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*Jeno*

Non chiusi occhio, le immagini del viso e del corpo di Akiha si ripeterono all'infinito, come un dannato loop. Mia madre si era addormentata rannicchiata al cuscino e rivolta verso di me, mentre io tenevo un braccio sotto la sua testa e l'altro sotto la mia testa, come a farmi da rialzo. Fissai il soffitto, con mille pensieri in testa. Erano passate si e no tre ore da quando era successo quello che era stata la doccia. Mi leccai le labbra sentendo ancora il suo sapore su di me, e non potei far a meno di sospirare frustrato. Poi mi tornò alla mente il suo corpo snello e così piccolo plasmato al mio, completamente nuda e sensibile al mio tocco. 

Le avevo sfiorato la pelle dappertutto, e la reazione del suo corpo non mi fu indifferente; i suoi seni piccoli e tondi che avrei voluto stringere tra le mani, i capezzoli che le erano diventati turgidi e che quando i nostri petti si erano schiantati l'uno sull'altro, mi avevano puntellato il torace pieno e tonico. La sua nudità completamente a contatto con il mio ventre, e che se non mi fossi controllato avrei fatto un terribile errore, non facendola uscire da quello spazio ristretto tutta intera. La foga con cui avevo affondato la lingua nella sua bocca, e la delicatezza che lei ebbe nel baciarmi con attenzione, potevo compararla alla foga che ebbi di affondare le mie dita lunghe nella sua carne. 

Al solo pensiero dei suoi capelli stretti nel mio pugno mentre la spingevo contro la parete con forza, e lei che si lasciava andare come se non avesse alcuna forza nel respingermi, l'erezione che a stento ero riuscito a far passare, stava per tornare, forse con effetti più dolorosi e piacevoli della prima. Scossi la testa e decisi di chiudere gli occhi, imponendomi di dormire per un po', dovevo rilassarmi e non pensare a lei. Eravamo appena riusciti a rappacificarci come migliori amici e adesso l'avevo quasi fatta mia in doccia. Era sbagliato, completamente sbagliato, e mi convinsi che non sarebbe più successo un errore tale. Mi pentii di averle rubato quel momento, il suo primo bacio. Ne ebbi la conferma quando si era mossa impacciata su di me, non certa di cosa fare. Le avevo rubato un attimo così importante, e al solo pensiero mi sentii una persona terribile.

Ero appena riuscito a riaverla tra le mie braccia e non l'avrei persa di nuovo per uno stupido, stupidissimo sbaglio. D'altronde Aeri era pur sempre la mia ragazza e la cugina di Akiha, ed ero più che consapevole che le due –o almeno la mia ragazza–  non consideravano l'altra più allo stesso modo. Si erano allontanate, e lo notai anche nel momento in cui scherzai sulla possibile relazione della castana nella camera affianco, quando Aeri si era persino eccitata all'idea che alla cugina potessero piacere le ragazze. 

Forse avevano ragione Mark e Jaemin, forse era gelosa della cugina, e del nostro rapporto che prima era solo una copertura. Nessuno sapeva la verità, solo noi due. 

Sospirai profondamente poi voltandomi verso mia madre, che dormiva con la fronte crucciata e le labbra incurvate. Distesi il braccio che avevo sotto la testa e lo portai sulla sua fronte, scoprendole il taglio che era stato medicato dalla signora Kim, e il livido che si era attenuato, dopo l'applicazione della stessa pomata che il padre di Akiha mi aveva aiutato ad applicare. Lei era sparita al piano di sotto, e aveva mandato suo padre a medicarmi. 

«Ti ha aiutato a fare la doccia?» aveva chiesto socchiudendo la porta della camera della figlia, sul cui letto io ero seduto, tenendo la maglietta bianca dello stesso uomo che mi stava analizzando attentamente, di fronte a me. I suoi occhi scuri mi avevano scrutato fin dentro l'anima per scorgere qualsiasi dettaglio. 

«Mi ha aiutato a lavare...i capelli» avevo sussurrato io gemendo dal dolore quando aveva iniziato a medicare il mio addome violaceo. «Siete ritornati amici come prima?» aveva chiesto ancora, cercando di essere più delicato. Akiha non glielo aveva detto?

«Abbiamo chiarito. Sua figlia...mi è mancata molto» lui aveva annuito per poi continuare in silenzio il suo lavoro. «Mi dispiace per quello che è successo con tuo padre, Jeno» aveva chiuso il tubetto di crema e mi aveva poggiato una mano sulla spalla, guardandomi con occhi ricolmi di dispiacere. Avevo abbassato la testa annuendo, ma non avevo proferito parola. 

𝐃𝐈𝐕𝐄 𝐈𝐍𝐓𝐎 𝐘𝐎𝐔Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora