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*Jeno*

Ero rimasto chiuso nella stanza di Akiha per tutto il giorno. Non avevo pranzato, e non avevo la minima intenzione di cenare. Sapevo di essere rimasto da solo in casa, il signor Kim non era ancora rientrato dal suo lavoro, mentre la signora Kim aveva quasi costretto mia madre e quella ragazza a fare una lunga, lunghissima passeggiata, per respirare aria pulita. 

Akiha, invece, non era ancora rientrata, lo avrebbe fatto a breve, e rimasi con il turbamento di rivederla dopo quello che era successo tra noi. Avremmo parlato, di sicuro avremmo chiarito, e tutto sarebbe tornato alla normalità: a noi due che adesso eravamo pronti per stare l'uno al fianco dell'altra come un tempo. Eppure, quando sussurrai «Amica, migliore amica» qualcosa mi suggerì che non suonava poi così bene, ma scossi la testa evitando di pensare ad altro, e mi accontentai. Avevo aspettato così tanto per riappacificarmi realmente con lei, e ora non potevo tirarmi indietro cercando di evitare un confronto con lei. 

Alzai il ginocchio, sentendo il materasso morbido sotto alla mia pianta del piede. Happy scodinzolo al bordo del letto con la lingua di fuori e con gli occhi aperti e vigile. «Vuoi uscire?» gli chiesi come se potesse rispondermi realmente. Lui in tutta risposta, però, mi stupì alzandosi e saltellando in giro per la stanza. Allora aveva capito realmente. Mi alzai e mi guardai intorno per cercare qualcosa da mettermi sopra la felpa stretta del signor Kim, così da coprirmi un minimo. Avrei piacevolmente evitato il prendermi un raffreddore da cui sapevo, ci avrei messo fin troppo per guarire. 

Alzai una mano sulla testa e mi massaggiai i capelli, cercando dappertutto in quella stanza qualcosa a portata di mano da infilare. Sentii un brivido di freddo alle caviglie scoperte a causa della poca lunghezza dei pantaloni morbidi del pigiama che avevo ricevuto sempre in prestito. Così passai un piede nudo sull'altro, cercando di riscaldarmi. Happy abbagliò e io finalmente puntai gli occhi sull'armadio lasciato aperto. Mi avvicinai e prima di posare le mani su un paio di calzini pelosi e di un rosa pallido, guardai ancora il cane fissarmi con un'orecchio alzato e la testa inclinata di lato. «Ho freddo» mi giustificai e li rubai. Mi sedetti sul bordo del letto e li srotolai e ai miei occhi apparvero minuscoli. Che numero portava? Incurvai la fronte e mi morsi il labbro inferiore pieno di croste. Riuscii a non spezzarlo e non sentii quel sapore metallico, ferroso, del sangue. Posai gli occhi su Happy e lui scodinzolava in attesa che mi alzassi e lo portassi fuori come avevo proposto. 

Di certo quei calzini non mi sarebbero nemmeno entrati, così decisi che avrei rischiato pur di intrufolarmi nella stanza dei genitori della mia amica per rubare dei calzini che almeno mi avrebbero coperto la pelle scoperta. 

Li lasciai sul letto e mi rialzai sentendo il parquet sotto di me farsi più freddo. Dio, funzionavano i riscaldamenti in questa casa?

Feci vagare le dita sulle varie grucce e fortunatamente scovai un giubbotto imbottito lungo e completamente nero. Attorcigliato al gancio di ferro trovai uno sciarpone grigio e un cappello con un pon-pon del medesimo colore. Lo estrassi dall'armadio ma feci cadere una gruccia accanto. 

Posai quello che avevo trovato sul materasso e mi accovacciai per raccogliere quello che avevo fatto cadere. Era un vestito, nero anch'esso, e solo quando me lo rigirai tra le mani e mi rialzai potei notare quanto fosse elegante e affascinante. Le balze di tulle semi trasparenti avrebbero reso le sue gambe nude poco visibili al buio e avrebbero acceso il desiderio di ogni ragazzo alla luce. Sfiorai lo scollo a cuore e le spalline a sbuffo. «Non va affatto bene» sussurrai sentendomi in preda a una sensazione nuova, quando immaginai quanto mi sarebbe piaciuto che lei indossasse quel vestito per me

Corrugai il mento e decisi di posarlo. Chiusi l'anta dell'armadio che avevo trovato aperta, e mi concentrai nell'indossare il giubbotto, la sciarpa e il cappello. Aprii la porta della camera pronto a scendere le scale e mi ritrovai davanti tre persone. Aeri si catapultò su di me affondando la testa nell'incavo del mio collo coperto dalla sciarpa. Rimasi pietrificato, e quando notai alle sue spalle Mark e Jaemin guardarmi con occhi ricolmi di preoccupazione, non potei fare a meno che chiedermi come fossero arrivati fin lì. E soprattutto, dove fosse lei? Perché non era con loro?

𝐃𝐈𝐕𝐄 𝐈𝐍𝐓𝐎 𝐘𝐎𝐔Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora