chiede Noah al collega, il quale si limitò ad un cenno del capo, scomparendo velocemente nell'altra stanza.
"Davvero non voglio un dottore, sto bene è solo un graffio." Feci per liberarmi dalla stretta di Noah, facendo un passo da sola, ma il dolore era davvero tremendo per quanto riuscissi a resistergli. Afferrai il corrimano delle scale, la prima cosa che mi si parò davanti, per cercare di non cadere.
Un grande braccio che ormai conoscevo molto bene mi arpiono sul basso ventre, per poi aiutarmi a rimettermi in piedi.
"Tranquilla Grace, ti aiuto io. Ti guarda solo il dottore, non devi aver paura." Aveva abbassato il tono di voce, cercando di calmarmi. Non sapevo come dirgli che la mia paura non era del dottore, ma di lui. Non voleva che io fossi un peso, e io in risposta continuavo a combinar danni.
"Non voglio che...non voglio essere un peso." Dissi tutto d'un fiato senza voltarmi nella sua direzione, quasi come un sospiro, a voce bassa.
"Non lo sei, è stato un incidente. Non preoccuparti ok?" Disse lui ancora con lo stesso tono delicato di prima.
Finalmente mi decisi a voltarmi verso la comitiva, trovandoli a dir poco sbigottiti.
Facevano passare gli occhi velocemente dal mio volto a quello di Noah, dal suo braccio avvolto intorno alla mia vita, alla mia faccia di nuovo. Erano increduli, come me del resto.
O forse a renderli esterrefatti era il fatto che Noah non mi avesse ancora inveito contro o minacciato con le peggio cose.
"Arriva tra qualche ora, fa il prima possibile." Aron a spezzare quel siparietto simpatico.
"Signora Terry!" Alzò la voce Noah.
"Eccomi signorino. OH RAGAZZA MIA MA COSA TI È SUCCESSO?! SEI FRADICIA TESORO." Come una palla da bowling la signora Terry stese i quattro attorno a me, per venire a controllarmi da vicino.
"Oh tesoro, c'è bisogno di un bel bagno caldo qua, rischi ancora la polmonite."
Mi riportò ulteriormente con i piedi per terra.
"Vieni Grace ti aiuto a salire le scale." Annunciò Jace avvicinandomi a me.
"Tranquillo la accompagno io." Noah gli si parò davanti imponente.
Sembravano due cani che litigano per un pezzo di osso.
"È meglio se fa una doccia calda anche lei, signorino." Ad interrompere la signora Terry, saggia e pronta come sempre.
Jace mi avvicinò una mano sul fianco lasciato libero da Noah, il quale non gli tolse gli occhi di dosso. Mi appoggiai al corrimano della scala e a fatica iniziamo a salire. Mi voltai una sola volta a guardarlo dritto in faccia, il tempo necessario a leggere nel suo viso che il pomeriggio era finito e i ruoli si sarebbero ristabiliti:
lui il mio incubo, io la sua preda.

Be like Snow: beautiful but cold.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora