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*Akiha*

La punizione si rivelò fin troppo stancante. Ci rinchiusero in varie classi dopo la fine delle lezioni, e ci fecero pulire qualsiasi piccola cosa costituisse quei locali enormi, ricolmi di banchi e sedie, lavagne e finestre. Fortunatamente il professore mi aveva lasciata a pulire in compagnia dei due ragazzi nuovi, gli amici di quel Sunwoo che avevano lasciato andare a casa. 

Avevo scoperto che l'altro aveva ricevuto, nonostante tutto, la stessa punizione di Jeno, con l'unica differenza che non gli diedero ulteriori compiti per la giornata, visto il suo stato di salute basso. Non avevo proferito parola con nessuno dei due ragazzi, non ne conoscevo il nome e anche se avessi voluto iniziare una conversazione, per intrattenermi in quel pomeriggio sfiancante, il segretario del preside non smetteva di tenerci puntati gli occhi di dosso. 

Mi accovacciai sporgendomi verso il secchio che contenga l'acqua pulita e immersi nuovamente lo straccio strizzandolo poco dopo. Non ebbi nemmeno il tempo di alzarmi e rimettermi in piedi, che una presa gentile mi trattenne il polso. Alzai gli occhi e notai uno dei due ragazzi, il più alto, con esattezza. Sollevai le sopracciglia sorpresa, mimando con le labbra un «Cosa fai?» lui si portò un indice sulle labbra e poi voltò il viso verso quelle che riconobbi come le gambe del professore. Lo intravedemmo solo da sotto ai banchi, notando i suoi movimenti nervosi andare avanti e indietro per tutto il piccolo corridoio. Riportai lo sguardo su di lui e lo guardai più confusa di prima. 

«Lo vedi? Sembra nervoso» annuii distrattamente, costringendolo ad andare avanti con il discorso.  «Credo debba andare in bagno, stringe le gambe quando riesce. Ma non può farlo o ci perderà di vista» Non dissi nulla, e lo lasciai continuare. 

«Tra poco saranno le sei del pomeriggio, e credo sia anche troppo tempo che noi siamo chiusi qui dentro. Se chiedessimo di andarcene prima ci darebbe di certo più lavoro da fare...» negai con la testa. No, avevo capito, e non se ne parlava proprio. «Domani verremmo fatti a pezzi se ce ne andassimo adesso, senza permesso, per giunta!» sussurrai provando a rialzarmi, trovando quel pensiero folle. 

Lui mi riprese il polso e mi ritirò giù, «Andiamo, non hai fatto nulla, proprio come io e il mio amico non abbiamo fatto nulla! È ingiusto costringerci qui dentro» assottigliai gli occhi. «Solo Lee dovrebbe rimanere qui dentro, ha ridotto male il mio migliore amico, senza un motivo, è stato un irresponsabile e uno stronzo» mi scansai da quella presa e mi rialzai decisa a non commentare quelle parole. 

«Akiha!» mi richiamò in un sussurro facendomi stringere la presa sul panno. «Non ha fatto di certo tutto da solo» lo ammonii allontanandomi da lui. Certo aveva ridotto molto peggio l'altro, per cause a me ancora sconosciute, ma in fondo non lo credevo totalmente fuori di testa da iniziare una rissa senza un apparente motivo. 

L'altro doveva averlo istigato, e Jeno aveva reagito con l'unica arma che possedeva. «Credi che non abbia fatto tutto da solo?» mi voltai verso il ragazzo che aveva continuato a parlare. 

«Quel ragazzo è un completo pazzo! È uno squilibrato, e non dovresti difenderlo, non lo conosci nemmeno» gettai la spugna per terra e feci spalancare i suoi occhi. «Smettila, qui quello che non lo conosce sei tu, lui è il mio migliore amico! E anche se ha esagerato, tu non hai alcun diritto di offenderlo!» alzai la voce incurante di quello in cui mi stavo andando a cacciare. L'altro ragazzo allora si affiancò all'amico, confuso e preoccupato che il professore potesse averci sentito. 

Ci voltammo tutti nella direzione dell'adulto, scoprendolo parlare al telefono. Non si era accorto di nulla. Così, il più basso destabilizzato dal nostro dibattito chiese in un sussurro cosa stesse succedendo. «Niente» sibilammo all'unisono, prima di scambiarci un'altra occhiataccia e allontanarci l'uno dall'altra riprendendo a svolgere il nostro lavoro. 

𝐃𝐈𝐕𝐄 𝐈𝐍𝐓𝐎 𝐘𝐎𝐔Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora